Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 27 Giovedì calendario

La seconda vita di Jacinda Ardern

Tre mesi fa, dopo che ha lasciato anzitempo il suo posto da premier a 42 anni, si è fatto un gran parlare delle «grandi dimissioni» di Jacinda Ardern e della sua «grande lezione» andata oltre i confini della Nuova Zelanda: ritirarsi non è per forza sinonimo di sconfitta. Il suo passo indietro – non forzato da una crisi di governo né da uno scandalo – l’ha imposta al mondo come modello di un’altra idea di potere, con la politica come servizio. «Me ne vado perché a un ruolo così privilegiato è legata una grande responsabilità», sono state le sue parole per spiegare una decisione indotta da un motivo semplice quanto rivoluzionario: «Non ho più abbastanza energia».
Come dire, nuove sfide richiedono nuove energie. E magari nuovi inizi. In quest’ottica va inquadrato l’annuncio fatto ieri da Ardern su Instagram ai suoi 1,7 milioni di follower: si trasferirà da Auckland a Boston, in Massachusetts, per fare la ricercatrice all’Università di Harvard, che le ha assegnato una doppia borsa di studio. Per un semestre salirà in cattedra, terrà incontri e farà ricerca su tre questioni a lei familiari: la leadership (inevitabile a questo punto un nuovo capitolo sulla capacità di dimettersi), l’uso dell’intelligenza artificiale nel processo decisionale politico e il radicalismo online. Un ambito, quest’ultimo, su cui Ardern è impegnata da tempo attraverso il Christchurch Call, nato dalla collaborazione tra istituzioni e compagnie tecnologiche, per prevenire la diffusione di contenuti estremisti online, dopo gli attacchi terroristici che nel 2019 provocarono 50 vittime in due moschee neozelandesi. «Harvard è stata un partner importante nel lavoro di Christchurch Call – ha ricordato la ex premier – e il mio semestre lì sarà anche un’opportunità per accettare la prima borsa di studio in leadership nella governance tecnologica, al Berkman Klein Center (centro di ricerca dell’università di Harvard, ndr). E per lavorare sulle sfide legate alla crescita degli strumenti di intelligenza artificiale generativa».
Jacinda di nuovo apripista: è raro che un capo di governo riesca a immergersi in una questione di politica digitale così complessa, in rapida evoluzione e sempre più pervasiva. «L’esperienza conquistata da Ardern sarà preziosa per la ricerca di soluzioni ad alcuni dei problemi online più profondi», prevede il cofondatore Jonathan Zittrain. Elogi anche dal preside della Harvard Kennedy School: «Ha mostrato al mondo una leadership politica forte ed empatica», ha dichiarato Douglas Elmendorf. «Porterà importanti spunti di riflessione per i nostri studenti e conversazioni vitali sulle scelte di politica pubblica che i leader devono affrontare a tutti i livelli».
Icona globale della sinistra e fonte di ispirazione per le donne, Ardern aveva appena 37 anni quando è diventata premier nel 2017. Poi, lo scorso gennaio, dopo 5 anni e mezzo di governo – definiti «i più appaganti della mia vita» —, l’annuncio choc delle dimissioni. Ora una ripartenza, prevista in autunno. Ardern sarà fuori dal Paese durante le elezioni, a ottobre. Con una promessa: «Tornerò alla fine delle borse di studio. Dopo tutto, la Nuova Zelanda è casa!». Un addio al potere che non esclude dunque un arrivederci. Nel caso, più carica e preparata che mai.