Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  maggio 03 Mercoledì calendario

Pillola anticoncezionale, storia di un fallimento

Da giorni non si fa che parlare di pillola contraccettiva. Un riassunto delle puntate precedenti: il 22 aprile l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha approvato la decisione di renderla gratuita, come in effetti la legge 405 del 1975 prevede (totalizzando quasi cinquant’anni di normativa disattesa). La decisione è però stata resa nulla dal Consiglio d’amministrazione di Aifa, egemonizzato dalla destra, che ha rimandato il provvedimento. Insomma, un nulla di fatto. In qualche Regione la pillola è rimborsabile, ma ci sono varie restrizioni, tra cui una bizzarra: se la donna ha già abortito. Come se la pillola ce la dovessimo meritare. Come se fosse un’extrema ratio, e pure un po’ giudicante. La scrittrice Lidia Ravera, paragonando il periodo in cui è cresciuta a oggi, ci ricordava proprio in queste settimane i passi avanti fatti grazie al femminismo, il fatto che chi prima prendeva la pillola era considerata una poco di buono. Non c’è dubbio che sia stata quindi, gratuita o meno, una conquista.
Ma quante donne usano, effettivamente, la pillola anticoncezionale in Italia?
Apparentemente l’ultimo studio è del 2014, i dati vengono dalla Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia): le donne che prendevano la pillola nel 2014 erano solo il 16,2%. La media europea andava, quell’anno, dal 30% al 50%. L’Italia come l’Iraq, titolavano i giornali 9 anni fa, salutando la notizia col giusto allarmismo, soprattutto se collegata al dato Istat per cui una persona su 4 usa il coito interrotto come metodo contraccettivo, quale chiaramente non è.
Se le italiane usavano così poco la pillola nel 2014 – arriveremo a confrontare la situazione dieci anni dopo – era forse perché i rapporti sono diventati meno stabili, e quindi gli uomini etero si sono responsabilizzati usando il preservativo? Assolutamente no. Lo studio realizzato dall’Osservatorio giovani e sessualità della Durex (fine 2021) affermava che, su oltre 15mila giovani, meno della metà lo usa. Ma non c’è bisogno di dati, quasi ognuna di noi ricorderà scuse come “mi sta stretto”, “mi dà fastidio”, “con la mia ex non lo dovevo usare”, e poi la regina delle giustificazioni: “senza ti sento di più”. Un lavarsene le mani che rimpalla la responsabilità a chi non può non prendersela, più che altro per non dover gestire il fastidio di una gravidanza indesiderata. Fregandosene delle malattie, perché è vero che esiste il preservativo femminile, ma è anche vero che in assenza di educazione sessuale nelle scuole (in Svezia esiste dal 1955, in Austria dal 1970, in Germania dal 1995, in Francia dal 2001, in UK dal 2017, da noi non c’è) molti giovani non sanno né che esiste né come si usa; inoltre, ci dice un’operatrice del consultorio di via Monza, a Roma: “Il preservativo femminile si rompe più facilmente di quello classico, maschile”.
LEGGI – Pillola gratis, Aifa ora frena: le mani del governo sull’Agenzia del farmaco
Quelli del 2014 non sono i dati più aggiornati che abbiamo per rispondere alla domanda: le italiane usano la pillola anticoncezionale o no? C’è anche il rapporto su spesa e consumo dell’Aifa del 2021; non parla di “quante donne” ma certamente risponde alla domanda “quanti soldi spendono” e “più o meno donne rispetto al 2014?”. Tra il 2014 e il 2021 il consumo di tutti i farmaci contraccettivi (non vengono considerati i preservativi tra i farmaci) è aumentato del 6%. Effettivamente le donne in Italia usano un po’ di più la pillola. Ma il dato veramente interessante è proprio relativo ai costi. Infatti, il prezzo del prodotto nello stesso lasso di tempo è aumentato dell’11%.
