Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 25 Martedì calendario

Se Tunisi crolla siamo fregati

La Tunisia chiama e l’Italia risponde con 100 milioni di euro. Sono i fondi impegnati dal governo per un ’primo soccorso’ ad un paese che rischia il dafault. L’annuncio del ministro degli esteri, Antonio Tajani, al Consiglio Affari esteri in Lussemburgo, rappresenta di fatto la prima mossa europea verso un paese che, da emblema della primavera araba, si sta caratterizzando per una diffusa instabilità e sta attraversando una fase molto critica, con la previsione di un possibile collasso economico e sociale.
«Stiamo lavorando per far sì che ci sia maggiore flessibilità e disponibilità da parte delle istituzioni», ha assicurato Tajani, spiegando che «è necessario erogare gli aiuti e, contemporaneamente, spingere perché nel Paese si facciano le giuste riforme, quindi cominciare con il finanziamento, aspettare le riforme e poi continuare con i finanziamenti», aggiungendo che la metà di quei 100 milioni verranno destinati alle piccole e medie imprese, e l’alta metà per acquistare prodotti italiani.
In sostanza si inizia così a distendere pragmaticamente il Piano Mattei del governo Meloni dopo che l’arresto su ordine della procura antiterrorismo del leader del partito islamico tunisino Ennhahda, Rached Ghannouchi, ha accelerato una crisi che rischia di diventare anche politica. Andrà ora verificato quale sarà la reazione delle maggiori istituzioni che stanno dialogando con il governo di Tunisi alle decisioni del governo Saied, che potrebbero pregiudicare lo status di paese più democratico del nordafrica. Da settimane si discute sulla possibilità che la Commissione Europea approvi un pacchetto di assistenza finanziaria parallela all’accordo con il Fmi, che a sua volta deve decidere sulla tranche di prestiti indispensabile per evitare un crack che non sarebbe solo finanziario, ma fisiologicamente anche sociale e migratorio.
Palazzo Chigi considera Tunisi un Paese chiave per la stabilità della macro area a cavallo tra Mediterraneo e Nordafrica, non solo per il dossier energetico che investe anche la vicina Algeria e la Libia, ma perché come più volte sottolineato dal premier Giorgia Meloni un’Africa più stabile e prospera riduce i viaggi della speranza e, quindi, le potenziali vittime.
Proprio alla voce migranti la Guardia costiera tunisina prosegue nella sua attività di pattugliamento e di prevenzione delle migrazioni illegali e ha recuperato 773 migranti irregolari in 39 tentativi di salpare illegalmente due notti fa a Sfax, Kerkennah e Mahdia, nel centro del Paese.
Dai dati diffui dal Viminale emerge che dall’inizio dell’anno fino al 21 aprile scorso sono sbarcati 35.085 migranti, rispetto ai soli 8.669 giunti nello stesso periodo del 2022. Al primo posto degli sbarchi in Italia c’è la Costa d’Avorio con 5.749 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con oltre 1.500 arrivi tramite la rotta libica, mentre i numeri di tunisini arrivati finora in Italia sono raddoppiati nell’arco di dodici mesi appena, senza dimenticare il rischio di infiltrazioni terroristiche che non è mai cessato.
Ma non è tutto perché, come anche il caso Sudan dimostra ampiamente, i riverberi geopolitici delle singole crisi sono altrettanto significativi e investono le mire di soggetti esterni: è il caso della brigata paramilitare Wagner che, da anni, è presente in centrafrica al fine di sostenere (o contrastare) i golpe militari, in modo da avare poi accesso diretto alle risorse minerarie. Tutte dinamiche che poi si distendono plasticamente innescando esodi biblici.
Per questa ragione, e grazie alle ramificazioni del Piano Mattei, l’Italia può avere finalmente un ruolo attivo in un’interlocuzione complessiva con i paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo.