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 2023  aprile 29 Sabato calendario

Bonafede “promosso” grazie alla destra

Alfonso Bonafede, il Guardasigilli “padre” della legge Spazzacorrotti e della prescrizione che non stronca i processi, ancora una volta divide il M5S dal Pd. Giuseppe Conte lo sceglie come componente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e fa muro sul suo nome. Anche a costo di entrare in rotta col Pd e con Elly Schlein. Perché iDem di Bonafede non ne vogliono sapere. Troppo giustizialista dicono. E troppo “nemico” del Pd. Nonché padre di leggi che hanno smantellato quelle dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando. In Transatlantico si colgono mormorii di disapprovazione contro di lui anche nel centrodestra. Ma quando si vota Bonafede è eletto proprio con i loro voti. Ne raccoglie 210, meno dei 248 della leghista Carolina Lussana, ma ha sconfitto l’ostracismo del Pd.
Tra Camera e Senato, dopo due mesi di liti, si sceglie chi farà parte dei vertici del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, della Giustizia tributaria. La maggioranza decide da sola, su 12 poltrone se ne prende 9 e ne dà solo 3 all’opposizione. Schleinguida il Pd verso l’uscita dall’aula perché «non sono rispettati né i diritti delle opposizioni, né la parità di genere». Ufficialmente non si parla di Bonafede, un problema nel problema. «Noi ci rifiutiamo di votarlo», dicono i Dem. Conte li ignora e va avanti. Il suo capogruppo alla Camera Francesco Silvestri spiega che il voto è obbligato perché gli eletti «avranno funzioni di vigilanza e controllo che spettano alle opposizioni». «Dopo gli elogi a Meloni ora Conte si piglia i loro voti», sibilano nel Pd. Tra i “nemici” storici di Bonafede ecco Enrico Costa di Azione che vota scheda bianca.
E Bonafede? Lui non parla, come accade da quando non è più deputato. Certo l’altolà sul doppio mandato di Grillo non l’ha digerito e contava che il suo amico Conte avrebbe previsto una deroga. Visto che Conte deve tutto a Bonafede. Che lo manda al Consiglio di Stato, poi nel governo ombra alle politiche 2018 e infine lo propone premier nel governo gialloverde. La sua crisi politica Bonafede l’ha vissuta. Rientrata, perché «il movimento è la mia vita». Adesso reagisce su Facebook col taglio istituzionale: «È un’elezione che mi riempie di orgoglio: ricoprirò, come sempre, anche questo importante ruolo istituzionale con impegno, disciplina e onore. Ringrazio il M5s per aver proposto il mio nome e ringrazio la Camera per la fiducia che mi ha concesso». Le polemiche restano fuori della sua porta.