ItaliaOggi, 25 aprile 2023
La profonda crisi della stampa tedesca
Noi giornalisti dovremmo capire che non facciamo notizia, se non in casi molto rari. Se un inviato in guerra, cade vittima del suo coraggio, o viene rapito, o un cronista osa sfidare la mafia e viene ucciso. Casi tragici. I pettegolezzi del mestiere non interessano i lettori. È un cattivo segno quando la stampa parla di se stessa, come avviene in Germania, negli ultimi giorni. Sospetto che sia frutto del nervosismo che serpeggia nell’ambiente a causa della crisi che non risparmia l’informazione.
La Germania è rimasta a lungo un’oasi felice per giornali e per libri. Al contrario di quanto avviene ovunque, i tedeschi continuano a leggere. Ma anche loro sempre meno, mentre aumentano i costi di produzione, le copie diminuiscono sia pure con lentezza, i lettori perduti non si recuperano, e cala di conseguenza anche la pubblicità.
L’ultimo numero di Der Spiegel ha in copertina un volto sconosciuto, quello di Benjamin von Stuckrad-Barre, 48 anni, autore di un romanzo Noch wach?, ancora sveglio, che racconta gli intrighi, in gran parte sessuali, nella Springer Verlag, il Me too, alla tedesca. Fatti realmente accaduti, e romanzati:. Julian Reichert, 42 anni, direttore della popolare Bild Zeitung avrebbe infastidito alcune sue giornaliste, ed è stato costretto anni fa a dimettersi. Il tema è stuzzicante, ma temo che non faccia vendere molte copie in più al settimanale di Amburgo. Benjamin è giornalista, ha lavorato per la Springer (16mila dipendenti, fatturato oltre i 3 miliardi di euro), ed era un amico intimo di Mathias Döpfner, 60 anni, il grande capo del gruppo.
È l’ultimo atto di una guerriglia tra testate cominciata a metà aprile. Il settimanale Die Zeit, diretto da Giovanni Di Lorenzo, italiano e tedesco, ha aperto le ostilità pubblicando le mail private di Mathias Döüfner, risalenti al 2019, in cui esprime giudizi inopportuni sui tedeschi dell’Est, tutti fascisti o comunisti, e ha difeso il suo direttore Reichert. Inoltre, vorrebbe imporre le sue scelte ai direttori della Bild, e della Welt, altro storico quotidiano del gruppo.
Si sono risentiti solo all’Est, ma Döpfner non ha mai nascosto quel che pensa. Si è limitato a rispondere che è semplicemente deluso dal fatto che oltre 30 anni dopo la riunificazione, nella scomparsa Ddr, abbia successo l’AfD, il partito dell’estrema destra. Lo ha difeso a sorpresa Der Spiegel, liberale alla tedesca, cioè aperto ai problemi sociali, e anche i due più importanti quotidiani nazionali, la Süddeutsche Zeitung e la Frankfurter Allgemeine, entrambi su una linea meno conservatrice del gruppo Springer. Döpfner, scrivono, è l’editore ed ha il diritto di guidare i suoi giornali, non si dovrebbero pubblicare mail private.
La Bild vende un milione e 58mila copie, sempre il più diffuso quotidiano in Europa, ma è lontano dal record di 4,5 milioni di vent’anni fa. Tuttavia, lo leggono tutti i politici, per capire cosa pensano i tedeschi. Helmut Kohl, sosteneva di non leggerlo, ma si faceva mandare via fax alla sera le pagine del giorno dopo. Die Welt è sceso a 88mila copie, un terzo rispetto al suo record. La Frankfurter è a 189mila copie, la metà rispetto al passato, la Süddeutsche è a 298mila, livello invidiabile, ma perde il 3% all’anno. Der Spiegel è calato a 700mila copie, anni fa ne vendeva un milione e 100mila. L’unico stabile è Die Zeit, oltre le 600mila copie, fedele alla tradizione esce ancora nel formato del vecchio Espresso.
Il fatturato della stampa è stato l’anno scorso di 19,3 miliardi di euro, quasi pari a quello del ’21 (19,4 mld), ma non si conoscono i dati sul profitto. La pubblicità scende del 3% o 4%. Il prezzo della carta è salito del 200%. In Germania non esistono aiuti alla stampa, Philipp Welte, presidente dell’associazione editori, ha denunciato che nel 2024, un terzo delle pubblicazioni sarà in pericolo. Il governo è diviso su un intervento di 220 milioni di euro per i costi di distribuzione, ma vorrebbe escludere non si sa perché le riviste. Un problema anche per colpa della posta: in passato quotidiani e settimanali, cui ero abbonato, alle 5 del mattino mi arrivavano a casa. Oggi sono costretto a leggerli online.