la Repubblica, 27 aprile 2023
Su "La pace al primo posto. Scritti e discorsi di politica internazionale (1972-1984)" di Enrico Berlinguer (Donzelli)
Il mondo di oggi è più unito che nel passato, per alcuni tratti di fondo — di vita e di morte — che sono comuni a tutti i paesi e all’intera umanità. Il mondo di oggi, inoltre, è più unito per i nuovi legami di interdipendenza e reciproca influenza: nei campi dell’economia, delle ricerche e conquiste scientifiche, energetiche e spaziali, e della medicina; nel campo dell’informazione, assurta a così nuova e decisiva importanza; nel campo del costume», un passaggio della relazione che Enrico Berlinguer tiene al XV Congresso del Partito comunista italiano, nel 1979. Uno sguardo sul mondo che cambia e sulle strettoie costituite dal condizionamento della guerra fredda. L’interdipendenza globale rappresenta la novità più significativa di un tornante potenzialmente inedito per scenari, possibilità, potenzialità e limiti. Quella stessa connessione diffusa e veloce può portare verso «la terribile e spaventosa novità» di un’autodistruzione di massa, una spaventosa deriva in grado di condurre il genere umano verso strade senza ritorno. Ed è in questo quadro che la pace diventa una ricerca continua, un bene prezioso da difendere e conquistare. Un filo di lungo periodo che attraversa la riflessione di Berlinguer e che si intensifica nell’ultima fase della sua segreteria, tra la fine degli anni settanta e il 1984. Un volume in uscita raccoglie una significativa selezione di interventi di varia natura segnati dal prevalere della dimensione globale nell’analisi e nelle proposte del leader comunista (E. Berlinguer, La pace al primo posto. Scritti e discorsi di politica internazionale (1972-1984), a cura di Alexander Höbel, Donzelli). Pur in presenza di temi e questioni che abbracciano oltre un decennio la centralità della pace forma progressivamente un nucleo più forte, qualificante, in una certa misura una lente che evidenzia contraddizioni e lacerazioni nel tessuto della sinistra italiana e nelle categorie prevalenti del confronto internazionale nel mondo comunista. La storiografia negli ultimi decenni ha insistito sulla funzione di cerniera di una biografia a cavallo tra l’esaurirsi di un mondo di certezze stratificate e l’emergere in modo imprevedibile di realtà in trasformazione. Quella dimensione globale dei processi storici avrebbe contribuito in maniera decisiva alla crisi del comunismo, alla sua irriformabilità, alla messa in evidenza di limiti e contraddizioni che sarebbero esplosi alla fine del decennio, tra il 1989 e il 1992. Berlinguer testimone e partecipe di una condizione peculiare, quella di chi considera con grande curiosità i segnali del nuovo mondo a partire dai rapporti Nord Sud per arrivare alle considerazioni sul ruolo dell’Europa e sulla centralità delle politiche di distensione e disarmo. Gli appelli per la pace, da Assisi dalle colonne di giornali o periodici o nel quadro di convegni o congressi lanciano un grido di allarme sullo stato del pianeta, sulle responsabilità individuali e collettive, sul ruolo che la politica potrebbe svolgere in ottica preventiva. «In tale prospettiva si colloca la nostra battaglia per una trasformazione in senso democratico dell’Europa della Cee, affinché essa possa assolvere una funzione positiva sulla via della pacifica coesistenza e cooperazione e del superamento dei blocchi. La prospettiva, anche per l’Europa della Cee, deve essere quella della coesistenza pacifica, della organizzazione di una vasta cooperazione internazionale, del compiuto superamento dei blocchi militari: che è pure la condizione perché si ricomponga e si esprima la vera Europa, l’Europa tutta intera, la quale, non solo geograficamente, ma anche storicamente, economicamente e culturalmente, va dall’Atlantico agli Urali». Contraddizioni laceranti e insanabili tra lo spazio di nuove sollecitazioni e il peso della contrapposizione bipolare. Molte riflessioni appaiono sospese in una dimensione senza tempo, ci interrogano a distanza di decenni, mostrano una serie di possibilità non colte, di occasioni mancate. La spinta a una crescente globalizzazione dei processi storici torna con insistenza come cifra delle analisi. Gli esempi sono molteplici scorrendo le pagine del volume tra celebri interventi e occasioni marginali: «In sostanza, è venuto avanti un processo tra i più sconvolgenti nell’intera storia dell’umanità. Con esso, finalmente, la storia si avvia ad essere storia mondiale, in quanto in essa entrano come soggetti e protagonisti i popoli di ogni continente». La distanza dalle riflessioni di Berlinguer rimane come un dato storico ben oltre il tempo che ci separa dagli eventi: un mondo sepolto con la fine della guerra fredda che non si conclude con la fine del comunismo, non appare figlio dello schema di un secolo breve, di un nuovo inizio rassicurante e ordinato. Al contrario molte delle questioni che emergono dagli sguardi preoccupati sull’orizzonte inquieto e sconosciuto attraversano gli anni e i decenni successivi fino a imbattersi nelle difficoltà e negli interrogativi contemporanei.