Corriere della Sera, 30 aprile 2023
La politica moderna si fa per simboli. Più che piattaforme e programmi, i leader propongono la loro persona; o, se volete, il loro personaggio
La politica moderna si fa per simboli. Più che piattaforme e programmi, i leader propongono la loro persona; o, se volete, il loro personaggio. Ecco perché l’ammissione sull’armocromista di Elly Schlein, fatta in una singola risposta di una lunga intervista a Vogue, ha fatto tanta sensazione.
E siccome non crediamo che la neo segretaria del Pd sia del tutto sprovveduta in materia di comunicazione politica e non abbia previsto il putiferio che avrebbe scatenato, tendiamo a credere che più di una gaffe il suo sia stato un messaggio. Non è quindi lo scivolone di D’Alema sulle scarpe da mille euro. Né il vezzo altoborghese del cachemire di Bertinotti. E nemmeno l’incidente dell’orologio di Macron. In tutti quei casi è scattato un semplice – ma efficace – pregiudizio pauperista: se predicate a sinistra e per il popolo, non potete poi praticare una vita di agi, e magari ostentarla.
Nel caso di Elly Schlein è più probabile che si tratti di una scelta. Azzardata forse, ma non casuale. La sua preferenza per i trench larghi e i colori freddi è infatti molto più analoga, anche se opposta, alla moda delle felpe che per un periodo caratterizzò Matteo Salvini (con l’aggiunta gastronomica di Nutella e salsicce). Oppure anche alla più discreta ma non meno ricercata esibizione della pochette da parte dell’avvocato Conte. Nel primo caso, Salvini intendeva mettersi in sintonia con i ceti popolari e dire loro: sono uno di voi, vesto come voi. Nel secondo caso Conte voleva rassicurare un pubblico «perbenista» e anziano che apprezza l’eleganza nei politici (anche Berlusconi con i suoi doppiopetti rastrellava voti tra le elettrici donne, abitanti in provincia, di mezza età, che vedono molta televisione, nel cui segmento brillava).
Di conseguenza pure Elly Schlein, esibendo uno stile che ora sappiamo molto meno «casual» di quanto appaia, ci sta dicendo qualcosa: che appartiene alla classe media metropolitana, informata sulle tendenze e le mode, in evoluzione verso stili di vita più nordici, gelosa delle manifestazioni dell’individualità e dei diritti che ne conseguono, gender fluid e sessualmente libera.
Naturalmente per la destra è stato un andare a nozze. Presentare la nuova segretaria del Pd come una che spende qualche centinaio di euro a seduta con l’armocromista (anche se la professionista ha dichiarato che a lei fa un forfait), è l’ideale per accusare il maggior partito della sinistra di essere elitista, sconnesso dai ceti più poveri, concentrato solo sul pubblico delle Ztl, cioè dei centri storici delle città. E d’altra parte è vero che finora Elly Schlein ha comunicato più con il suo personaggio che con il suo programma o la sua oratoria. Anzi, si potrebbe dire che di politica parla il meno possibile, perché preferisce invece farla con il corpo, mostrandosi in piazza ogni volta che può, e magari spiegando anche a Vogue perché veste così.
Però l’immagine del Pd si era così sbiadita, nonostante la varietà dei tentativi compiuti nel tempo con la scelta dei segretari, che un po’ di colore e di glamour non può che fargli bene. È possibile anzi che molti militanti, che magari leggevano Rinascita e non hanno mai comprato Vogue, possano comunque pensare, come un altro politico che di colori se ne intendeva: «Non importa che il gatto sia bianco o nero purché acchiappi il topo». E cioè: il nostro problema oggi è frenare le destre, e se per farlo abbiamo bisogno di essere un po’ alla moda, digeriamo anche questa.
Quello che però sarà decisivo, da qui alle Europee quando Elly Schlein si giocherà la segreteria, è capire se sopra il vestito non c’è niente. Se cioè il trench serve solo a coprire un vuoto di politica. Nel qual caso, neanche la «donna-inverno», come l’armocromista l’ha definita, potrà regalare al Pd una primavera.