Domenicale, 30 aprile 2023
Carlo III, un’incoronazione tra palco e realtà
Fra pochi giorni, sabato 6 maggio, dopo settant’anni la monarchia britannica rimetterà in scena l’antico spettacolo dell’incoronazione. Nessuna cerimonia più di questa rappresenta l’essenza profonda della monarchia, l’origine divina del potere regale. Proprio questo carattere, peraltro, aiuta a capire perché già nel XIX secolo in molte monarchie le cerimonie dell’incoronazione fossero abolite o non fossero proprio introdotte.
Esemplare il caso dei regni dei Paesi Bassi e del Belgio, nati, nella forma attuale, nel 1830. In nessuno di essi, infatti, è mai esistita un’incoronazione. In Belgio il sovrano diventa tale non alla morte o all’abdicazione del predecessore, ma solo dopo aver giurato fedeltà alla Costituzione. Ciò avviene al Palais de la Nation, sede del Parlamento, e non al Palais Royal. Inoltre nella cerimonia è assente ogni simbolo religioso. Anche nei Paesi Bassi a segnare l’ascesa al trono del nuovo sovrano non è un’incoronazione («kroning»), ma una “inaugurazione” («inhuldiging»), in cui il sovrano giura fedeltà alla Costituzione di fronte agli Stati Generali. Sebbene si svolga nella Nieuwe Kerk, la più importante chiesa di Amsterdam, anch’essa non è una cerimonia religiosa.
Anche nel Regno di Grecia, sorto nel 1832, nessun sovrano fu mai incoronato. E lo stesso accadde in Italia. Vittorio Emanuele II lo avrebbe desiderato, usando l’antica corona ferrea (celebre reliquia, conservata nel Duomo di Monza). Tuttavia, la rottura con il papa e le scomuniche risorgimentali rendevano impraticabile quel rapporto col sacro, necessario a una simile cerimonia. L’ascesa al trono dei re d’Italia era quindi anch’essa effettuata col giuramento di fedeltà allo Statuto di fronte alle Camere. La messa da parte delle incoronazioni non fu propria, però, solo di monarchie nate nell’Ottocento. Lo stesso accadde, infatti, anche in alcune di millenaria antichità. È il caso di quelle scandinave. In Danimarca l’incoronazione fu abolita nel 1849, in Svezia nel 1907. Da allora nei due regni l’ascesa al trono è avvenuta con rituali nel complesso semplici. Nel 1972 la proclamazione di Margherita II di Danimarca si è tenuta sul balcone del Palazzo reale a opera del primo ministro, mentre la folla assisteva nella piazza sottostante. Nel 1973 Carlo XVI Gustavo di Svezia ha giurato fedeltà alla Costituzione presso il Consiglio dei ministri e ha poi tenuto una piccola cerimonia nella sala del trono, dove corona e scettro erano esposti su un tavolo. Differente il caso della Norvegia: in essa un’incoronazione si ebbe solo nel 1905, quando il Regno ritrovò la propria indipendenza, dopo secoli di unione con Svezia o Danimarca. Quando nel 1957 divenne re Olav V, il governo avrebbe preferito un semplice giuramento, ma il re volle che oltre ad esso vi fosse anche una cerimonia di consacrazione nella cattedrale di Nidaros, a Trondheim, durante la quale i sovrani furono benedetti dal vescovo. Se a questo quadro si aggiunge che anche in un regno importante come quello di Spagna non s’è mai tenuta un’incoronazione, si comprende bene come quella del Regno Unito sia veramente un unicum.
Il contesto che ho cercato di delineare aiuta a capire perché l’importanza dell’incoronazione che si terrà a Westminster risieda non solo nel suo significato politico, ma anche nella capacità di adattarsi ai tempi. David Cannadine, il maggior storico della monarchia britannica, ha ben notato in un suo studio ormai classico che nell’Ottocento, mentre nella maggior parte delle monarchie europee il cerimoniale era usato per esprimere l’effettivo potere della Corona, in Gran Bretagna esso era divenuto più importante ed elaborato man mano che i sovrani perdevano il loro potere. Le grandi cerimonie che ancora oggi caratterizzano la corte di San Giacomo erano state, in effetti, quasi tutte re-inventate proprio in quei decenni, al fine di segnare il carattere super partes della Corona rispetto ai partiti. Dopo il 1918, con la definitiva caduta dell’antico regime e l’avvento di un’epoca di cambiamenti, la monarchia si propose e si raccontò come un elemento di stabilità nel mutare, sempre più convulso, d’una storia incontrollabile. Una strategia che continua tuttora ed alla quale il lungo regno di Elisabetta II ha dato un notevole contributo.
Le incoronazioni, in particolare, cerimonie religiose e cavalleresche, ricche di simboli ed apparati fuori dal tempo, se da un lato si sono connotate quasi come un evento fiabesco, dall’altro hanno saputo via via adattarsi con lucidità e pragmatismo allo spirito delle epoche in cui si sono tenute, superando anche lo scoglio – simbolicamente molto forte – della fine dell’Impero. Carlo III, per esempio, nella sua ha scelto di rinunciare per la regina Camilla alla corona in cui è incastonato il Koh-i-Noor, prezioso diamante, ma anche simbolo del colonialismo. Non è dunque per caso che solo il sovrano del Regno Unito possa ancora portare in capo la corona.