Corriere della Sera, 24 aprile 2023
Torna la caccia all’oro in California
Per la California i furiosi incendi boschivi degli ultimi anni sono stati una tragedia ambientale (desertificazione di intere foreste) e umana (decine di morti, interi villaggi distrutti dalle fiamme). Quest’anno, poi, il passaggio dalla siccità alle alluvioni e a un record di precipitazioni nevose sui monti della Sierra ha provocato inondazioni e cascate di fango: un dissesto idrogeologico che ancora non ha smesso di fare danni, visto che i metri di neve caduti sulle Montagne Rocciose devono ancora in gran parte sciogliersi.
Ma tutte queste devastazioni per qualcuno sono state una benedizione: i cercatori d’oro. La corsa all’oro, nella Central Valley californiana come nel Klondike canadese o in Alaska, risale a 175 anni fa. Arrivarono da tutta l’America, addirittura da tutto il mondo: qualcuno anche dall’Italia come il modenese Felice Pedroni, ribattezzato negli Usa Felix Pedro, che trovò l’oro vicino Fairbanks, in Alaska, lungo un fiume che oggi porta il suo nome. Alcuni fecero fortuna, altri affogarono nell’alcol le loro delusioni. Poi arrivarono le società minerarie con le scavatrici e potentissimi getti d’acqua che trasformarono valli e colline in pietraie e in colate di fango.
Una volta sfruttati i filoni auriferi più accessibili, i cercatori se ne andarono. Quasi tutti: rimase qualche vecchio nostalgico a setacciare a mano il letto dei fiumi (anche perché nel frattempo il governo della California aveva vietato l’uso di macchine da scavo per non devastare ulteriormente l’ambiente.
Ma l’eccezionale maltempo degli ultimi mesi ha avuto lo stesso effetto delle tecniche di scavo: trascinando via gli strati superficiali di un terreno spaccato da anni di siccità, Madre Natura ha fatto affiorare pepite d’oro che erano rimaste in profondità. E così il popolo dei vecchi cercatori con la barbe bianche si è rimesso al lavoro e le riunioni della loro associazione, il Gold Country Treasure Seekers Club si sono trasformate da ritrovo di un circolo di anziani, nella rassegna di piccole grandi ricchezze accumulate in poche settimane.
Con l’oro che quota ormai quasi 2.000 dollari l’oncia (circa 28 grammi) c’è chi dall’inizio dell’anno ha incassato anche 200 mila dollari e chi si considera già fortunato perché riesce a integrare la pensione con qualche pepita o anche solo un pulviscolo che consente loro di incassare un centinaio di dollari al giorno.
C’è chi si dà da fare col metal detector e chi si immerge con tuta di gomma, maschera e guanti nelle acque ancora gelide dei ruscelli. Dove? «In qualche posto a nord di Los Angeles, a sud di Seattle e a ovest di Denver», risponde al New York Times Jim Eakin che una volta ha trovato una pepita che gli ha consentito di comprarsi un pickup nuovo di zecca e che, come tutti i cercatori che si rispettino, ha i suoi luoghi segreti dove andare a scandagliare il terreno.
Forse finirà tutto col disgelo primaverile, ma c’è anche chi pensa che questi smottamenti del terreno attireranno ancora a lungo nuovi cercatori: professionisti o turisti della domenica che anche solo fermandosi a mangiare e a dormire e comprando il kit del cercatore – secchio, setaccio, pala, rastrello e guanti – aiuta un’economia povera come quella della Central Valley. Ed Allen, storico della gold rush, alimenta le aspettative: «Fin qui è stato estratto solo il 10-15 per cento dell’oro di questa regione».