La Stampa, 27 aprile 2023
I redditi degli italiani sempre più diseguali
Nell’Italia post-Covid i redditi stanno tornando a divaricarsi, fra il Nord avvantaggiato e il Sud che si sviluppa più lentamente. In un certo senso si tratta di un fatto fisiologico, o almeno c’è una logica dietro, ma in prospettiva strategica è una grave distorsione. Nella fase acuta del Covid tutte le Regioni italiane hanno visto il loro reddito pro-capite ridursi, però in quelle del Mezzogiorno la discesa è stata un po’ meno forte, perché al Sud è più alta la quota di stipendi pubblici, indipendenti dalla congiuntura. Adesso che c’è la ripresa, in maniera speculare, il Nord recupera più velocemente; ma a questo l’Italia non si dovrebbe rassegnare, perché la politica economica post-pandemica, non solo in una cornice nazionale ma anche in quella europea promossa dal Pnrr, dovrebbe tendere a ridurre le distanze regionali, non ad aumentarle, e neanche a ripristinare il divario preesistente. Di fatto però la forbice torna ad allargarsi.
I dati arrivano dal Dipartimento delle Finanze del ministero del Tesoro e si basano sulle dichiarazioni dei redditi del 2021 (le più recenti disponibili) paragonate a quelle del 2020. La Lombardia si conferma essere la Regione più ricca d’Italia con 26.620 euro pro-capite e come se non bastasse registra il record di crescita con un +5,1% nominale, che pur se depurato dal tasso d’inflazione dell’anno di riferimento resta il più alto del Paese con il + 3,4% reale. Nella crescita annuale del reddito la Lombardia viene tallonata in classifica da altre Regioni del Centro Nord: la Liguria (+4,9% nominale e +3,2% reale), la Toscana (+4,8% e +3,2%), il Veneto e le Marche (ex aequo con +4,8% e +3,1%), l’Emilia Romagna (+4,7% e +3,0%), il Piemonte (+4,6% e +2,9%) eccetera. Invece al Sud l’Abruzzo fa +3,9% reale (+2,3% nominale), la Sardegna +4,0% (+2,4%), la Sicilia +4,1% (+2,5%). Comunque le differenze non sono abissali, anche perché a scompaginare un po’ le carte provvedono due ricche zone del Nord con crescita dei redditi pro-capite bassissima (Val d’Aosta +3,0% e +1,3% e Provincia autonoma di Bolzano +3,7% e +2,0%); inoltre si piazzano sorprendentemente male due Regioni del Centro, cioè il Lazio (+3,8% e +2,2%) e l’Umbria che risulta la peggiore d’Italia nel recupero reddituale post-Covid con un +1,4% nominale che si traduce addirittura (caso unico) in una crescita reale negativa dello 0,2%.
Il ruolo della Lombardia come locomotiva economica d’Italia è confermato dal fatto che nell’incremento del reddito pro-capite nominale per Comuni questa Regione conquista tre posti fra le nove città che crescono oltre il 6%: si tratta di Bergamo (+6,8%), Como (+6,4%) e Milano (+6,1%) che prevale fra le grandi città, surclassando Roma, Torino, Napoli, Genova e le altre big; tuttavia il primo posto in assoluto con un +7,3% spetta a un Comune pugliese, Altamura, che fa parte della città metropolitana di Bari, inoltre la stessa Puglia piazza fra le prime nove anche Andria (+6,5%) e Barletta (+6,0%). Poi c’è il +6,7% di Rimini in Emilia Romagna, il +6,6% di Olbia in Sardegna e il +6, 1% di Pesaro nelle Marche, alla pari con Milano. In fondo alla classifica si trova invece Foligno (+0,3%) in Umbria. Va però sottolineato che la classifica fra Comuni, rispetto a quella fra Regioni (che è oggettiva), contiene un margine di arbitrarietà: mette a confronto le 100 città italiane col maggior numero di contribuenti, le più rappresentative, trascurando le altre, inclusi i piccoli Comuni fra cui si possono trovare risultati più eclatanti ma poco significativi.
Infine c’è da temere che il prossimo anno quando si farà il confronto fra i redditi del 2022 e del 2021 la polarizzazione fra il Nord e il Sud risulti più accentuata, in un quadro generale di crescita del prodotto lodo che nel frattempo si è fatta più anemica.