Corriere della Sera, 1 maggio 2023
Carlo III, incoronazione multietnica
Una incoronazione multietnica e multiconfessionale, per riflettere la Gran Bretagna contemporanea: la cerimonia di sabato prossimo nell’abbazia di Westminster sarà scandita da una serie di «prime volte» storiche, che marcheranno la distanza tra l’ascesa al trono di Carlo III e quella di sua madre Elisabetta, 70 anni fa.
Un ruolo chiave lo avranno le donne, e in particolare le donne nere: sarà infatti la baronessa Floella Benjamin, che siede alla Camera dei Lord, a consegnare al nuovo sovrano lo scettro sormontato dalla colomba, uno dei simboli del potere regale; mentre un’altra donna di colore, la dama Elizabeth Anionwu, che è una ex infermiera, consegnerà l’orbe che rappresenta l’autorità sulla Terra; così come la baronessa Valerie Amos – prima donna nera a essere insignita dell’Ordine della Giarrettiera, la massima onorificenza cavalleresca – si unirà all’arcivescovo di Canterbury nell’Atto di Riconoscimento, quando il re viene presentato alla congregazione.
È uno scarto radicale rispetto alla incoronazione di Elisabetta, quando tutte le funzioni della cerimonia vennero condotte da maschi bianchi, in larga parte esponenti dell’aristocrazia. Come ha detto la baronessa Benjamin, il suo coinvolgimento manda «un chiaro messaggio che la diversità e l’inclusione vengono abbracciate» dal nuovo re. E un portavoce di Buckingham Palace ha aggiunto che «coloro che intraprenderanno i ruoli storici sono stati scelti per riconoscere, ringraziare e rappresentare la nazione».
Le lingue
Parte della liturgia sarà in gaelico per riconoscere scozzesi, gallesi e irlandesi
Allo stesso modo, rappresentanti dell’islam, dell’induismo, dell’ebraismo e della religione sikh prenderanno parte a una «processione di fede» e a loro volta consegneranno a Carlo accessori regali: Lord Kamall, un musulmano che siede alla Camera dei lord, porterà al re un paio di braccialetti; Lord Patel, induista, consegnerà l’anello del sovrano; la baronessa Merron, ebrea, porterà il mantello imperiale; e infine Lord Singh, un sikh nato in India, consegnerà il guanto dell’incoronazione.
È la prima volta nella storia che esponenti non cristiani sono parte integrante di una cerimonia che è radicata nella liturgia della Chiesa anglicana, della quale il sovrano britannico resta il capo: è sicuramente l’innovazione più controversa, tanto che l’arcivescovo di Canterbury, il primate anglicano, ha dovuto smentire che ci siano state tensioni fra i leader della Chiesa e il re riguardo alla partecipazione di altre religioni. D’altra parte, diversi anni fa, Carlo aveva fatto scalpore quando aveva dichiarato che, una volta sul trono, avrebbe preferito essere considerato un generico «Difensore di Fede», invece del più specifico titolo di «Difensore della Fede», che i sovrani inglesi portano dall’epoca di Enrico VIII.
Un’altra innovazione riguarda la lingua, che finora era stata esclusivamente l’inglese: parte della liturgia sarà in gaelico, per riconoscere scozzesi, gallesi e irlandesi. E alla fine tutta la nazione, tramite la televisione, sarà invitata a unirsi al giuramento di fedeltà al nuovo re: un atto che finora era riservato agli aristocratici, ma che sabato suggellerà quella che vuole essere una «incoronazione del popolo».