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 2023  aprile 30 Domenica calendario

Nove milioni scomparsi dall’eredità della Lollo

A conti fatti rimane un patrimonio di 500mila euro. Perché dall’inventario stilato lo scorso 26 aprile dal notaio Vittorio Occorsio, esecutore testamentario di Gina Lollobrigida, emerge che l’enorme patrimonio dell’attrice, sul quale è aperta una contesa, con due processi in corso, è scomparso. All’appello mancano circa 9 milioni. Cosa ne sia stato del ricavato della vendita dei tre immobili romani di via di San Sebastianello (piazza di Spagna), di un appartamento a Montecarlo, dei soldi prelevati o trasferiti su altri conti, delle auto del valore complessivo di un milione e 500mila euro acquistate da Andrea Piazzolla, attaché dell’attrice e amministratore unico della società "Vissi d’arte" (che amministra i beni della Lollo), sotto processo per circonvenzione di incapace e riciclaggio, dopo le denunce del figlio della Lollobrigida, Milko Skofic e degli altri familiari, non è chiaro. Rimangono le collezioni di icone, alcuni gioielli (ma i più preziosi sono stati venduti), poi quadri, mobili e la villa sull’Appia antica, attualmente sotto sequestro perché anche gli arredi erano già stati affidati a una casa d’aste.
L’INVENTARIO
In realtà, i beni ancora nella disponibilità dell’attrice ammonterebbero a circa oltre 800mila euro, ma con debiti da pagare per oltre 300mila.
Si parte da «un rubino di colore rosso violaceo, taglio cushion», valutato 1.200 euro. Poi ci sono gioielli e orologi per 15mila euro, oltre a 50mila euro di opere di arte orientale e poi quadri di artisti contemporanei, mobili antichi, argenterie, stampe fotografiche d’autore, il tutto per un valore di 152mila euro. Nell’inventario c’è anche il capitale della "Dousoline" - una holding del Principato di Monaco -, rappresentato da 200 azioni: 199 erano intestate alla Lollobrigida e una a Piazzolla. Tra i debiti compaiono anche quelli con la casa d’aste, che aveva il mandato di vendere i mobili ed è stata bloccata dall’amministratore di sostegno nominato dal Tribunale, poi quelli a Montecarlo e gli onorari non pagati a molti professionisti.
MONTECARLO
Il sospetto è che almeno una parte dei soldi sia finita proprio a Montecarlo. La "Bewick International Inc." potrebbe custodire una parte del tesoro, forse il ricavato della vendita all’asta dei gioielli e degli immobili. Secondo un’inchiesta dall’Espresso, basata sui Panama Papers diffusi dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, i fondi sarebbero finiti nel Principato attraverso una società anonima aperta a Panama e intestata a fiduciari. Nel caso della "Bewick" - società di Panama che gestisce il conto di Montecarlo - la beneficiaria è proprio Luigia Gina Lollobrigida, che aveva l’autorizzazione ad aprire un conto alla banca Safra del Principato di Monaco con pieni poteri nella gestione dei fondi. La delibera è firmata dai tre fiduciari dello studio Alcogal di Panama City. La traccia che porta oltreoceano parte dalla villa di Roma e dalla società a cui è intestata, ovvero la "Vissi d’arte", che fa capo a una holding che si trova nel principato di Monaco: la "Dousoline". Nel 2018 questa società, a sua volta anonima, ha aperto un conto alla banca Safra di Monaco. Indicando come beneficiaria l’attrice.
IL PROCESSO
I familiari della Lollobrigida, assistiti dagli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri, stanno conducendo nelle aule del Tribunale di Roma la loro battaglia contro Piazzolla che, in gennaio, dopo la morte della Lollobrigida, è risultato erede del 50 per cento del patrimonio rimasto. L’altra metà (come previsto dal codice civile) andrà al figlio. «Risulta evidente che al momento della morte l’ingente patrimonio della Lollobrigida fosse stato in gran parte dissipato. Non ci resta che attendere la sentenza, prevista per il 7 giugno», dice l’avvocato Alessandro Gentiloni Silveri. Secondo il pm Eleonora Fini, titolare del fascicolo principale sulla circonvenzione di incapace, che nel 2019 ha portato alla nomina di un amministratore di sostegno per tutelare il patrimonio rimasto, a partire dal 2015 Piazzolla «in tempi diversi e al fine di trarne profitto», attraverso un’azione persuasiva, avrebbe indotto l’attrice, oramai vulnerabile e in uno stato di deficienza psichica, ad allontanarsi dai familiari e nominare l’indagato amministratore della "Vissi d’arte", per poi depauperarne il patrimonio.