Corriere della Sera, 25 aprile 2023
Allegri, reale e virtuale
TORINO Tra classifica «virtuale» prima e «reale» dopo, e fra un mese chissà, la Juve sembra finita dentro uno spot di Mister Facebook: «Il Metaverso è uno spazio virtuale, ma il suo impatto sarà reale». Seriamente reale, tentando di non fare andare in crash squadra e spogliatoio, come da sfogo di Massimiliano Allegri, l’altra sera, dopo la sconfitta con il Napoli: «La gente non sa proprio niente, parla per sentito dire. Questa è stata una stagione surreale». Da saga di Matrix: tra infortuni seriali – «ho una squadra virtuale», altro suo copyright – inchiesta penale, dimissioni del cda, processi sportivi, punti sequestrati e poi ridati. Con la condizionale di un Appello bis, e il rischio di un replay, per le manovre stipendi.
È così che Allegri s’è fatto allenatore, terapista, manager, front man. Un uomo solo al comando. «Lui è il nostro psicologo», disse Szczesny, già nel mezzo della tempesta. Dentro la quale altri sarebbero andati a picco, con tutto l’equipaggio: «Restiamo sereni e tranquilli, tornando a sorridere. Quest’annata ci farà crescere e la prossima stagione saremo di nuovo lì, a combattere per vincere il campionato». Detto sempre l’altra sera, dopo aver squarciato il mondo «surreale».
Del resto, la prima regola è non complicarsi la vita, come il titolo che griffò il suo libro: «È molto semplice». Lo sarebbe stato pure con il Napoli: «Al 93’ dovevamo difendere in area, è semplice». Anche se poi la chiave della filosofia allegriana stava nell’incipit: «La vita e il calcio sono simili: è tutta una questione di equilibrio». Pochi decolli pindarici, ancor meno picchiate depressive. Aveva ritrovato il sorriso pure dopo il gol di Raspadori, e una sfida spigolosa: «Sono molto fiducioso, non era facile stare quattro mesi in quelle condizioni, trovare le energie e la concentrazione per fare risultati». In bilico tra il «virtuale» e il «reale», tra partite sul prato e altre in tribunale.
L’analisi della sfida contro il Napoli come un’espressione algebrica alle medie, da ridurre ai minimi termini: «Mi spiace, perché dopo il gol di Di Maria (annullato, ndr), la gara doveva finire 0-0». Questi però, mica sono stati solo mesi di pallone, anzi: di giocatori impauriti per un ipotetico rischio squalifica e di dirigenti spariti, tra fine contratto (Fabio Paratici), squalifiche (Federico Cherubini), dimissioni (Andrea Agnelli e Pavel Nedved). Tutte persone che, per lunga militanza e mestiere, annodavano chiacchiere con la squadra e, soprattutto, si facevano ascoltare. Invece, da un giorno all’altro, Allegri s’è ritrovato Giovanni Soldini: in navigazione solitaria. Le teste sono ben più complicate delle lavagne. Basti il racconto di Paul Pogba alla polizia francese, pur per altre sventure, la presunta estorsione subita: «Una situazione che ha avuto un impatto sul mio corpo, sugli infortuni, e uno psicologico». Tutte questioni che, in un modo o nell’altro, finivano sull’agenda dell’allenatore.
Poi, certo, restano le critiche al gioco, alle formazioni: anche se, con Allegri, ogni dibattito sembra sempre finire davanti alla scelta tra estetica e pratica. Da dilemma esistenziale: la poesia ci rende il mondo sopportabile, l’ingegneria ci ha portato sulla Luna. E poi ci sono le scelte, che pure nel duello con il Napoli hanno confermato la selezione dei bersagli stagionali: Coppa Italia ed Europa League.
Ieri, intanto, la Digos di Torino ha identificato 171 tifosi bianconeri accusati di aver gridato cori razzisti contro Lukaku, durante la sfida del 4 aprile, e per questo saranno colpiti da Daspo. Mentre gli ultrà nerazzurri intonavano canti sulla tragedia dell’Heysel: e qui, più che Metaverso è tristissima realtà.