il Fatto Quotidiano, 26 aprile 2023
Il socialismo di Lula&C. che l’occidente ignora
Appena diventato presidente operativo e operante del Brasile il 1° gennaio scorso, scalzando Bolsonaro, Lula ha messo subito le mani avanti: “Non daremo armi all’Ucraina”. Perciò è stato immediatamente bandito dalla comunità internazionale e considerato un appestato. Quando nei media e fra i politici si parla di “comunità internazionale” riferendosi così a tutto il mondo, ci si dimentica che di questa comunità fanno parte anche la Russia, l’India, la Cina e gran parte del mondo sudamericano, non solo gli Stati Uniti, il Canada e l’Unione europea.
Dopo una breve visita di parata a New York (l’“amico americano” va comunque tenuto buono benché, in realtà, sia nemico non solo del Brasile diretto da Lula, ma di tutti i Paesi che sotto la guida del venezuelano Chávez hanno intrapreso la via del cosiddetto “socialismo bolivariano”), Lula ha aggravato la propria posizione agli occhi della “comunità internazionale”, come viene comunemente intesa, andando a far visita una decina di giorni fa a Xi Jinping mentre il ministro degli Esteri russo Lavrov andava contemporaneamente a Brasilia. Fra i progetti sino-brasiliani c’è quello che gli scambi tra i due Paesi avvengano in moneta cinese (yuan) e non in dollari, insieme a molti altri, tutti ostili agli Stati Uniti. Il concetto di “comunità internazionale” sembra significare, lessicalmente, il mondo intero, così lo si intende quando si scrive o si dice “la comunità internazionale condanna”, “la comunità internazionale approva” e così via, dimenticando che di questa supposta “comunità internazionale” non fanno parte la Russia, l’India, la Cina e buona parte della grande realtà sudamericana. Ne fanno parte Stati Uniti, Canada, Unione europea, punto e basta.
Gli europei, con gli Stati Uniti, sono troppo concentrati su se stessi e non vedono le realtà di altre culture e di altri popoli che non sono inseriti nel “totalitarismo democratico” e non si rendono conto che modificazioni in questo mondo “altro” possono avere e hanno un impatto, esso sì, globale. Prendiamo la posizione di Lula sulla foresta amazzonica, almeno di quella foresta amazzonica che fa parte del Brasile, e quella di Bolsonaro. Bolsonaro aveva disboscato circa un terzo di questa foresta a favore dei garimpeiros e delle grandi fazenda. Questa dovrebbe essere una questione, anzi un dramma, che riguarda tutti i Paesi del mondo perché la foresta amazzonica è un polmone indispensabile oltre a essere un crogiuolo di biodiversità sia nell’universo umano sia animale che vegetale. Nelle intenzioni di Lula c’è di dare uno stop a questo disboscamento e di ingaggiare battaglia contro i garimpeiros anche se questo provoca poi ulteriori problemi perché i garimpeiros non sono tutti delinquenti e hanno anch’essi il diritto di vivere. Se si ignora l’Amazzonia è poi inutile fare grandi progetti di “transizione ecologica” che per ora si limita alle truffe del “green” e del “bio”, brand concettuali di cui si sono subito appropriati gli imprenditori internazionali, cioè i veri inquinatori.
Lula si inserisce nel grande progetto del “socialismo bolivariano” (dal venezuelano Simon Bolivar che ai primi dell’Ottocento aveva immaginato una “Grande Colombia” che unisse tutti, o gran parte, dei Paesi latinoamericani). A questo progetto aderiscono attualmente Bolivia, Venezuela, Nicaragua, Cuba mentre simpatizzano l’Argentina, Colombia, Perù, Messico. Ovviamente Brasile e Argentina per le loro dimensioni devono essere più cauti nei confronti dell’“amico americano”, mentre, per esempio, in Nicaragua gli ambasciatori yankee, gli odiati gringos, vengono cacciati a pedate nel sedere.
Che cos’è il “socialismo bolivariano”? Facciamolo dire dalla deputata venezuelana Tania Díaz, che così si è espressa per la casa editrice italiana Mimesis: “Stiamo soppiantando il concetto di democrazia rappresentativa, in cui il popolo elegge rappresentanti che governino per lui, per sostituirlo con quello di democrazia partecipativa e protagonista, che in modo non trasferibile restituisce al popolo il potere di governare, di esercitare la sovranità e lo rende padrone del proprio destino”. Inoltre, “il socialismo bolivariano” si propone di limitare, se non di eliminare, le grandi differenze sociali che caratterizzano il cosiddetto Occidente senza però negare apoditticamente la necessità dello Sviluppo. Vasto programma avrebbe detto cinicamente De Gaulle. Però noi crediamo che sarebbe bene che i cosiddetti occidentali invece di continuare a guardare ossessivamente il proprio ombelico dessero un’occhiata anche a quello che succede in “altri mondi”, che non sono metafisici o iperuranici, ma operano qui su quella Terra che dovrebbe essere di tutti.