La Stampa, 24 aprile 2023
L’obesità infantile è un problema in Italia
In Europa il 29% dei bambini tra 7 e 9 anni risulta essere in sovrappeso. L’Italia si colloca al quarto posto per prevalenza di sovrappeso e obesità infantile con tassi appena al di sotto del 40%, superata solo da Cipro, Grecia e Spagna. Se si considera la prevalenza della sola obesità (escluso il sovrappeso), nella stessa fascia di età, il nostro Paese è al secondo posto. È la fotografia che restituiscono i dati dell’ultimo rapporto “Cosi” (Childhood Obesity Surveillance Initiative) dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: sono stati monitorati 411.000 bambini tra i 6 e i 9 anni in 33 Paesi. «Fotografare l’obesità infantile per noi medici è molto importante perché un bambino obeso ha il 75-80% di probabilità di diventare un adulto obeso. Sarà un peso insostenibile per il Servizio sanitario locale», spiega Michele Carruba, direttore del Centro studi e ricerche sull’obesità dell’Università La Statale di Milano.
Dal rapporto dell’Oms emerge anche che il 67% dei bambini italiani tra 6 e 9 anni va a scuola in macchina contro una media europea che si attesta attorno al 50%. E se tra gli adulti il 44,8% in Italia non pratica un adeguato livello di attività fisica, la percentuale raggiunge addirittura il 94,5% nei bambini, ultimo paese nell’Ocse. Il costo della sedentarietà è pari a 3,8 miliardi di euro.
Dunque, oltre alla sana alimentazione e ai corretti stili di vita per combattere l’obesità è fondamentale l’attività fisica. Ma in Italia – sostengono gli esperti – ci sono diversi ostacoli alla pratica sportiva. Anzitutto pesa il fattore culturale: il 27% non è motivato a fare sport mentre 8 ragazzi su 10 fanno sport solo se lo praticano i genitori.
L’Italia è al sedicesimo posto nell’Ue per la spesa pubblica destinata allo sport. Resta cronica la carenza di infrastrutture con 131 impianti ogni 100mila abitanti (4,6 volte in meno della Finlandia). Di questi, il 60% è stato costruito più di 40 anni fa e 6 edifici scolastici su 10 non hanno una palestra. «Da sempre sostengo che il mondo dello sport non venga trattato bene, basta fare un calcolo relativo al Pnrr: 1 miliardo su 209, meno dello 0,5% a fronte di un Pil generato superiore», ha commentato Giovanni Malagò, presidente Coni.Per combattere l’obesità resta fondamentale l’attività fisica, anche al di là degli impianti sportivi o di attività strutturate. Una persona sedentaria fa dai 3.000 ai 5.000 passi al giorno, basterebbe raddoppiare (10.000) per dimezzare il rischio di mortalità.
Fare attività fisica per 150 minuti a settimana eviterebbe in Europa 3,8 milioni di casi di malattie cardiovascolari; un milione di casi di diabete di tipo 2; oltre 400.000 casi di tumori. Sono questi i numeri che hanno portato al protocollo d’intesa per la promozione di stili di vita sani, siglato tra Coni, Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete e la Federazione Società Scientifica di Diabetologia (costituita da Sid, Società Italiana di Diabetologia e Amd, Associazione Medici Diabetologici).
Uno studio realizzato nelle scuole della Slovenia racconta una buona prassi contro l’obesità infantile: qui 34mila studenti tra i 6 e i 14 anni frequentano attività sportive aggiuntive a quelle già previste nell’orario curriculare. E seguono lezioni extra di educazione alimentare. La ricerca coinvolge 216 Istituti: ha dimostrato che offrire lezioni aggiuntive di sport a scuola è una strategia efficace nella prevenzione dell’obesità infantile. L’intervento funziona così: le due lezioni in più di educazione fisica dalla prima alla sesta classe e le tre lezioni aggiuntive dalla settima alla nona classe sono organizzate in modo da svolgersi immediatamente dopo il normale orario scolastico. Gli insegnanti di scienze motorie associati al programma devono offrire almeno 12 diversi sport per triennio, dando la priorità ai tre più affermati nel territorio. I docenti sono tenuti a fornire informazioni su abitudini alimentari e stile di vita sani e devono aiutare gli studenti a seguire una dieta diversificata. I genitori non hanno ricevuto alcun materiale didattico né sono coinvolti in alcun modo nell’intervento. Eppure, dopo tre anni, il programma ha iniziato a diventare efficace nell’invertire l’obesità.