Avvenire, 5 maggio 2023
Biografia di Cathy Berberian
Nella Milano degli anni settanta dello scorso secolo agivano grandi personaggi femminili che non era poi così difficile conoscere. I miei ricordi sono legati soprattutto a un’amica coraggiosa come Camilla Cederna e al suo “giro”, che comprendeva Silvana Ottieri come Grazia Cherchi e quel Testori cui fu legata sin dall’infanzia dall’amicizia tra le loro due madri. E, giù a Roma, Federico Fellini. Ma mi piace ricordare di aver incrociato, in Galleria o a Brera o in qualche libreria come la Milano Libri di lato alla Scala, la grande Callas sublime interprete dei classici e già “classica” lei stessa, e la modernissima Cathy Berberian, venuta in Italia dal Massachusetts per studiare a Milano al Conservatorio, e che all’epoca era la moglie di Luciano Berio. Ovviamente anche Berio, come Maderna e Nono e Bussotti, la volle interprete della sua musica “d’avanguardia”. Passando dal classico al moderno al popolare, la dotatissima Cathy Berberian fu una mezzosoprano che diventò famosa come la più spericolata e formidabile delle cantanti “serie”, passando dal vecchio al nuovo con grande libertà e rielaborando spregiudicatamente anche canzonette (il repertorio dei Beatles, liberamente riproposto, diventò il suo più noto campo d’azione! e si dice che i Beatles, che avevano un ammirevole senso dello humour, ne fossero lusingati e ammirati... ) e contemporaneamente dedicandosi perfino a tradurre in lingua italiana due suo buoni conoscenti, il geniale fumettista Jules Feiffer o il comico-registascrittore Woody Allen che fu a lungo oggetto di un’ammirazione anche maggiore di quanto non meritasse. Nel repertorio della Berberian ci furono, oltre ai musicisti italiani che ho ricordato, Igor Stravinskij e Kurt Weill, John Cage, Petrassi e Dallapiccola... Ma anche Monteverdi e altri “classici”, in “letture” spesso originali e spregiudicate, ma pur sempre rispettose, da interprete sapiente che voleva forse essere qualcosa di più che un’interprete... Era anche una buona attrice, la Berberian, e ogni suo recital era un vero godimento per il modo in cui presentava e commentava il suo repertorio, per come sapeva dialogare allegramente con qualcuno del pubblico, per come anche divagava e ironizzava. Ricordo in particolare come “leggeva” e “cantava” il linguaggio dei fumetti, quei segni/suoni onomatopeici che nel fumetto commentano le azioni