la Repubblica, 1 maggio 2023
Intervista a Giuseppe Conte
Il governo vara in queste ore il «decreto precariato» che, con la scure sul Reddito di cittadinanza, aprirà la strada nei prossimi mesi al «disastro sociale». Il Consiglio dei ministri in piena festa dei lavoratori: una «sceneggiata». L’ex premier Giuseppe Conte usa toni più che drammatici sulla manovra che Giorgia Meloni sta portando avanti.
Alla nuova segretaria dem concede un’apertura, «le sensibilità di Elly Schlein sono compatibili con le nostre», dice, ma lascia intendere anche che il cammino per un’intesa è lungo, il traguardo tutto da conquistare. Nei confronti di Matteo Renzi, che lo accusa di fare da «stampella» al governo di destra, trapela – da questo colloquio telefonico dalla sua Puglia – la più totale disistima: «Intende la politica come cura dei suoi affari, come sostiene il “penultimo” Calenda».
Presidente Conte, oggi il varo del decreto lavoro in un Cdm del Primo Maggio senza precedenti: taglio al cuneo, contratti a termine, Reddito. C’è qualcosa da salvare o è pura propaganda?
«Lo chiamerei “decreto precariato”. Per il Primo Maggio la Meloni ha organizzato una sceneggiata che costerà caro ai lavoratori già poveri e sottopagati.
Precarizzano sempre più i lavoratori, togliendo loro anche la speranza del futuro e con la scusa di aggredire gli “occupabili”, ridotti tutti a scansafatiche, occultano che molti di loro integrano con il Rdc stipendi da fame e contratti indegni. Trovarsi in difficoltà non è una colpa. Si mostrano sordi persino davanti alle parole del Presidente Mattarella».
Anche i sindacati hanno giudicato «una follia» il taglio al Reddito di cittadinanza. Che succederà questa estate, quando dagli annunci si passerà alle forbici?
«Si tagliano i sostegni mentre l’inflazione morde e in autunno si prospetta un nuovo aumento delle bollette. Sono decisioni scellerate, che preparano un disastro sociale.
Aggiungo che tutte le prese in giro stanno già venendo al pettine, come i corsi di formazione promessi dal governo ma mai partiti».
Gli economisti temono un incremento dei precari, dei contratti a termine. Forse aumenteranno anche i lavoratori in nero, che tuttavia non mancavano anche col Rdc a pieno regime. Sarà così?
«Dati Istat alla mano, nel biennio 2019-2020 il numero di lavoratori irregolari in Italia è diminuito di 717 mila unità rispetto al 2018. Col “decreto precariato” ci sarà certamente un aumento dei contratti a termine che avevamo arginato e contrastato con il decreto Dignità, grazie al quale dopo un anno di applicazione ha portato a un incremento consistente dei contratti a tempo indeterminato. Un governo serio non si riunisce il Primo Maggio per condannare igiovani al precariato a vita, uccidendo il loro sogno di avere una casa e dei figli. Un governo serio si riunisce per introdurre il salario minimo legale».
Le priorità sull’occupazione oggi sarebbero altre rispetto al Reddito, viene detto. A cominciare dagli aiuti alle famiglie e dal taglio del cuneo, appunto. Come replica?
«È propaganda, fatta da chi è forte con i deboli ma succube dei potenti.
Potevano sostenere i cittadini schiacciati dai rincari su mutui e affitti, prendendo ad esempio risorse dagli enormi extraprofitti di banche, società farmaceutiche e assicurative, ma non lo hanno voluto fare. Noi proponiamo salario minimo, riduzione dell’orario di lavoro, sgravi fiscali alle imprese che riducono gli enormi divari di stipendio fra manager e dipendenti, pensione di garanzia per i giovani».
Qual è ad oggi il suo rapporto personale con la premier Meloni? È vero che c’è un dialogo comunque costante, uno scambio di messaggi e di punti di vista, al di là dell’ufficialità?
