il Fatto Quotidiano, 30 aprile 2023
Mediaset scavalca la Rai negli ascolti
Mediaset supera di nuovo la Rai. Dalla fine di febbraio (quindi dopo il Festival di Sanremo) al 22 aprile, il Biscione torna ad avanzare rispetto alla tv pubblica. Non è la prima volta che accade, era già successo lo scorso autunno, ma il ripetersi del dato dovrebbe far scattare l’allarme rosso in Viale Mazzini. Dove però l’affaire Fuortes, con l’amministratore delegato in procinto di andarsene per fare spazio agli appetiti della destra, ma che in realtà resta al suo posto, sta paralizzando l’azienda, come ha sottolineato anche il ministro Adolfo Urso audito in Vigilanza questa settimana. Anche perché l’Ad, secondo fonti qualificate, ha fatto sapere di non voler prendere decisioni importanti, dai nuovi progetti fino ai palinsesti del prossimo autunno-inverno. Che di solito vengono presentati in giugno, ma quest’anno potrebbero slittare a luglio, in zona Cesarini, proprio a causa dell’immobilismo.
Ma torniamo ai numeri. Secondo i dati Auditel pubblicati martedì scorso da Italia Oggi, Mediaset nel mese di marzo supera la Rai nel giorno medio, la surclassa in seconda serata e pareggia il prime time. Viale Mazzini si salva solo se ci limitiamo ai 3 canali principali, che, confrontati con Canale 5, Rete 4 e Italia 1, vanno meglio sia nel giorno medio (31% contro 27,7%) sia nel prime time (32,2% contro 27,8%). Ma qui il totale dei canali Rai perde circa 700 mila telespettatori in media (anche Mediaset li perde, circa 600 mila, in favore soprattutto delle piattaforme su cui però non si possono avere dati certi perché ancora non monitorate). Ci aiutano a capire meglio le elaborazioni dello Studio Frasi sui dati Auditel. Nel periodo 26 febbraio-22 aprile, il totale nel giorno medio delle reti Mediaset è stato del 38,8% di share (3.303.798 telespettatori), mentre la Rai ha registrato un 37,1% (3.166.363). Nella prima serata non va meglio per la tv pubblica: nella fascia 20:30-22:30 il totale del Biscione è 38,8% (7.823.102), mentre quello Rai è 37,4% (7.537.276). Da notare però che Mediaset ha più canali della Rai: quest’ultima ha 3 reti generaliste e 10 tematiche, mentre il Biscione ne ha 3 generaliste e 13 tematiche. “I canali tematici di Mediaset sono molto commerciali e fanno più ascolti, mentre quelli Rai assolvono di più la funzione di servizio pubblico, come Rai Scuola, ma fanno numeri minori”, osserva Francesco Siliato dello Studio Frasi.
A dover far riflettere Viale Mazzini e Cologno è il cedimento verso le piattaforme. Sempre secondo lo Studio Frasi, tra gennaio e aprile del 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, la tv tradizionale ha perso circa 1 milione e mezzo di telespettatori nel giorno medio che diventano 3 milioni e mezzo in prima serata in favore dei media “non riconosciuti”, di cui fanno parte, appunto, le piattaforme streaming. Secondo un recente studio di Agcom, la tv lineare dal 2018 al 2022 ha registrato una fuga di utenti pari a un -11,2% nel day time e un -13% in prima serata.
La crisi del prodotto
Crisi di ascolti, dunque, ma anche di contenuti. Con oltre la metà dei programmi prime time appaltati a società esterne. “Sarebbe necessario che all’interno del contratto di servizio fosse inserito come obiettivo la riduzione degli appalti sulle produzioni televisive”, sostiene Riccardo Laganà, consigliere di amministrazione dei dipendenti. I quali incroceranno le braccia il prossimo 26 maggio per uno sciopero generale che i vertici stanno facendo di tutto per scongiurare. Appaltare troppo all’esterno, secondo Laganà, alla lunga è deleterio anche per il prodotto. “In azienda nessuno si sforza più di sperimentare e creare qualcosa di nuovo. Mentre i programmi proposti dalle case di produzione rientrano spesso in una sorta di comfort zone degli ascolti: sanno che la Rai vuole un certo tipo di prodotto e quello le offrono”, aggiunge Laganà. A Viale Mazzini esisterebbe anche una direzione Nuovi Format, ma si dev’esser persa nell’iperspazio aziendale, visto che non produce nulla. Deleterio, sotto questo aspetto, il dibattuto allungamento della prima serata a scapito della seconda, che non esiste più. “Era invece quello l’orario dove si sperimentava, si cercavano strade nuove, magari a volte sbagliando, ma spesso azzeccando nuovi programmi”, fa notare l’ex parlamentare del Pd ed esperto di tv, Vincenzo Vita. Che vede come un pericolo l’occupazione di potere da parte della destra. “La lottizzazione in Rai è un metodo di lavoro, è sempre esistita, ma mentre prima venivano tenute in conto attitudini e competenze, ora siamo di fronte a un’occupazione tout court che non sembra guardare alle professionalità. La destra in Rai già comanda, basti vedere i tg, manca solo l’occupazione degli organigrammi, che arriverà presto”, continua Vita.
L’ad c’è ma non c’è
Qui però casca l’asino. Perché ancora c’è Carlo Fuortes. E non sembra disposto a fare i bagagli. Ma il problema è che c’è, anche se è come non ci fosse. Guida l’azienda senza guidarla, in attesa che Palazzo Chigi, o il ministro Sangiuliano, gli trovi una consona sistemazione alternativa. L’Ad, infatti, ha davanti oltre un anno di mandato e può essere sfiduciato solo da un voto contrario del Cda che, al momento, non sembra nell’aria. Il problema, come ha scritto lo stesso Vita sul manifesto, è che i palinsesti iniziano a mostrare la corda: si è già cominciato con le repliche del Commissario Montalbano e Pretty Woman, mentre la programmazione non va più in là del 31 agosto. Poi il buio. Con flop clamorosi. Il programma Rai Il cantante mascherato, per esempio, ha sempre perso, e di parecchio, la sfida del sabato sera con Amici. Ma ci sono anche eccellenze, come la fiction Mare Fuori, diventata un successo europeo. O la crescita del sito d’informazione Rainews.it, che registra quasi 10 milioni di utenti unici contro i 2 milioni e 800 mila del 2022. “In Rai ci sono persone e manager competenti il cui lavoro viene frenato dalla stratificazione burocratica e da una catena di comando schizofrenica: non vengono messi in grado di lavorare. A livello generale, però, in Viale Mazzini non hanno capito dove va il mercato televisivo: non sono gli eventi di due puntate, seppur magnifici, a creare un prodotto di successo, ma la serialità nel medio e lungo periodo”, sottolinea Antonio Azzalini, manager televisivo con un lungo passato in Rai. Niente affatto facile.