la Repubblica, 3 maggio 2023
Schiaffo dalle Nazioni Unite all’Italia. Esclusa dal tavolo sull’Afghanistan
L’Onu discute il futuro dell’Afghanistan ma si dimentica dell’Italia, nonostante la nostra missione ventennale, 53 caduti, oltre 700 feriti, diversi milioni di euro spesi, e gli effetti che l’instabilità generale nella regione provoca ora sul flusso di migranti verso le nostre coste. È successo a Doha lunedì e ieri, dove il segretario generale António Guterres ha convocato una riunione dei Paesi interessati, per discutere un approccio comune da adottare verso Kabul.
L’Afghanistan sta nuovamente esplodendo. Secondo il Palazzo di Vetro il 97% della popolazione vive in povertà, 28 milioni di abitanti hanno bisogno di assistenza per sopravvivere e 6 rischiano la fame, ma dei 4,6 miliardi di dollari richiesti per gli aiuti sono arrivati solo 294 milioni. Le donne subiscono abusi più di prima, come dimostra la rara risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza per condannare la loro persecuzione, il narcotraffico è dilagante, e anche i terroristi di Isis e Al Qaeda stanno tornando, come denunciano i documenti dell’intelligence americana pubblicati nei giorni scorsi. In questo quadro di emergenza, Guterres ha convocato la riunione di Doha dove non era invitato il governo di Kabul, ma tutti i Paesi più interessati alla crisi, «per raggiungere un’intesa comune all’interno della comunità internazionale su come impegnarsi con i talebani su questi temi». Al tavolo c’erano Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Iran, Giappone, Kazakhstan, Kirghizistan, Norvegia, Pakistan, Qatar, Russia, Arabia Saudita, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Usa, Uzbekistan, Ue e Organizzazione della Cooperazione Islamica. Alla domanda di Repubblica sul motivo dell’esclusione dell’Italia, il portavoce Stephan Dujarric ha risposto così: «Nell’inviare gli inviti, dovevamo garantire un equilibrio regionale, compresi i donatori e le organizzazioni regionali, mantenendo la riunione a un numero gestibile. C’è stato anche un fattore di coinvolgimento politico recente in termini di facilitazione dei colloqui. L’Unione europea rappresenta tutti i 27 stati membri». Dunque Germania e Giappone sono state invitate perché donano molti soldi, la Norvegia perché ha avuto contatti con i talebani, ma i venti anni trascorsi ad Herat non sono valsi all’Italia un posto, magari anche considerando l’importanza che il governo di Roma attribuisce alla questione dei migranti. La nostra missione all’Onu ha capito subito la questione che stava nascendo e si è impegnata molto per risolverla, ma il problema a questo punto rischia di essere a monte, ossia il peso generale del nostro Paese. Ha ottenuto la garanzia che se ci saranno sviluppi operativi verremo coinvolti, ma è una magra consolazione, perché dà l’impressione che gli altri decidono e poi chiedono il nostro contributo per realizzare.
La riunione si è conclusa ieri con lo scarno risultato di convocarne un’altra nel prossimo futuro. I talebani l’hanno contestata, perché non erano invitati, ma anche tra i presenti le divergenze sono forti,all’interno dello stesso Palazzo di Vetro. La vicesegretaria generale Amina Mohammed è stata a Kabul e il 24 aprile aveva detto che l’incontro di Doha poteva «individuare quei piccoli passi per rimetterci sulla strada del riconoscimento». Ieri, alla fine dell’incontro, Guterres l’ha smentita, dicendo che non era sul tavolo: «Quando verrà il momento giusto per incontrare i talebani, ovviamente non rifiuterò questa possibilità, ma non è ora». Divisioni simili tra l’uso del bastone o della carota esistono anche fra i Paesi invitati, perché ad esempio Usa e Germania frenano su qualsiasi concessione, mentre alcuni Paesi musulmani sono più inclini ad usarle. Guterres ha annunciato che convocherà una seconda riunione, forse per creare tavoli di lavoro allo scopo di discutere gli specifici temi caldi e individuare una strategia comune per affrontarli con i talebani, perché prima o poi bisognerà ingaggiarli. La speranza è che la prossima volta l’Italia sia presente, per non essere ridotta a contare solo sul fallimento dell’iniziativa, come antidoto all’imbarazzo di essere stata esclusa.