La voce immediatamente successiva nello studio di Aifa parla di farmaci per la disfunzione erettile: anche il loro consumo è aumentato (con una variazione media annuale del +10,3%), ma soprattutto il prezzo è diminuito ampiamente. Se per la pillola anticoncezionale che – lo ricordiamo, secondo la legge 405/1975 dovrebbe essere gratuita – i prezzi sono in continuo aumento, per i farmaci per la disfunzione erettile i prezzi diminuiscono, e non di poco; il costo medio per giornata di terapia si è ridotto del 36%.
La pillola aumenta di prezzo mentre il Viagra diminuisce? A quanto pare sì.
C’è un ultimo interrogativo. Perché le donne Millennial e Gen Z sono per la parità contraccettiva. E non si può dimenticare che il tasso di dismissione della pillola contraccettiva è alto. In percentuale, quante la prendono e poi smettono di assumerla, e perché?
Per rispondere abbiamo lanciato un sondaggio online e l’abbiamo fatto girare ottenendo la solidarietà virtuale di militanti e attiviste transfemministe con un gran seguito sui social (nello specifico il ringraziamento va a Stefania Lancia in arte Sted, Federica di Martino della pagina IVG ho abortito e sto benissimo, Carlotta Vagnoli, Benedetta Lo Zito, Federica Fabrizio detta Federippi, Marianna Kalonda Okassaka detta Marianna the Influenza e Luce Scheggi). La domanda fatta circolare chiedeva semplicemente “Usi la pillola anticoncezionale?”. Al sondaggio hanno partecipato 3653 donne: il 45% (1631 di loro) ha risposto di sì, il 24% (877 di loro) ha detto di no, il 31% (1145 di loro) ha risposto “l’ho usata in passato ma ho smesso”. Tra le donne che hanno detto sì, la maggioranza, ce ne sono molte che vi sono obbligate dall’endometriosi, e donne lesbiche che non la usano come contraccettivo ma per curare situazioni cliniche. La percentuale delle donne che hanno dato una chance alla pillola e poi l’hanno abbandonata è comunque più alta di quella di chi chance non gliel’ha data (31% contro 24%). I motivi di alcune delle partecipanti al nostro sondaggio: M. ha ravvisato “cambi d’umore intollerabili e calo della libido”; S. ha avuto “emicranie per settimane, valori del sangue sballati”; M.L. l’ha presa per 10 anni, poi l’ha dovuta interrompere dopo un’ecografia addominale (che invita le altre a fare per tempo) in cui ha scoperto “di avere il fegato ingrossato e dei noduli benigni”. Anche C. ha smesso con la pillola, e con la contraccezione ormonale tout court, perché “mi cambiava l’umore in peggio e tolto la libido (insieme alla lubrificazione)”. S. ha smesso per ritenzione idrica sulle cosce e mal di gambe, e anche in questo caso per perdita della libido. F. l’ha presa per un anno e le ha fatto venire coliche di bile; la correlazione tra la pillola e le coliche l’ha scoperta grazie alla ginecologa e a una risonanza che ha trovato la bile particolarmente densa. Ora ha cambiato contraccettivo ma non si è ancora liberata del problema. T. l’ha presa per due anni, poi ha smesso: “Non sarebbe male che si facessero passi avanti per responsabilizzare gli uomini, una volta tanto: non si parlava di pillolo?”.
Le ultime notizie su quello che viene ironicamente chiamato pillolo erano di febbraio, e buone: sulla rivista Nature Communication si parlava di una scoperta dei ricercatori del Weill Cornell Medicine; una pillola contraccettiva non ormonale che riusciva a inibire temporaneamente – per 30 minuti – gli spermatozoi. Una speranza? La ricerca ce la farà? Speriamo di sì. Visto come va con i farmaci per l’erezione, qualcosa ci fa pensare che almeno in quel caso una legge vecchia di 50 anni sulla gratuità dei contraccettivi verrebbe applicata.