Corriere della Sera, 4 maggio 2023
Obama a Berlino
Berlino «It’s good to be back». Ha voluto chiudere a Berlino, la città che nell’agosto di quindici anni fa lo consacrò nuova stella della politica mondiale. E il tempo sembra essersi fermato a quel pomeriggio d’estate, quando incantò 200 mila persone venute da tutta l’Europa ad ascoltare il giovane senatore dell’Illinois, ormai grande favorito nella corsa alla Casa Bianca. Ha i capelli bianchi, adesso, Barack Obama. Il suo volto è più rarefatto, la celebre voce baritonale ha perso qualche decibel. Non parla più a raffica, le sue frasi sono più lunghe e pensate, intervallate da pause sapienti. Usa meno anafore e trimembre. Ma la magia ipnotizzante del suo eloquio è intatta. La capacità di connettersi con il pubblico e sedurlo, identica ad allora.
Parla di sé, della sua famiglia, del clima, delle sue preoccupazioni per il futuro del mondo, segnato «da uno scontro titanico tra le forze della democrazia liberale e quelle dell’autoritarismo violento e repressivo». Sono venuti in 10 mila alla Mercedes Benz Arena, pagando prezzi salati per ascoltarlo: i biglietti meno cari costano 80 euro, quelli Vip (con diritto a un selfie) arrivano a 3 mila. Ma l’onorario dell’ex presidente va interamente alla Obama Foundation, che ogni anno spende centinaia di milioni di dollari finanziando l’istruzione e la formazione di bambini e giovani in tutto il mondo, perché siano i dirigenti del domani: «Hanno i valori che ci salveranno, ma le istituzioni che dovrebbero occuparsene li considerano un peso».
È subito chiaro di cosa Obama non voglia parlare in questa serata berlinese, di fronte a una platea che lo ha accolto con una standing ovation: dell’imminente campagna elettorale americana, che vedrà di nuovo l’un contro l’altro il suo disastroso successore e il suo vice, ora presidente. Ma anche dell’Ucraina parla solo di sfuggita:«La guerra oltraggiosa e criminale scatenata da Putin». In realtà, in privato ne ha parlato eccome. E non solo nella cena di mercoledì sera al ristorante italiano Ponte con Angela Merkel, «una vecchia amica», la statista con cui ha legato di più nei suoi otto anni alla Casa Bianca. Ma soprattutto, lo ha fatto nella colazione di lavoro alla cancelleria con Olaf Scholz: «Sono passato a salutarlo», scherza. C’è insomma anche una forte dimensione politica nella tappa tedesca di questo tour da pop star, dopo Zurigo e Amsterdam.
«La cosa di cui vado più orgoglioso da presidente è aver dato l’assistenza sanitaria a più di 40 milioni di americani», dice. E rivela che la sera in cui l’Obama Care venne approvata, era un martedì, violò la regola che si era imposto di non bere alcol durante la settimana: «Mi feci un paio di vodka martini». Quel momento, ammette, «resta per me più importante dell’elezione».
Il ricordo peggiore della sua presidenza è il massacro di Sandy Hook, nel 2012, quando 20 bambini vennero massacrati in una scuola. Obama ammette di aver fallito nel non essere riuscito a far approvare una legge restrittiva sulle armi.
L’ex presidente considera «una delle più grandi minacce alla democrazia l’emergere di una infrastruttura mediale che alimenta il risentimento e la rabbia delle persone, la combinazione di Fox News o del loro equivalente e social media ha creato quasi una realtà diversa. Oggi non siamo d’accordo neanche sui fatti basilari». E non è molto ottimista neanche sull’intelligenza artificiale, che «è solo all’inizio e sarà molto distruttiva»: interi settori di lavoro spariranno, ci saranno problemi di sicurezza nazionale e soprattutto disinformazione, chi distinguerà tra me e un mio avatar creato dall’A.I. Ma il suo non è un rifiuto: «Occorrono regole, standard, verifiche tecnologiche, bisogna investire in nuove forme di giornalismo e occorre attrezzare le nuove generazioni per questa nuova realtà».
C’è anche il tempo per un ricordo. «Non ero neppure senatore alla Convention democratica del 2004: fu un buon discorso. Quando mi rivedo, ero così giovane. Ma ci pensò Michelle a riportarmi con i piedi per terra: “Don’t screw it up!”, mi disse. Il giorno dopo la mia vita era cambiata, ma ho imparato che uno dei segreti della leadership è che non devi prenderti troppo sul serio. Se stai troppo al potere perdi il senso della realtà, nessuno ti dice le cose come stanno, ed è questo lo svantaggio delle autocrazie rispetto alle democrazie».