la Repubblica, 4 maggio 2023
Biografia di Donatella Rettore
La Magnifica Rettore (Donatella) ora è anche dottore, grazie alla laurea in Management delle risorse artistiche assegnatole dallo Iulm giorni fa: «Non l’avevo mai presa, era stato un cruccio dei miei genitori».
Che per lei hanno contato molto.
«Mamma Teresita aveva un carattere forte, era una bellezza tra Alida Valli e Bette Davis, era stata attrice con Cesco Baseggio. Però disapprovava che io facessi la cantante pop, lei sperava fossi alla Milva. Papà Sergio, genuino, libertario, ha avuto una storia incredibile in guerra».
Cosa gli accadde?
«In Jugoslavia fu catturato dai tedeschi e spedito in campo di prigionia. Alla liberazione tornò in Italia a piedi, e si ritrovò a passare per Mauthausen, scoprendo di colpo l’orrore dei lager. Riapparve in paese dopo mesi e non fu riconosciuto: era uno e 80 e pesava 30 chili. I partigiani gli diedero un elenco di ex fascisti su cui potersi vendicare. Lui rispose che voleva solo vivere e lasciar vivere. Ma sa, la nostra famiglia è stata segnata dalla morte. Io, ultima di quattro figli, sono l’unica sopravvissuta al parto».
Se la sente di raccontare?
«Svariati anni prima di me, nacquero Maria Fausta, Francesco e Cristiano.
Due morirono subito, Cristiano visse un giorno, che gli bastò per ricevere il battesimo e quindi avere una tomba.
È l’unico cui posso portare i fiori. Gli altri corpicini sono stati distrutti. I miei erano rassegnati, poi papà andò da mamma che faceva le terme a Chianciano e lì fui concepita».
Che contrasto con la cantante spigliata, allegra e anticonformista che abbiamo imparato a conoscere.
«Penso di aver assorbito anche la voglia di vivere dei tre. Da piccola ero ipercinetica, casinista. Quando uscivamo i miei mi portavano al guinzaglio. Mi presero anche una istitutrice, che riuscii a corrompere.
Mi spedirono in collegio dalle suore, un inferno: una mi prese così male che ancora negli anni Ottanta, quando ero famosa, mi spediva lettere di invettive. Ma riuscii a tuffarmi nella musica già in quinta elementare: misi su una band, Telly e i Cobra, di cover del beat italiano».
Tra le sue prime conoscenze, Lucio Dalla.
«Bravissimo, e con un grande insegnamento: le canzoni semplici non vanno disprezzate perché sanno arrivare a tutti. Ma faceva davvero impressione per quant’era peloso e un giorno glielo dissi: “Sotto le ascelle hai un toupet”. Mi regalò un bastone da pastore. Si ruppe d’improvviso un mese prima della sua morte».
Poi il successo, prima in Germania che in Italia.
«Immagino apprezzassero grinta, spontaneità e forme generose. Un giorno in una trasmissione scivolai, ma continuai a esibirmi. Un giornale titolò: “Rettore come l’Italia: cade ma non smette di cantare”. Mi proposeroanche il passaporto per mandarmi all’Eurovision. Ma io volevo sfondare in Italia, per provare a cambiarla».
In cosa?
«Ero ingessata, retrograda, divisa in conventicole, un Paese dove le donne non venivano considerate. Ma tuttora io sono sempre e solo una cantante, non anche un’autrice di testi, tantomeno una cantautrice. Aver giocato con la mia immagine e la musica ha impedito a molti di capireil senso delle cose che dicevo. A inizio carriera mi chiamavano De Gregori in gonnella: mi infuriavo non certo per Francesco, ma per la gonnella».
Lei sparigliò i giochi con “Splendido splendente”.
«L’idea mi venne leggendo che anche Marilyn Monroe si era fatta rifare il mento. E infatti è una presa in giro della mania dei ritocchini. Io non ne ho mai fatti. Ero stata tentata, proprio al mento, ma non sarei più stata io.
Ma parlavo anche di identità non binaria, “uomo o donna senza età, senza sesso crescerà”. Già allora ero a favore di tutti gli interventi per modificare l’immagine che si ha di sé, non per compiacere gli altri. Ed ero a favore delle battaglie per i diritti sociali, da Donatella ero già passata a Rettore, ero androgina».
E a proposito di sesso, parlava del Kobra che non è un serpente ma un pensiero indecente.
«Non è nemmeno un doppio senso: il senso è unico e chiarissimo. Siamo sempre allo svegliare il Paese. E lo svegliai, con l’idea che fosse una donna a pensare al sesso, e in quel modo. Esposti giudiziari, lamentele di genitori, il sequestro del disco, e infine la censura. Assurda: tagliò solo le parole “quando amo”. Insomma, sesso e amore come cose diverse».
Una carriera arrivataa Elton John.
«Nel disco Estasi clamorosa, quello di Diva e Donatella, c’era Remember, scritta da lui. Volai a Londra per un mese, ci restai quattro anni. Ogni mattina dal panettiere incrociavo David Bowie, elegante come un lord, che si levava il cappello, ovviamente non sapendo chi fossi. Il fascino di Elton non era il fisico, ma la voce sublime e l’incanto al pianoforte. Mi feci amica sua madre Sheila, eccentrica al punto di rubarmi una pelliccia fucsia e uscirci per strada coi sandali».
Ma in Italia faceva scandalo lei, istigando al suicidio.
«Certo: cantavo “dammi una lametta che mi taglio le vene”. A parte che raccontavo, che non è istigare, sfuggivano il nonsense, il gioco di assonanze, il voler ironizzare sulla mania dell’horror, e anche il fatto che la morte fa parte della vita. Se lo capissimo vivremmo assai meglio».
E lei come vive? Ha rimpianti.
«Vivo di magnifici ricordi e di un presente pieno. Unica cosa che cambierei: accetterei il ruolo che è stato di Giuliana De Sio in Io, Chiara e lo scuro. Ma era un periodo troppo pieno».