«Rappresento la forza politica che più di tutte si è opposta in questi mesi alle politiche del governo Meloni e continueremo a farlo senza mollare di un centimetro. In occasione del mio appello sul Pnrr ho sollecitato un confronto in piena trasparenza».
C’è stato?
«Abbiamo offerto la nostra collaborazione in trasparenza sui fondi. Non è un progetto governativo ma un tema cruciale per il futuro del Paese, che non riguarda solo la maggioranza di turno ma che incide sui prossimi decenni».
Matteo Renzi, a questo proposito, nell’intervista a “Repubblica” la provoca, come fa spesso: «Se Meloni avrà problemi il soccorso arriverà dal M5S». E ancora: «Hai una idea in cui credi, Giuseppe?». Cosa gli risponde?
«Gli risponderei che abbiamo tante idee, per fortuna diverse dalle sue.
Ma a lui ha già risposto efficacemente il suo sodale Calenda, l’ultimo o forse il penultimo Calenda. Ovvero: al posto di Renzi, che intende la politica come cura dei suoi affari personali in giro per il mondo, proverei orrore per me stesso».
Renzi a parte, è un fattol’elezione di Bonafede alla Tributaria col sostegno determinante della maggioranza.
Come la spiega?
«Fino all’ultimo con il Pd ci siamo battuti perché la maggioranza riconoscesse adeguata rappresentanza alle opposizioni. Il Pd voleva indicare due nominativi non uno solo. Questa richiesta non è stata accolta, ma riteniamo che il Pd abbia commesso un errore perché non potevamo rinunciare a presidiare le funzioni di vigilanza e controllo negli organi di autogoverno. Quanto a Bonafede è un vanto per il M5S aver nominato un ex ministro della Giustizia che ha svolto il suo incarico con onore e disciplina e che non ha fatto della politica un mestiere rispettando l’impegnò del doppio mandato parlamentare».
È preoccupato per i ritardi sul Pnrr? Colpa del governo? E secondo lei è giusto utilizzare tutte le risorse o sarà meglio accantonare la quota difficilmente spendibile, come sostengono dal centrodestra?
«Mi hanno accusato anche di aver portato troppi soldi in Italia per coprire l’incapacità di spenderli. Chi si dice “pronto” a governare un grande Paese come l’Italia non può rinunciare nemmeno a un euro. Se il governo vuole gettare la spugna su quelle risorse, allora si faccia da parte».
Siamo gli unici in Europa a non aver ratificato il Mes, sul quale anche voi avete espresso però dei dubbi.
«Nel 2020 la Meloni mi ha accusato falsamente di averlo attivato nottetempo. Adesso saranno costretti a ratificarlo e perderanno la faccia ancora una volta. Vedremo quale sarà lo scambio. Di certo non una migliore riforma del Patto di stabilità e crescita, che pare tutto orientato all’austerità e al taglio delle spese».
Ci dice invece del suo rapporto con Schlein? Come giudica le prime mosse della segretaria?
«Siamo all’inizio e non mi permetto di dare patenti e voti sul suo operato. Sono sicuro che su alcuni temi, ad esempio sul salario minimo, le sensibilità di Schlein possono essere compatibili con le nostre. Su altre, come noto, viaggiamo su binari differenti: dalla guerra alla questione dell’inceneritore».
I tempi non sono maturi, ci sono comunque le condizioni per costruire qualcosa o per lei il Pd resterà un avversario politico, come è stato finora?
«Guardi, sarà anche cambiata la segreteria dem ma non è cambiato il nostro approccio: le intese si fondano su progetti comuni, su idee. C’è un dialogo con Schlein ma deve essere chiaro a tutti che per noi non contano gli incontri di vertice ma le convergenze concrete sui temi, sui territori. E visto quel che è accaduto di recente, non permetteremo mai al Pd di mancarci di rispetto».