La Stampa, 27 aprile 2023
Trombati e riciclati, scontro in Parlamento sull’elezione dei Consigli giudiziari
L’elezione da parte del Parlamento dei componenti laici degli organi di garanzia delle supreme magistrature (amministrativa, contabile e tributaria) si sta trasformando in un assalto alla diligenza. Gli ex parlamentari non rieletti cercano la ricollocazione istituzionale. E la maggioranza prova il colpo di mano occupando 9 caselle su 12.
Dopo numerosi rinvii per mancanza di accordo tra i partiti, il Parlamento è riconvocato per eleggere i dodici membri laici dei Consigli di presidenza della giustizia amministrativa (Tar e Consigli di Stato), contabile (Corte dei conti), e tributaria. Come il Csm per i giudici ordinari, si tratta di organi di grande rilevanza istituzionale, a composizione mista: in maggioranza sono formati da magistrati eletti dagli stessi colleghi, con una quota minoritaria di componenti eletti dal Parlamento. Questi ultimi sono scelti tra avvocati e docenti universitari di materie giuridiche. Questi organi hanno competenze organizzative e disciplinari.
Trattandosi di organi di garanzia, per prassi i componenti laici vengono concordati dalle forze politiche, secondo criteri di rappresentanza pluralistica ed equilibrata. Ma da mesi l’elezione viene bloccata perché il centrodestra pretende 9 posti sui 12 disponibili, ovvero il 75%. Una percentuale superiore non solo al peso elettorale registrato nelle urne a settembre (quando il centrodestra ha ottenuto il 44% dei voti) ma anche a quello parlamentare, pur gonfiato dal sistema maggioritario (il centrodestra ha il 60% dei seggi).
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La questione è stata posta in questi termini alle alte cariche istituzionali dal Pd, che per tenere il punto sarebbe anche disposto a non partecipare al voto, rinunciando a esprimere un suo candidato. Ma la stessa opposizione è divisa. Il Movimento 5 Stelle è disposto ad accettare la ripartizione 9-3, purché tra i 3 membri lasciati all’opposizione ci sia Alfonso Bonafede, ex deputato per due legislature, ex ministro della Giustizia nei due governi Conte, di cui è braccio destro. Anche il Terzo Polo è d’accordo, perché il centrodestra garantirebbe l’elezione di un suo esponente, che toccherebbe ad Azione poiché al Csm è stato eletto il renziano Ernesto Carbone. Dunque il quorum di validità del voto (maggioranza assoluta) non sarebbe messo in discussione dall’Aventino del Pd.
Forza Italia spinge per la giustizia amministrativa Alessio Lanzi, docente universitario milanese e avvocato penalista (anche di Berlusconi, in passato), che dal 2018 al 2022 è stato membro laico del Csm. Secondo l’agenzia Ansa, quello di Bonafede non sarebbe l’unico nome “riciclato” da precedenti esperienze parlamentari. Carolina Lussana, avvocato ed ex parlamentare della Lega, sarebbe tra i papabili. Noi Moderati, che negli accordi interni alla maggioranza avrebbe diritto a uno dei 9 posti, avrebbe proposto in prima battuta il marito della Lussana, Pino Galati. Avvocato calabrese, ex deputato per sei legislature (Forza Italia, Udc, Ala, Noi con l’Italia) e sottosegretario nei governi Berlusconi, Galati nel 2020 è stato rinviato a giudizio a Catanzaro per abuso di ufficio, falso ideologica e peculato in un’inchiesta su malversazione su fondi europei. Alle ultime elezioni, candidato nel collegio di Carpi, non è riuscito a entrare alla Camera e ha presentato ricorso alla Giunta per le Elezioni. Ma un’altra componente del piccolo partito Noi Moderati, proveniente dall’Udc, sostiene invece Ciro Falanga, anch’egli avvocato ed ex senatore (Forza Italia, Ala, poi Udc).