Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 29 Sabato calendario

Il racconto della donna stuprata alla stazione di Milano

Ore di brutalità negli stessi giardinetti in Piazza Luigi Di Savoia, a Milano, che dovrebbero vedere i bambini giocare tra scivoli e altalene e che invece, di giorno come di notte, sono ritrovo di sbandati d’ogni risma e nazionalità. Qui, alle 2.30 di giovedì, una donna marocchina di 36 anni ha subìto la prima violenza da parte di un connazionale incontrato per caso. Ed è da qui che comincia il suo drammatico racconto.
La Polizia ferroviaria raccoglie con delicatezza e cura i ricordi della vittima ancora sotto choc a meno di dieci ore dallo stupro. È un atto indispensabile per le indagini del pubblico ministero Alessia Menegazzo che in poche ore arrivano all’identificazione e all’arresto del violentatore, risultato reso possibile dal protocollo del Codice rosso per la tutele delle vittime perfezionato nel dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Letizia Mannella.
La donna racconta di essere arrivata a Milano dieci giorni prima dalla Norvegia, dove vive la sua famiglia, di essere stata ospite di amici. Gli stessi che nella tarda serata di mercoledì non hanno avuto scrupoli a lasciarla sola in stazione in attesa che partisse il treno delle 6 per Parigi. «In Francia vive mio zio che mi avrebbe aiutata a rientrare in Marocco», dichiara a verbale. Non immagina che all’1.30 la stazione chiude. Esce e si ferma in Piazza Luigi di Savoia, a destra del complesso ferroviario. «Alle 2.30 sono stata avvicinata da un mio connazionale (...) con lui ho conversato per alcuni minuti e gli ho confidato che mi sarei recata in Francia». L’uomo, Fadil M., non si lascia sfuggire l’occasione per infonderle sicurezza e tendere la sua trappola. «Mi ha risposto che anche lui sarebbe andato in Francia». Quella che fino ad allora sembrava un’amichevole conversazione si trasforma nell’inizio di un incubo: «Mi ha afferrato la mano destra e mi ha trascinato nei giardinetti». Il resto sono i particolari orribili della prima delle violenze che si protrarrà per mezz’ora fino a quando lei sviene. A farla tornare all’inferno ci pensa il connazionale tentando di violentarla di nuovo, «senza riuscirci perché opponevo resistenza». Non è finita. Le telecamere di sorveglianza alle 5.07,10 riprendono l’uomo che la trascina per mano e, 17 secondi dopo, i due di fronte agli ascensori al piano terra. «Mi ha portata dentro la stazione e, giunti nell’atrio adiacente all’ascensore, sul lato destro, mi ha aggredito nuovamente cercando di baciarmi sulla bocca e sul collo e di avere un atto sessuale con me». Tenta di divincolarsi con la forza della disperazione, lui la doma con «due calci al fianco sinistro» e la tira «dentro l’ascensore cercando ancora di forzarmi ad avere un rapporto sessuale». Una bestia inferocita e senza pietà.
La 36 enne tenta di trovare aiuto facendo l’unica cosa che in quella prigione di metallo aveva senso fare: cerca di suonare l’allarme, ma non ci riesce. Lui la blocca: «Mi ha colpito con una testata al naso e ha sferrato schiaffi facendomi cadere», racconta tra le lacrime. La telecamera dentro la cabina registra tutto confermando ogni singolo particolare delle botte e delle umiliazioni che la donna riferisce e fornisce elementi decisivi che porteranno al fermo del marocchino. «Iniziavo ad urlare e a piangere», racconta ancora dicendo che, non sa bene come, ma qualcuno è venuto a soccorrerla.
In realtà, le immagini collocano in questo momento il tentativo di violenza che lei dice di aver subito nell’atrio prima di essere trascinata nell’ascensore, lo choc può tradire la memoria. Ora il 26 enne decide di scappare e finalmente c’è chi si accorge di quella donna che sta a terra come un cencio, e chiama la Polizia.