la Repubblica, 1 maggio 2023
Il digiuno a ore. Intervista ad Antonella Viola
Il mio corpo che cambia non è solo una bella canzone dei Litfiba, ma una presa di coscienza che arriva per tutti. È capitato così anche all’immunologa Antonella Viola, che ha fatto ricorso alla scienza per riconoscere i primi segni dell’età e adottare la giusta filosofia e i rimedi più opportuni: quelli – dalla dieta, al sonno, all’attività fisica – che oggi, a 53 anni, consiglia nel nuovo saggio La via dell’equilibrio: scienza dell’invecchiamento e della longevità (Feltrinelli), già bestseller su Amazon.
Quando ha iniziato a pensare all’invecchiamento?
«Nel momento in cui ho capito che qualcosa stava cambiando è stato a 38 anni. Ho avuto i primi due figli a 30 e 32 anni, senza programmarli perché ero in due momenti molto impegnativi della mia vita lavorativa. A 38 anni ero in una posizione più solida e ho pensato fosse il momento giusto per il terzo figlio. Che però non è mai arrivato: io e mio marito abbiamo provato per un anno, ma senza successo. Evidentemente il mio tempo biologico per la riproduzione era passato. Sebbene io sembrassi e mi sentissi ancora molto giovane, in realtà il mio corpo stava cambiando. Poi ho visto altri segni: ad esempio negli ultimi anni la menopausa, o il vedere che il corpo non è più come prima perché si prende peso più facilmente e quindi bisogna muoversi di più».
Qual è lo scopo del libro?
«La nostra popolazione sta invecchiando, e un Paese che invecchia ha bisogno di più sanità e soprattutto di una sanità diversa rispetto a un Paese giovane. Ma le risorse non ci sono, così l’unica risposta è una longevità sostenibile. Viviamo sempre di più ma trascorriamo gli ultimi 20-30 anni in malattia, e questo è insostenibile sia dal punto di vista personale che collettivo. Perciò dobbiamo fare prevenzione sin da giovani e modificare il nostro stile di vita per trascorrere gli ultimi anni senza troppi problemi di salute. Il mio libro vuole aiutarci a farlo».
A proposito di salute: secondo lei siamo alla fine della pandemia?
«Sembrerebbe di sì, che stiamo andando verso l’endemizzazione. Ma se dovesse presentarsi una variante nuova, con caratteristiche diverse o con una maggiore aggressività, il discorso si riaprirebbe».
Veniamo al libro: lei racconta di una dieta che le ha permesso di perdere 11 chili in 4 mesi.
«In Italia è nota come “digiuno intermittente”: prevede una finestra di 6-8 ore nella quale si mangia, e digiuno per il resto del giorno. Diversi trial clinici mostrano gli enormi benefici di questa pratica, che si basa sugli orologi biologici del nostro corpo e li riallinea. Abbiamo un orologio biologico centrale che segue la luce solare. Ma c’è anche un orologio biologico sensibile ai nutrienti. E quando mangiamo di notte, c’è un disallineamento: l’organismo riceve sia il messaggio: “è buio, devi dormire” che quello opposto: “ti stai nutrendo, devi stare sveglio”. E il corpo patisce».
Lei ha coinvolto nella dieta anche suo marito. È stato contento?
«Lui fa la cosa giusta: smettere di mangiare alle quattro di pomeriggio fino alla prima colazione del mattino dopo. Ma io non ci riesco. Per questo, nel libro raccomando di conoscere sé stessi e non stressarsi, ovvero la via dell’equilibrio. Nel mio caso, se smetto di mangiare alle 16, a mezzanotte sono con gli occhi aperti e i crampi allo stomaco. E l’insonnia fa molto peggio del mangiare. Quindi io ho modificato la dieta cenando verso le 19.30, saltando la colazione e pranzando verso le 13. Però questo vuol dire che durante la settimana lavorativa non mangiamo mai insieme: lui fa colazione e io no, io ceno e lui no, a pranzo siamo entrambi al lavoro… Ma ci rifacciamo nel fine settimana, dove mangiamo normalmente».
A proposito di insonnia: la tempesta che si è scatenata per le sue dichiarazioni sui danni del vino le ha tolto il sonno?
«Io sono molto tranquilla perché so di avere ragione, nel senso che ho la scienza e l’Oms dalla mia parte. Mi è dispiaciuto solo che, agli occhi del pubblico, la medicina è sembrata spaccarsi in due: perché poi in genere le persone non vanno a leggere le linee guida e gli studi sul sito dell’Oms o dell’Airc, e quindi faticano a capire chi ha ragione».
Ha notato una componente sessista negli attacchi ricevuti?
«Ancora oggi in Italia ad alcuni uomini dà fastidio che una donna abbia il coraggio di parlare senza chiedere il permesso. Poi c’è stata anche una componente politica: tutto è partito da un post di Salvini. E una psicologica: tanti piuttosto che dire “So che fa male, ma pazienza, mi piace e quindi mi bevo un bicchiere di vino”, che è un approccio ragionevole, preferiscono dire: “No, non è vero che fa male”».
Lei nel libro cita anche il traguardo dei 120 anni. Forse l’Inps non sarà tanto contenta.
«Rita Levi Montalcini diceva che la grande sfida della scienza non è aggiungere anni alla vita, ma aggiungere vita agli anni. L’auspicio del mio libro è che possiamo diventare ultracentenari ballando e sollevando i nipotini in braccio».
Immagino che tra i segni dell’invecchiamento che lei nota non ci sia un calo nei complimenti maschili che riceve sui social media.
«Ci sono sempre, ma è cambiata l’età dei miei ammiratori: ora sono soprattutto sessantenni».