Corriere della Sera, 24 aprile 2023
Le paure di Lazza
Anche se non si direbbe, il successo di Lazza dopo il secondo posto a Sanremo con Cenere è cresciuto solo relativamente. «A livello di classifica, ero in testa prima e sono rimasto in testa dopo», osserva il diretto interessato in un momento di pausa in camerino prima del concerto al Forum di Assago. In effetti i risultati clamorosi del suo terzo album solista, Sirio, precedono di parecchio la kermesse: è stato il più venduto del 2022, nonché l’album con più settimane al primo posto nella storia della classifica italiana (esiste dal 1995), ben 20. Anche il tutto esaurito del suo tour nei palazzetti risale a prima del Festival con biglietti evaporati in pochi minuti.
È la prima volta al Forum per Jacopo Lazzarini, anni 28, e gioca in casa, essendo nato e cresciuto nel quartiere di Calvairate. Tra il pubblico, oltre a vecchi e nuovi fan, ci sono gli amici di sempre, i genitori, perfino la nonna: «Lei però avrà i tappi nelle orecchie», dice emozionato. Sul palco anche i colleghi Sfera Ebbasta, Capo Plaza, Fred De Palma, Anna, Giaime. Da una parte c’è l’energia dell’hip hop, veicolata da una band di strumentisti; dall’altra l’anima più tradizionale, omaggio ai suoi studi di pianoforte classico in conservatorio, con un quartetto d’archi e un pianista. Una scelta ambiziosa, che ricorda quelle di artisti americani come Kanye West: «Era una cosa inedita per l’Italia, e volevo un impatto epico», spiega. Il risultato finale è molto convincente, grazie anche alle sue doti di performer.
Dopo l’exploit di Sanremo, Lazza ha dovuto imparare a dialogare con un nuovo tipo di pubblico: quello di «bambini e signore anziane», che lo hanno scoperto in tv grazie alle forti venature pop di Cenere. «Non posso rivolgermi a loro come mi rivolgo ai miei soliti fan, ma non posso neanche cambiare me stesso, sono un rapper», commenta. «Per me è importante che la gente sappia che non sono solo quello di Cenere». Questi cambiamenti non gli fanno paura, ma qualche timore per il prossimo album c’è: «Per me esiste solo musica bella e musica brutta, ma l’ascoltatore medio si aspetta di vederti replicare i risultati precedenti. Mi spaventa l’idea di dover bissare il successo di Sirio».
Dopo il tour si prenderà una pausa e andrà negli Usa, la sua prima volta oltreoceano: «In teoria è una vacanza, in pratica senza musica non so stare, quindi ne approfitterò per lavorare», confessa, aggiungendo che sogna di poter sfondare all’estero. L’Italia gli sta un po’ stretta, soprattutto da quando la sua quotidianità è stata stravolta: «Non riesco a muovermi senza ritrovarmi un telefono in faccia. Ormai se non filmi qualcosa è come se non ti fosse successa. Approvo Bob Dylan che ha vietato i cellulari ai suoi concerti!».
Col pubblico preferisce un contatto diretto, anche se a volte la sua spontaneità è mal ripagata: «A Sanremo avevo regalato un paio di scarpe autografate a una bambina che piangeva. Il giorno dopo le ho ritrovate su eBay: i genitori le avevano messe in vendita a 400 euro», ride. Mentre si adatta al nuovo status di idolo nazionalpopolare, continua a calcare i palchi di tutta Italia: quelli dei palazzetti, dell’Arena di Verona e del Primo Maggio. Ma senza un messaggio politico: «Sinceramente? Ho sempre visto in tv quella marea di persone, non vedevo l’ora di suonarci anch’io».