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 2023  maggio 04 Giovedì calendario

I problemi della traduzione automatica

«Papà, perché mi hai fatto nascere a Polpetta?», si lamenta al telefono mio figlio Gualtiero. Ho vissuto per qualche anno come corrispondente a Amburgo, da dove vengono gli hamburger, avevo il mio ufficio presso la casa editrice Saltatore (Springer), ai tempi del cancelliere Gugliemino Incendio (Willy Brandt). Poi, ho traslocato nel Castello di Carlotta, il quartiere di Charlottenburg a Berlino, ho assistito alla caduta del Muro ai tempi di Helmut Cavolo (Kohl). Mi piacciono i romanzi di Arturo Cotoletta (Schnitzler), ho intervistato il leader dei verdi Pino Pescatore (Joschka Fischer), e mi auguro che la Ferrari torni a vincere come ai tempi in cui al volante sedeva Michelino Calzolaio (Michael Schumacher).










Non voglio mentire, non è vero che mio figlio si sia lamentato. Gli amici berlinesi sono gentili, non mi rinfacciano il comico messaggio pubblicitario della ministra al turismo, Santanchè, in cui si traducono in tedesco i nomi delle città italiane (Prato diventa Rasen). Si saranno affidati al traduttore automatico? Anch’io devo stare attento al mio computer bilingue, passa dall’italiano al tedesco a suo capriccio, spesso mi cambia le parole.


Si spendono 9 milioni di euro per fare pubblicità alla Bella Italia, che in tedesco sarebbe neutro (das Italien), e si risparmia sulla traduzione. Non si riesce a capire che per quanto bravi é quasi impossibile tradurre in una lingua che non sia la propria. Conosco due sole eccezioni, il russo Nabokov e il polacco nato in ucraina Conrad, che scrivevano in inglese. Ma neanche loro erano perfetti.




Un peccato bipartisan. Anche con ministro Dario Franceschini, ai tempi dell’Expo di Mailand (Milano), venne lanciata l’operazione Very Bello. Non c’erano errori in tedesco, semplicemente se la dimenticarono, benché i turisti dalla Germania siano sempre i più numerosi. Ma quella in inglese era zeppa di strafalcioni. I tedeschi risero ugualmente perché Bello per loro è il nome di un cane.


Suppongo che il difetto di tradurre nomi propri e di città sia un’eredità dell’éra fascista. Da ragazzo leggevo i romanzi tedeschi che trovavo nella biblioteca di casa. Non capivo perché i berlinesi ogni giorno andassero allo Zoo, come venivatradotto Tiergarten, il parco nel centro della metropoli dove si trova anche la nostra ambasciata, costruita da un allievo dell’architetto Alberto Lancia (Albert Speer). Il Tiergarten, il giardino degli animali, era la riserva di caccia dei re di Prussia, ma i traduttori d?anteguerra avevano pochi mezzi per viaggiare. Non capivo cosa fosse il mazzapicchio, lo sport che piaceva agli americani (baseball), che nei romanzi di Steinbeck e Faulkner indossavano la sottocamicia, undershirt, la canottiera. Errore che ho trovato ancora oggi in un romanzo appena uscito ambientato nel 1830, dove il protagonista va in automobile, evidentemente una carrozza.


Sul traduttore risparmiano anche gli editori, lo pagano poco e lavora in fretta. A volte, per miracoli editoriali, si aggiornano le traduzioni, «La montagna incantata», Zauberberg, di Thomas Mann, è stata ritradotta con il titolo più corretto «Montagna incantata». Ho comprato il romanzo per la terza volta, anzi la quarta contando l’originale in tedesco. In Germania hanno da poco ritradotto Il Gattopardo, lasciando il titolo originale, reso dapprima con Der Leopard, felino che non rende lo spirito di Tomasi di Lampedusa.


Quando per alcuni anni ho diretto una casa editrice, litigai con l’amministratore, perché decisi di pagare con la stessa tariffa le traduzioni da ogni lingua. Non esistono lingue facili, come si crede, e un traduttore deve scrivere bene nella propria. Più si conosce una lingua e più difficile diventatradurla, perché si perde tempo per trovare le sfumature esatte di ogni parola, anche di quelle che sembrano facili. Ed ebbi uno scontro con una bravissima traduttrice dal francese, lingua piena di trabocchetti, che cambiava i nomi propri in italiano, anche Champs-Elysées in Campi Elisi. Ma aveva una certa età. Lei non accettò la mia critica, tutto andava reso in italiano, Io le obiettai: perché ha lasciato Josephine in francese? Perché Giuseppina non è romantico, si arrese la signora.