la Repubblica, 24 aprile 2023
I cacciatori di litio alle porte di Roma
Ma la miniera di litio dov’è? «Mai vista, mi spiace» allarga le braccia un abitante di Cesano. Il benzinaio del borgo alla periferia nord-ovest di Roma ha un’illuminazione: «Ecco perché un cliente una volta mi ha detto: complimenti ora siete ricchi. Io non ne sapevo nulla». Poco più a nord, nel Comune di Campagnano, in mezzo alla terra grassa coperta di fiori di campo, un uomo finalmente indica avanti a sé: «La miniera è qui, tutto intorno a noi». Ma di litio, detto oro bianco, metallo prezioso per le batterie usate, ad esempio, nelle auto, nei cellulari o integrate in impianti solari, passato nel corso del 2022 da 14 mila a 80 mila euro a tonnellata, non ne vediamo traccia. Solo un capannone di Amazon spunta dai campi. Un altro segno dei tempi.
Andrea Dini, geologo del Cnr, autore con i suoi colleghi di una mappatura del litio in Italia uscita alcuni mesi fa sulla rivista Minerals , le definisce in effetti miniere atipiche. Il loro impatto, a giudicare dalla campagna intonsa intorno a noi, a prima vista è proprio basso. «Il litio in queste zone di origine vulcanica è disciolto nell’acqua calda che si trova molto in profondità. L’estrazione consiste nel perforare il terreno e intercettare l’acqua.È un metodo pulito, ma è anche nuovo. In Australia il litio si estrae dalle rocce. In Sudamerica dai laghi salati. In entrambi i casi le miniere si vedono, eccome. Qui ci sono solo dei vecchi pozzi geotermici che in attesa delle nuove esplorazioni sono chiusi».
La bucolica apparenza però non inganni. Gli 11,4 chilometri quadri nella valle del Baccano, una depressione rotonda che un tempo ospitava un lago vulcanico, sono oggetto di un permesso di ricerca di Enel Green Power e dell’azienda mineraria australiana Vulcan Energy. Poco più in là, tra Cesano e il borgo di Santa Maria di Galeria, un’altra ditta australiana ha chiesto un nuovo permesso di ricerca. Le mappe del Cnr indicano la presenza di litio geotermico — cioè disciolto nell’acqua sotterranea — dalla Toscana, all’altezza del monte Amiata, fino ai Campi Flegrei, in Campania. E il risiko delle richieste per l’estrazione è già iniziato. «Si prevede che la produzione di batterie che alimentano i nostri veicoli elettrici farà aumentare la domanda di litio di 17 volte entro il 2050» ha detto qualche giorno fa la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nel presentare la nuova legge sulle materie prime critiche.
L’asso in mano, in questa situazione, se l’è ritrovato Enel, che tra gli anni ’70 e ’80 aveva perforato circa 15 pozzi esplorativi tra Cesano e Campagnano. L’obiettivo all’epoca era realizzare impianti geotermici come quello che la società gestisce con successo a Larderello. Ma l’estrazione di tutto quel litio disciolto nell’acqua in profondità, in un’epoca in cui le pile servivano al massimo per il Walkman, fu ritenuta difficile. I pozzi, profondi fino a 3 mila metri, con acqua anche a 200 gradi, furono chiusi. I dati geologici finirono archiviati in faldoni che in mezzo secolo si sono riempiti di polvere. Nel frattempo il mondo è cambiato e a luglio del 2022 Enel ha firmato un accordo con Vulcan Energy, l’azienda mineraria australiana che ha brevettato un metodo proprio per l’estrazione del litio geotermico, sfruttato attualmente in un altro sito in Germania, nella Valle del Reno.
Ma perché allora a Campagnano oggi sembra tutto immobile? Per quanto i prezzi del litio siano golosi, il calcolo di costi e benefici non è ancora terminato. La presenza di più aziende concorrenti fa assomigliare la caccia all’oro bianco a una partita a scacchi. «Siamo ancora nella fase di realizzazione dei rilievi e degli studi geologici preliminari per comprendere la natura del sottosuolo» spiega Niccolò Dainelli, geologo, rappresentante in Italia della Vulcan. Tutte le prospezioni al momento avvengono in superficie. «Non ci sono autorizzazioni a scavare nuovi pozzi e trincee» conferma Alessio Nisi, sindaco di Campagnano, paese di quasi 13 mil a abitanti. «Le norme sulla geotermia non sono molto chiare nel Lazio e l’estrazione del litio non ha precedenti in Italia. Basti pensare che nella concessione a Vulcan Energy si fa rifermento al regio decreto del 1927, che riserva la competenza in materia di risorse minerarie allo Stato».
Quel che per una volta sembra mancare, in questa «miniera invisibile » che è al momento la tranquilla Campagnano, è la sindrome Nimby: non nel mio cortile. «Io personalmente ho un approccio curioso » spiega Nisi. «Se avremo garanzie ferree che l’estrazione può avvenire senza conseguenze per l’ambiente, affronteremo il dibattito con la popolazione. Ci rendiamo conto che dobbiamo misurarci col mondo e col mercato internazionale». E se all’improvviso la corsa all’oro bianco dovesse accelerare, l’impianto di estrazione diventerà sì visibile, ma non di impatto enorme. «Vedremmo un tubo che emerge dal suolo» descrive Dini. «L’impianto entrerebbe in un capannone. Se ci saranno le condizioni, il calore dell’acqua potrà permettere di generare anche energia e di riscaldare le case vicine all’impianto». Litio, energia e teleriscaldamento: forse sì, allora, Campagnano diventerà un punto di riferimento visibile anche per il resto d’Italia.