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 2023  maggio 03 Mercoledì calendario

Intelligenza artificiale, il mondo è già cambiato

Tutti citano l’intelligenza artificiale, ma viene un sospetto: parlarne è un artificio (intelligente?) per esorcizzare una presenza che ci spaventa. Certo, basta un giro su Wikipedia per conoscere la definizione: «L’intelligenza artificiale (I.A.) è una disciplina che studia se e in che modo si possano realizzare sistemi in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano». Ma una definizione non basta.
Dove stiamo andando? Risposta: nessuno lo sa, qualcuno prova a immaginarlo, molti rinunciano a capire: troppo faticoso. Non sanno neppure che la I.A. è già ampiamente utilizzata, quotidianamente. I sistemi di riconoscimento facciale – sì, anche lo sblocco del telefono – sono basati sull’intelligenza artificiale. Così Netflix e Amazon, i cui suggerimenti sono dettati dai nostri comportamenti (scegliere o abbandonare una serie TV, ordinare un certo prodotto in una determinata fascia di prezzo). Ma c’è molto, molto di più.
Lunedì, gli scienziati della University of Texas, ad Austin, hanno pubblicato uno studio sulla rivista Nature Neuroscience dal titolo «Ricostruzione semantica di linguaggio continuo da registrazioni cerebrali non invasive». In sintesi, i ricercatori hanno dimostrato che la I.A. riesce a tradurre i pensieri privati degli esseri umani analizzando risonanze magnetiche funzionali (fMRI), che misurano l’afflusso di sangue in differenti regioni del cervello. Flusso sanguigno cerebrale e attivazione neuronale, infatti, sono accoppiati.
In altre parole: l’intelligenza artificiale è vicina a leggere il pensiero. Anzi, già lo fa, in maniera un po’ rozza. Per ora.
Come hanno operato gli scienziati di Austin? Hanno preso tre volontari e, per sedici ore, ne hanno registrato le reazioni cerebrali a una serie di stimoli narrativi. In questo modo, hanno potuto associare l’attività del cervello a sollecitazioni esterne (parole, frasi, podcast, video). Quando i volontari hanno assistito a film muti, il sistema – registrando l’ossigenazione del sangue in diverse parti del cervello – riusciva a decodificare i pensieri, rappresentando abbastanza fedelmente cosa accadeva sullo schermo. In sostanza: l’attività cerebrale è un segnale criptato, l’intelligenza artificiale aiuta a decifrarlo.
Notizie così, riportate con evidenza dal New York Times, riusciranno a convincerci che la nostra vita è cambiata? Oppure neanche questo sarà sufficiente?
La comprensione collettiva delle rivoluzioni tecnologiche e delle grandi invenzioni non è mai stata immediata. La storia è piena di esempi. Quanti maniscalchi hanno capito di dover cambiare mestiere, quando hanno sentito per la prima volta il rumore del trattore?
Per tutto il XIX secolo, il commercio del ghiaccio, raccolto nei grandi laghi del Nord, ha rappresentato una voce importante dell’economia degli Stati Uniti. Le esportazioni andavano dai Caraibi fino all’India. Quando, all’inizio del Novecento, è arrivata la produzione industriale del ghiaccio, i raccoglitori (ice cutters) non hanno capito e non si sono arresi: hanno cercato lame migliori, imballaggi più efficaci, consegne più veloci. Niente da fare, ovviamente: l’industria ha stravinto. Illusione breve: presto è arrivato il frigorifero domestico.
Trasformazioni simili hanno colpito la fotografia digitale, la riproduzione video e musicale, la trasmissione di documenti, la telefonia: pellicole, Vhs, Dvd, fax e segreterie telefoniche fanno parte del nostro passato. Ma non tutti hanno capito subito, in tanti si sono illusi (passioni, abitudini e interessi tolgono lucidità). Anche quando internet è diventato un vocabolo di uso comune, a metà degli anni Novanta, pochi hanno capito l’impatto che avrebbe avuto. Molti hanno scambiato una rivoluzione per una moda, a proprio rischio e pericolo.
Sta accadendo di nuovo con l’intelligenza artificiale? L’impressione è questa. E poiché si tratta di un fenomeno ancora più pervasivo, non capire per tempo è rischioso. Davvero, come i maniscalchi e i tagliatori di ghiaccio, mentre cambia tutto, vogliamo pensare che nulla cambierà?