la Repubblica, 24 aprile 2023
Sui bambini morti
Non ci sarà neppure una Norimberga per gli assassini di bambini in Ucraina, ma ci vorrebbe almeno un frate Cristoforo che minacciasse «verrà un giorno» ai feroci miliziani della Wagner, facce orrende e tutte uguali, che hanno raccontato di avere ucciso 20 bambini, a freddo, con la pistola. E non sarà ricordata neppure con un nome la piccola di 5 anni ammazzata da Azamat Uldarov, che è brutto come il suo racconto: «le ho sparato in testa con questa mano», vigliacco come i razzisti del genocidio etnico alla Miloševic, come gli sterminatori del Ruanda, come i fanatici di Pol Pot, come i nazisti che uccisero tra un milione e un milione e mezzo di bambini, in gran parte ebrei, ma anche zingari, disabili, figli di oppositori politici. Di un bambino morto non c’è vita da raccontare: «Ho giurato a me stesso di sopravvivere per scrivere io la vostra vita» è un verso dei Canti per i bambini morti di Gustav Mahler, che musicò alcune delle 500 poesie che Friedrich Rückert aveva dedicato ai suoi figli morti di scarlattina. A Erba, le vittime di Rosa e Olindo furono tre donne e Youssef, di due anni, «l’odiato bambino» sta scritto nella ricostruzione della strage «che Rosa accoltella alla gola lasciandolo dissanguarsi sul divano». Era il 2006 e la cronaca nera aveva già imparato ad accanirsi sui dettagli raccapriccianti raccontando nel 2002 il delitto di Cogne dove il piccolo Samuele era stato colpito 17 volte dalla madre a cavalcioni su di lui. In Italia nel nuovo millennio ci sono stati 500 infanticidi, ma almeno gli assassini sono stati imprigionati e giudicati. E invece non avranno giustizia e neppure memoria i 500 bambini che, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono stati uccisi dalle bombe e dall’artiglieria degli invasori russi. Si può solo parlare della violenza che hanno subito o, magari, raccontare la bellezza dolente delle mamme che, come quella dei Promessi sposi,li portano in collo morti, ma tutti «ben accomodati, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo». I neonati uccisi da Erode furono meno di 30, perché tanti ne nascevano ogni anno a Betlemme, e quell’anno uno solo si salvò. Gli altri, anche dopo morti, rimasero sospesi, lettere senza destinatario, dal lembo del Mondo al limbo dell’Altromondo, né beati come gli eletti né disperati come i dannati «ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi / non basta, perché non ebber battesmo, ch’è porta della fede che tu credi». E ci vorrebbe una Norimberga anche per chi ha lasciato annegare quei 38 bambini nel mare di Cutro. Nessuna poesia è adatta per loro, né Pianto antico di Carducci, né Morto di Pascoli: «La notte c’era, non c’era il mattino./Questo ti resterà. Dormi, bambino».Non è andata così agli annegati di Cutro. Ci sono bambini morti nella letteratura romantica: Incompreso, Cuore, Piccolo Mondo antico, persino neiRagazzi della via Pal. Ma nessuno è mai riuscito a raccontare quel che prova un bambino che annega.