il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2023
Tosca parla di politica
“Non solo ci spero, credo davvero nella rivoluzione, in un big bang che travolga l’assetto attuale della società e ci obblighi a riconsiderare la nostra nicchia di potere”.
Tosca, lei dice che arriverà il giorno?
Certo che sì! Arriverà il giorno in cui si troverà finalmente lavoro grazie al curriculum. Arriverà il giorno in cui le connessioni familistiche, gli investimenti personali nella società affluente o, peggio, l’appecoronamento al cospetto del potente perderanno valore. Ci sarà un crash culturale, uno scontro di civiltà diremmo. Vivo a fianco dei giovani grazie alla scuola di musica e di teatro che ho contribuito a fondare. Beh li sento che avvertono di essere stati pugnalati alle spalle, che scelgono di fuggire dall’Italia, ritenuto un Paese ostile. Non può andare avanti per molto così.
Tra le rivoluzioni attese dalla voce più eclettica della musica italiana, vi è la messa in stato di accusa del famigerato AutoTune.
Questa immonda macchina serve ai cantanti stonati e non aiuta gli intonati. Fa crescere la mediocrità ma non agevola il talento. Produce una soverchieria grazie a una sofisticata manipolazione delle corde vocali: sotterra gli acuti strazianti che meriterebbero la bocciatura secca. Ricama dove non c’è filo. Non aiuta l’artista, lo traveste.
Non tutti hanno la sua voce.
Sa quanti sono bravi e bravissimi che devono accettare il mercato dell’accorciamento delle capacità? Potrebbero volare alto ma devono accontentarsi di stare quasi rasoterra.
Tosca (al secolo Tiziana Tosca Donati) non digerisce i nuovi format tv, i cosiddetti talent. Quale differenza c’è con la scuola di cui è supervisore, le Officine Pasolini?
Qui, tra la Farnesina e lo stadio Olimpico, c’è un hub culturale (creato per l’assoluto merito di un politico, Massimiliano Smeriglio) che accompagna centinaia di giovani lungo il percorso artistico. Non cerca di manipolarli, non li rendi schiavi della promozione, non devono subire i diktat dei produttori. Soprattutto non devono credere che per avere successo si debbano cantare canzoni orribili, né che si debba mostrare il proprio corpo, in modo da venderlo in abbinata.
Lei è cresciuta alla Garbatella, a dieci passi dalla casa di Giorgia Meloni.
Dieci passi no, certo nello stesso quartiere. Ma io sono convintamente di sinistra, detesto tutta la palude democristiana, tutto il partito gnè-gnè, che non prende mai posizione, che si situa nel cosiddetto centro, il luogo dell’ignavia. Io desidero che la sinistra faccia la sinistra, cacchio.
Non tutti i suoi colleghi sembrano così profondamente coinvolti dall’agone politico.
Ciò che canto è figlio delle mie idee. Diciamo così: il mio è un pubblico di nicchia. È artigianato puro, non sono una SpA da tutelare col silenzio.
È di sinistra, quindi detesta la presidente del Consiglio?
No, perché? Detesto le sue idee, ma riconosco che ha passione. La vedevo da ragazza con quale piglio guadagnava la strada. È di destra e per me non può andare bene.
Ed Elly Schlein?
Confido molto in lei. Spero che tolga a quel partito il doppiofondo dell’ipocrisia, della medietà come stile: sempre un po’ di qua e un po’ di là.
Lei vuole al governo la sinistra.
Voglio un partito che mi faccia capire che mondo vuole costruire, quali idee ha. E le dica chiare.
Ha pronosticato che arriverà la rivoluzione.
Sì, un crash me lo aspetto. Ricorda il tempo dei grillini? Chi l’avrebbe detto? Se non sono durati al governo è perché si sono mostrati presuntuosi, approssimativi, però è vero che la loro ascesa è stata provocata da un rifiuto improvviso e di massa delle condizioni poste dalla società affluente.
Lei è cantante, fa teatro, promuove una scuola di musica.
Mi piace fare ricerca, lavorare con puntiglio, credere nei miei talenti. Sapesse come ho sofferto quando da giovane mi sono lasciata abbindolare dalle richieste dei discografici. Ho strappato contratti, bruciato tanti soldi in nome della libertà di fare quel che voglio.
Come canta lei Bella ciao nessuno mai.
Sa che ha origini yiddish?