Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 30 Domenica calendario

Come far funzionare le sanzioni

È noto da tempo agli esperti di guerra economica che le sanzioni possono essere un’arma a doppio taglio. Adesso Agathe Demarais, global forecasting director di The Economist Intelligence Unit (Eiu), apporta la conoscenza della sua esperienza sul campo avendo lavorato come addetto finanziario per il Tesoro francese a Mosca nel 2014 e, successivamente, in quindici Paesi del Medio Oriente, tra cui alcuni sotto sanzioni americane quali Iran, Iraq, Libano, Siria e Yemen.
Le sanzioni economiche hanno l’obiettivo di colpire le economie e le finanze di Stati che attuano politiche aggressive per convincerli a cambiare orientamento. Ma quando la più grande potenza mondiale vara le sanzioni, queste hanno un impatto globale. Secondo Demarais, negli ultimi due decenni l’America ha imposto più sanzioni dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite e del Canada messi insieme. Un aspetto rende agevole per uno Stato intraprendere la strada delle politiche sanzionatorie: sono un’arma politica a basso costo. Pochi funzionari pubblici le elaborano, l’onere di attuarle ricade sulle multinazionali e sulle banche che si fanno carico di opportunità perse e costi di conformità. Anche i costi politici e umani immediati delle sanzioni sembrano essere contenuti rispetto ad altre forme di coercizione. In pratica, le sanzioni sono uno strumento prontamente disponibile che riempie il vuoto nello spazio diplomatico tra dichiarazioni inefficaci e operazioni militari potenzialmente mortali. Un ulteriore vantaggio è che le sanzioni tendono ad aumentare gli indici di approvazione dei responsabili politici che le impongono.
A giudizio di Demarais, in passato le sanzioni hanno dimostrato di essere efficaci nel persuadere alcuni Paesi a modificare le loro politiche aggressive. L’Iran che ha accettato di firmare l’accordo nucleare del 2015, ne è un esempio. Ma successivamente le medesime sanzioni si sono rivelate controproducenti. Demarais si stava proprio occupando dell’Iran quando l’accordo nucleare fu firmato. Malgrado la revoca delle sanzioni, le imprese europee erano rimaste caute nel rientrare nel mercato iraniano. Convincere le aziende europee a tornare in Iran era un modo per convincere Teheran che aveva fatto la cosa giusta. Eppure, si rivelò impossibile persuadere la maggior parte delle imprese e delle banche occidentali a ricominciare a fare affari con l’Iran.
L’esempio iraniano mostra come la minaccia, reale o percepita, abbia trasformato le sanzioni in un fattore cruciale che influenza le strategie aziendali globali.
Gli effetti a catena delle sanzioni rimangono poco studiati, eccetto che dagli esperti della difesa. Scarsa attenzione è dedicata, per esempio, agli effetti devastanti che le sanzioni economiche possono avere sulla vita della gente comune. Come dimostra il caso delle miniere artigianali nella Repubblica democratica del Congo. Le conseguenze impreviste delle sanzioni internazionali imposte sulle grandi corporation minerarie sembrano aver scalfito poco i potenti signori della guerra locale.
Le sanzioni moderne non producono fame diffusa, ma questo non significa che siano innocue. Gli effetti di un’inflazione più elevata possono essere critici per la popolazione dei Paesi presi di mira. A loro volta, i governi dei Paesi attaccati dalle sanzioni si vantano di aver trovato modi inventivi per aggirarle perpetuando il loro dominio.
Adesso che la Cina è emersa come superpotenza economica, i Paesi sanzionati hanno un partner alternativo a cui rivolgersi, come dimostra il caso russo. La politica di Pechino, infatti, aiuta i Paesi ad aggirare le conseguenze delle sanzioni economiche americane.
Il potere economico della Cina indebolirà la minaccia sanzionatoria degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, Pechino ha predisposto le infrastrutture per sopravvivere a potenziali atti sanzionatori degli Stati Uniti. Il Paese vanta un settore tecnologico in crescita, una valuta digitale e propri canali finanziari. A sua volta il Cremlino, da quando l’America ha imposto per la prima volta sanzioni alla Russia nel 2014, ha preso provvedimenti per isolare la sua economia dagli Stati Uniti e ha stabilito canali finanziari che aggirano il dollaro Usa.
Perciò, è cruciale che gli Stati Uniti compongano un quadro chiaro sugli effetti collaterali delle sanzioni e su come queste modellano le strategie delle aziende, degli alleati e dei nemici in tutto il mondo. Solo la minaccia di sanzioni garantite e congiunte degli Stati Uniti e dei loro alleati è efficace, secondo l’autrice. Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la collaborazione occidentale sulle sanzioni è stata robusta. Questa è una buona notizia per l’efficacia delle sanzioni. I dati negativi sull’andamento dell’economia russa, pubblicati in marzo, hanno dimostrato che le sanzioni contro la Russia di Putin decise da America, Europa, Giappone e altre potenze affini funzionano. Il tempo delle decisioni solitarie sembra finito anche per gli Stati Uniti.