il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2023
Il 1° Maggio non abita più qui
Sono passatioltre 130 anni da quando al congresso della Seconda internazionale a Parigi si decise di convocare una grande manifestazione per chiedere la riduzione della giornata lavorativa il 1° maggio, data in cui tre anni prima, nel 1886, era iniziato uno sciopero con la stessa piattaforma: una mobilitazione conclusasi tre giorni dopo con la polizia che sparava sul presidio operaio di Haymarket Square, a Chicago. Di anni ne sono passati 76 da quando il 1° maggio è diventato festa nazionale in Italia, dopo che il fascismo ne aveva abolito le celebrazioni nel 1923. Sono 33 anni, poi, che i tre sindacati confederali organizzano il concerto in piazza San Giovanni, a Roma, un happening televisivo che conserva legami imprecisati con la festa del lavoro. Ieri, presentandolo ai media, il direttore dell’Intrattenimento Prime Time Rai (sic) Stefano Coletta l’ha definito un “evento” che “come tutti gli eventi è come una soap opera” (sic), seppur virato seppia da “l’impegno sociale molto forte su temi importanti” (sic). Insomma, “non a caso c’è Ambra in conduzione” (?). A Palazzo Chigi in conduzione c’è invece Giorgia, che il 1° maggio ha convocato un Consiglio dei ministri per ridurre i sussidi contro la povertà e allargare le maglie del precariato, forse per rinverdire i fasti del 1923 o perché gliel’ha detto lo spirito di Megghi Tàccere. Quel giorno i leader di Cgil, Cisl e Uil saranno a Potenza e ieri in conferenza stampa hanno spiegato di essere “molto preoccupati” per “provvedimenti che vanno nella direzione sbagliata” (Landini) e di ritenere “un metodo inaccettabile” (Sbarra) quello del governo che non li convoca prima di fare come gli pare. I confederali hanno dedicato il 1° maggio di quest’anno ai 75 anni della Costituzione, si presume in articulo mortis: “I temi che poniamo sono costituzionali perché, citando Pertini, la Costituzione è un gran bel documento, ma va messa in pratica affinché non sia solo inchiostro sulla carta” (Bombardieri). Per gli anni passati, direbbe Meloni, evidentemente a Cgil, Cisl e Uil per la messa in pratica “mancò la fortuna, non il valore”. Vabbè, ci riproveranno l’anno prossimo, sperando che Giorgia li convochi al tavolo: a tavola, si sa, ci si capisce meglio e il 1° maggio è pure festa…