Il Messaggero, 23 aprile 2023
Biografia di George Sand
«George Sand non è mai stata un’artista. È stupida, pesante, chiacchierona. Le sue concezioni morali hanno la stessa profondità di giudizio e la stessa delicatezza di sentimento di quelle delle portinaie e delle mantenute. Il fatto che alcuni si siano potuti invaghire di questa latrina è la dimostrazione del basso livello dei nostri contemporanei». Il velenoso, perfido ritratto è di Charles Baudelaire, l’autore de I fiori del male. Non il solo a liquidare impietosamente una delle più prolifiche, controverse, bizzarre scrittrici francesi dell’Ottocento. Ma nessuna meraviglia: Amandine Lucie Aurore Dupin (il vero nome di George Sand) scandalizzò il secolo più di qualunque altra donna. Osannata dai fan ed esecrata dai nemici per il suo stile e le sue pose, andò sempre, o spesso, con pittoresca ostentazione, controcorrente. Fu una ribelle, una pasionaria e, forse, una baccante, affetta da parossistico egocentrismo. Sentendosi investita di un’alta missione, avrebbe voluto convertire l’umanità al proprio Verbo. Giustificando tutto ciò che faceva, cercò, non sempre con fortuna, di idealizzarsi.
Nacque il 1° luglio 1804 a Parigi, figlia di una sartina, e di Maurice Dupin, nipote del maresciallo Maurizio di Sassonia. Alla morte del padre, andò a vivere con la madre a casa della nonna, dama colta e libertina. Ricevette un’educazione spavaldamente anticonformista e crebbe in un ambiente aperto e scevro di pregiudizi, ma le mancò l’affetto dei genitori. Studiò a Parigi nel collegio delle “Dame inglesi”, ma non furono anni felici. Ebbe una crisi mistica e, quando tornò a casa, nella bella campagna di Nohant, fu affidata a un precettore. Sacrificò il gioco allo studio e divenne un pozzo di scienza. Quando, nel 1821, la nonna morì, lasciandola erede universale, per sottrarsi all’uggiosa tutela materna, decise di sposarsi. Aveva diciotto anni. L’uomo scelto come partner, Casimir Dudevant, era un colonnello a riposo, amante della caccia, del vino, della campagna. Ma non era il principe azzurro che lei aveva sognato. Tutto, o quasi, li divideva. Nulla, o quasi, li univa. Ebbero due figli, e quando si lasciarono fu un sollievo per entrambi. «Casimir non avrebbe più dovuto chiedere a Napoleone III la Legion d’onore per corna».
Aurore allevò ed educò Maurice e Solange, i figli, come avrebbe voluto essere allevata ed educata lei. Seguì i loro studi, ma non trascurò la sua attività di letterata o di donna. Continuò a leggere, a scrivere (fino a venti cartelle al giorno), a sfornare romanzi, a partecipare ai grandi dibattiti culturali del tempo. E continuò ad amare, soprattutto a farsi amare. Meglio se da uomini famosi o destinati a diventarlo. Ebbe una liaison con Julien Sandeau, bibliotecario alla Mazarina, che la rivelò a sé stessa e le suggerì lo pseudonimo George (Giorgio) Sand. Sedusse il debole, nevrotico, infedele e bevitore Alfred de Musset e lo portò con sé a Venezia, accusandolo, dopo un tormentoso amplesso, d’impotenza. Né migliore fortuna ebbe Nérmée, da cui pretese e ottenne, ,e non fu il solo, la sottomissione totale. Qualcuno insinuò che fosse ninfomane, ma il suo era ardore cerebrale, fantasioso impulso della mente.
George Sand non era bella. L’aspetto non mostrava, almeno esteriormente, alcun pregio. Alta, cioè, bassa un metro e cinquanta, aveva un volto concentrato ma troppo rotondo, il mento pesante di una canonichessa, bocca larga, labbra gonfie, naso solido e affilato, fronte lucida e vasta, occhi grandi e luminosi, chioma nera e compatta. Una fisionomia poco femminile, sgraziata, svogliante. «Un uomo», dirà di lei Alfred Vigny.