Tuttolibri, 29 aprile 2023
Le lettere d’amore tra Federico De Roberto ed Ernesta Valle
Federico De Roberto conosce Ernesta Valle, di cui s’invaghisce subito, il 29 maggio 1897, nel salotto milanese di Casa Borromeo: «Comincia la vita nuova» annota in una sorta di «Calendario amoroso» con chiara allusione dantesca.Il corposo carteggio bilaterale, non comune fra quelli amorosi – Eleonora Duse diede alle fiamme le lettere di d’Annunzio –, fra l’illustre scrittore e la raffinata moglie dell’avvocato Guido Ribera, copre un arco di tempo che va dal maggio 1897 al novembre 1903 (con tracce successive che si protraggono fino al 1916), in un intricato, pertinace intreccio di temi intimi e letterari. Un’ardente storia d’amore che ci rivela aspetti ignorati dell’austero e schivo scrittore e insieme della vita mondana, sociale, culturale dei due poli fra cui si snoda, Milano e Catania, dalla fine dell’Ottocento ai primi del Novecento. Un carteggio con cadenza talora quasi quotidiana, quello tra Federico (Rico) e Ernesta, ribattezzata Renata (perché «rinata» all’amore), o Nuccia (diminutivo di «femminuccia»).Meta prediletta di De Roberto, al pari dei sodali Verga e Capuana, sospinti da un’aspirazione a più vasti orizzonti, Milano rappresenta infatti, e il carteggio ne è ampia testimonianza, la capitale dei poteri mediatici, finanziari, culturali, la città più progredita, operosa, ricca di vivacità artistica e di brulicanti iniziative, con le sue prestigiose case editrici, le grandi testate giornalistiche, i rinomati teatri, gli eleganti ritrovi, gli elitari salotti. È lì che gli sono consentite assidue frequentazioni con i maggiori esponenti dell’intellighentia dell’epoca, giornalisti, scrittori, editori. È lì che sono possibili quei guadagni indispensabili per sottrarsi alla soggezione, anche economica, della possessiva, gelosa madre-padrona, donna Marianna degli Asmundo, dal carattere forte e autoritario, la «mammarella» che inesorabilmente lo stringe a sé in una morsa sempre più soffocante. «Queste mamme siciliane che fanno i figli e poi se li mangiano», annota Vitaliano Brancati.Se la relazione con una donna sposata impone sotterranee e complesse strategie, non minori manovre di occultamento e di dissimulazione necessitano per sfuggire all’occhiuta donna Marianna. Lettere consegnate a mano o inviate a casa («chiuse nei nostri libri») o «fermo in posta», solitamente per il tramite del quotidiano Il Mattino di Napoli. «Fermo in posta» pure quelle inviate da lei. E il condiviso accordo di restituirle via via, troppo pericoloso per Renata conservarle, o di scrivere sulle facciate appositamente da lui lasciate in bianco per intrecciare gli «spasimi» amorosi e liberarsi di testimonianze così scottanti, affidandole in un «sacro deposito», ci ha permesso di possedere le lettere di entrambi.De Roberto informa l’amante di tutto, fin nei minimi dettagli, quasi un «diario di bordo». Ulteriore conferma dello scrupolo severo del documento, dell’indagine minuziosa, delle ricerche d’archivio, dell’analisi spietata che ne sorreggono gli scritti. In particolare quel grandioso affresco, polifonico e policromo, della società siciliana sullo sfondo della tormentata costruzione dello stato postunitario, vergato con acuminato stilo, I Vicerè. «Uno dei più solidi romanzi, un’opera monumentale» con Pirandello. «Hai fatto un lavoro con sei para di…» l’ammirato Capuana. E Sciascia: «il più grande romanzo che conti la letteratura italiana, dopo I promessi sposi».Serbatoio inesauribile di curiosità, giudizi, indiscrezioni, le lettere (ben 764 con un ricco corredo iconografico) illuminano le zone d’ombra di una vita per tanti aspetti, fino ad oggi, misteriosa e di una produzione letteraria non comune, per ampiezza e varietà. Preziosa miniera, pozzo di San Patrizio, vaso di Pandora, il carteggio fornisce la chiave di una più approfondita, lucida conoscenza – anche psicologica, meglio psicanalitica – dell’uomo, dell’opera, dell’epoca. Ritroso e discreto non meno di Verga, De Roberto rifugge da forme di pubblicità e di esibizionismo e circonda di estremo riserbo la propria esistenza privata, sino a poco tempo addietro una delle più segrete della nostra letteratura.Sono gli anni della collaborazione al Corriere della Sera, che ha inizio con la pubblicazione nelle appendici del romanzo Spasimo, uno dei primi polizieschi della letteratura italiana, e alla rivista La Lettura, il cui primo numero vede la luce nel gennaio del 1901 e la cui direzione Luigi Albertini affida al suocero Giuseppe Giacosa, affiancandogli il fratello Alberto, nel ruolo promesso a Federico De Roberto e da lui tanto agognato, anche per il sempre auspicato stabile soggiorno a Milano.Con l’amata Renata, donna colta, raffinata, «la confidente, la consigliera, l’ispiratrice», Rico condivide tutto, in primo luogo le variegate letture. Un pozzo di ghiottonerie librarie di uno scrittore ingordo, che coniuga il piacere della lettura, la più assidua, disparata, con la pratica critica. Renata è la destinataria anche, per il tramite di meticolosi ragguagli, di quanto concerne l’inesausta attività letteraria ed editoriale. Il carteggio ci consente così di penetrare nell’officina segreta di De Roberto, nella camera oscura del suo immaginario, di tallonarlo nel tormentato work in progress, svelandoci progetti, fervori, traguardi, ma pure ansie, inquietudini, sconfitte, in virtù di una rigogliosa messe di informazioni inedite o rare di eccezionale interesse storico, sociale, culturale.Storia di Consalvo Uzeda di Francalanza e dell’Italia contemporanea, L’Imperio, «quel gran romanzo sociale» di cui parla a Renata, destinato a completare la trilogia costituita da L’illusione e I Vicerè. «Il libro terribile che dovrà fare l’effetto d’una bomba» rimarrà incompiuto e pubblicato postumo.L’antifemminismo della nutrita produzione di De Roberto, che ha per tema la «scienza» dell’amore dissezionato dalla fisiologia alla psicologia alla morale, appare ora ampiamente contraddetto dal carteggio con Renata.Amante appassionato, impetuoso, temerario, travolgente, Rico, per il tramite di un focoso, spregiudicato rammemorare, mira a rinnovare ebrezze amorose, quasi a viepiù tener legata la sua «femminuccia». Talora melodrammatico, enfatico fino al parossismo, alla sfacciataggine, alla violenza.Sempre più insidiato dal gravoso rapporto con la madre, De Roberto, che utilizza le lettere anche come contenitore terapeutico di malesseri, afflizioni, straniamenti, promette di scrivere un romanzo d’amore epistolare, protagonista l’amante. Ma sarà questo carteggio il romanzo da entrambi sognato.«Cosa fare delle lettere d’amore prima di morire?» si chiede De Roberto in Documenti umani. «Come rassegnarsi a distruggere con le proprie mani quei documenti in cui è la prova che si è vissuto?» e Rico non ha distrutto «quella ricchezza inestimabile» di testimonianze ma le ha gelosamente custodite perché si esaudisse la promessa fatta a Renata: un romanzo d’amore epistolare. Questo che si pubblica, il loro.