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 2023  aprile 25 Martedì calendario

Se la Cina invecchia in fretta

Può una superpotenza militare mantenere il proprio predominio globale anche se la popolazione cala? Che cosa succede quando i suoi abitanti invecchiano e gli anziani si avviano a diventare la maggioranza? Non sono domande ipotetiche: sono cose che stanno succedendo ora. La Russia si sta spopolando e la Cina sta invecchiando rapidamente, e non sono gli unici problemi demografici che stanno indebolendo queste due potenze nucleari.
Tra il 1994 e il 2021 la popolazione russa è calata di 6 milioni di unità (da 149 a 143 milioni). Secondo le Nazioni Unite, se la Federazione russa seguirà l’attuale tendenza demografica, nel 2050 la sua popolazione sarà scesa a 120 milioni.
Anche la Cina è in calo: nel 2022, per la prima volta dal 1961, il saldo demografico netto si è chiuso con il segno meno. Ma non è tutto: la popolazione cinese mediamente sta diventando più vecchia, costringendo una percentuale sempre più piccola della popolazione a lavorare per sostentare una percentuale sempre più grande di pensionati.
Queste tendenze all’invecchiamento e alla contrazione della popolazione in Cina e in Russia metteranno i due Paesi di fronte a sfide senza precedenti. Il declino demografico non minaccia soltanto la stabilità di queste superpotenze militari, ma determina carenze di manodopera e amplifica gli sconvolgimenti del mercato del lavoro. Il decremento della forza lavoro, allo stesso tempo, riduce il gettito fiscale, rendendo più complicato finanziare le pensioni e i servizi sociali essenziali.
Da questo punto di vista, la demografia può essere destabilizzante come un qualsiasi shock esterno. E un rapido incremento della popolazione può essere destabilizzante quanto un calo repentino.
L’Economist recentemente ha lanciato l’allarme sulla “tragedia demografica che sta avvenendo in Russia.
Negli ultimi tre anni il Paese ha perso circa due milioni di persone in più del previsto, a causa della guerra, della pandemia e dell’esodo. L’aspettativa di vita degli uomini russi dai 15 anni in su è calata di quasi cinque anni, arrivando allo stesso livello di Haiti”.
Com’è ovvio, la situazione demografica in Russia, che già era difficile, è peggiorata ulteriormente con la guerra in Ucraina. Secondo le agenzie di sicurezza americane ed europee, nel 2022 i soldati russi che hanno perso la vita o sono stati feriti ammontano a una cifra compresa fra 175.000 e 250.000. E bisogna aggiungere tutte le persone, fra le 500.000 e il milione, in molti casi giovani e con alto livello di istruzione, che hanno cercato rifugio all’estero. La guerra e la fuga dicapitale umano hanno quindi aggravato i problemi cronici della Russia, come l’invecchiamento, i bassi tassi di natalità e fertilità, l’elevata mortalità infantile, un sistema sanitario fragile e livelli letali di dipendenza da tabacco, alcol e droghe. Come se non bastasse, i tassi di mortalità fra il 2020 e il 2023 sono peggiorati a causa della pandemia di Covid, che secondo l’Economist è costata la vita a un numero di russi compreso fra gli 1,2 e gli 1,6 milioni.
Anche tralasciando la pandemia, la Cina deve fare i conti con un declino demografico prolungato. Nel 2022 le nascite sono state la metà di sei anni prima. In parte è per effetto del “successo” della politica del figlio unico imposta dal governo nel 1980 per limitare la crescita della popolazione. Nel 2016 le autorità hanno abbandonato questa politica, perché i leader cinesi si sono resi conto che il problema non è più l’aumento dei tassi di natalità, bensì il contrario. Gli effetti si vedono già: la popolazione in età da lavoro è in calo da otto anni e la cosa sta facendo emergere timori riguardo allo stato anemico dell’economia cinese, che nel 2022 ha registrato il tasso di crescita più basso dal 1976.
Il governo di Pechino in questo momento vede la crescita e il ricambio della popolazione come mezzi importanti per stimolare l’economia. Per promuovere questi obiettivi, ha creato incentivi di ogni sorta per incoraggiate le nascite, come esborsi in denaro, agevolazioni fiscali e lunghi periodi di congedi di maternità (ma anche di paternità).
Sfortunatamente, l’esperienza dimostra che i tentativi di spingere in alto il tasso di natalità attraverso incentivi statali raramente funzionano. Le forze culturali, sociali ed economiche che limitano l’interesse dei cinesi a sposarsi e fare figli sono molto più potenti. Nel 2022, per esempio, il numero di matrimoni è sceso al livello più basso dal 1985. Anche il tasso di natalità è calato. Come dimostra l’esperienza di Paesi quali la Svezia, l’Italia o l’Australia, i sussidi pubblici non bastano a invertire la tendenza.
Le ragioni per sposarsi e fare figli includono sicuramente calcoli materiali, ma sono determinate anche da fattori culturali e aspettative sul futuro del Paese e la sua capacità di offrire opportunità ai cittadini.
L’ottimismo sul futuro conta quanto o più dei soldi promessi a ogni donna che mette al mondo un bambino. E i dati sui matrimoni e le nascite dimostrano che sono sempre di più i cinesi che non appaiono disposti a scommettere sulla propria nazione.
(Traduzione di Fabio Galimberti)