il Giornale, 23 aprile 2023
Calabrese, il paroliere cha fa testo per tutti
Per Mogol, interpellato da noi come gli altri citati in questo articolo, «è stato uno dei più grandi autori del ’900: lo stimavo e stimo tantissimo anche se non ho mai avuto l’onore di lavorare insieme a lui»; anche per Mario Lavezzi «è stato un maestro e andrebbe fatto qualcosa per ricordarlo»; per Celso Valli, compositore tra gli altri per Mina e Vasco Rossi, «era incredibile la sua capacità, una volta consegnatagli la musica la sera, di scrivere un pezzo sbalordendoci il giorno dopo. Poi in seguito lui scrisse e io fui compositore delle musiche proprio per Mina». Questi e molti altri sono i protagonisti della musica italiana che ricordano il paroliere Giorgio Calabrese. Un’occasione per celebrare non solo un grandioso paroliere, ma anche un intellettuale che molto ha fatto per la cultura italiana.
Calabrese, nato a Genova il 28 novembre 1929 e morto a Roma il 31 marzo 2016, è stato tra i fondatori della cosiddetta scuola genovese (con Gino Paoli, Umberto Bindi, Bruno Lauzi, i fratelli Reverberi, Luigi Tenco e Fabrizio De André), autore di molte canzoni italiane di grande successo, tra cui Arrivederci, Domani è un altro giorno, Il nostro concerto e E se domani. Ha scoperto e collaborato con numerosi e importanti artisti italiani come Tenco, Mina, Ornella Vanoni, Orietta Berti, De André e Celentano. È stato autore della versione italiana di numerose canzoni di Aznavour (tra cui Quello che si dice, No, non mi scorderò mai), di Bob Dylan (Ti voglio), di Carlos Jobim (La ragazza di Ipanema, La pioggia di marzo) e di Boris Vian: impose lo scrittore e jazzista francese, ostacolato dalla censura per la canzone simbolo Il disertore, portata al successo in Italia da Ivano Fossati.
Anna Gloria Nieri, cantante che ha lasciato il segno nella storia della musica italiana anche grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo del 1975 con il brano La paura di morire, oggi è a capo dell’etichetta Bentler. La settimana prossima comparirà sul portale Satisfiction una sua intervista esclusiva in cui, dialogando con lo scrittore e saggista Carlo Tortarolo, proporrà sei inediti (in questa pagina ne pubblichiamo tre in anteprima) registrati alla Siae a firma dei due maestri Giorgio Calabrese ed Ettore Ballotta. Sono: Che altro c’è da dire, un brano di impronta lirica e teatrale, Di giorno in giorno, una ballata di stile bolscevico, e L’esperienza, una bossa nova samba alla Jobim dalle divisioni jazzistiche. Calabrese «aveva il dono di tradurre una canzone straniera direttamente in metrica» e Anna Gloria Nieri ritiene i brani di Aznavour tradotti da lui in italiano «più belli dell’originale francese»: un giudizio che più volte anche lo stesso chansonnier francese ebbe modo di confermare. La notorietà di Calabrese arrivò paradossalmente dopo due sconfitte a Sanremo nel 1964. Presentò due brani, A mezzanotte cantato da Frida Boccara e Milva e E se domani eseguita da Gene Pitney e Fausto Cigliano. Entrambi furono eliminati nella finale, ma il secondo brano, inciso poco dopo da Mina, ottenne uno strepitoso successo. Con Mina, Calabrese condusse anche il programma radiofonico Pomeriggio con Mina, consolidando una collaborazione artistica importante quasi quanto quella con Umberto Bindi, insieme al quale creò brani rimasti nella storia come Arrivederci (1959), Il nostro concerto (1969) – inserito dalla rivista Rolling Stone al 61º posto nella lista delle 200 migliori canzoni italiane di tutti i tempi – e Piano, brano che vinse un Grammy nel 1978 e che venne ripreso oltre oceano da artisti come Frank Sinatra ed Elvis Presley con il titolo di Softly as I leave you.
Nonostante le sconfitte iniziali, il talento di Calabrese si affermò in modo trionfale nel mondo della musica, rendendolo uno dei grandi autori del Novecento. Ma la sua carriera non si limitò al mondo della musica, poiché fu anche un noto autore televisivo, e firmò numerose trasmissioni di grande successo, come il Festival di Sanremo, Domenica In e Fantastico. Le sue collaborazioni artistiche sono le più diverse: Giorgio Gaber, Ornella Vanoni, Luigi Tenco, Gino Paoli, Milva, i Nomadi. Con l’etichetta genovese Karim lanciò Orietta Berti e poi Carmen Villani, e con la stessa pubblicò i primi dischi di Fabrizio De André.
Eppure il suo nome è stato rimosso sia dalla memoria collettiva che da molti addetti ai lavori, tanto da cadere in un oblio che speriamo di interrompere con la pubblicazione di questi inediti. Perché anche dal punto di vista letterario Calabrese è uno dei pochissimi esempi di grande paroliere, in grado di dare equilibrio alla metrica e alla sostanza del testo. Nei suoi brani ci sono frasi intensissime e da leggere d’un fiato, anche se sono lunghe e complesse, perché sono musicali e le stesse parole si rincorrono, si accavallano e si accarezzano una con l’altra come se fossero onde di un mare senza fine.
Profetici i versi: «Altro è parlar di morte, altro è morire». Infatti Calabrese, dopo la sua morte è stato dimenticato. Forse a causa della sua capacità di innovare – fu lui a introdurre strofe dal jazz e dalla bossa nova – probabilmente invisa a tanti autori e cantautori che erano rimasti a un impegno non solo politico che finiva intrappolato tra le rime di note che gli ascoltatori imparavano a memoria ma non mettevano in pratica. Claudio Sanfilippo, cantautore e autore di testi per Mina e Eugenio Finardi, ci racconta: «Leggevo spesso il suo nome quando ero un ragazzino, tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta, nella 1100 grigio topo c’era l’autoradio col mangiacassette e mi piaceva curiosare tra le copertine dei dischi che ascoltavamo. Sotto i titoli delle canzoni G. Calabrese era il più citato, a casa nostra: in quegli anni Mina, Dorelli e Aznavour erano tra i più gettonati. L’istrione, E se domani, Non è più vivere, quella meravigliosa versione de La pioggia di marzo. Capolavori della nostra canzone, come Arrivederci. È un po’ per colpa sua se mi sono innamorato della bossa nova, ma credo che questo Paese pigro e scombiccherato se non si è ricordato di lui quando era vivo, figuriamoci ora».
Concorda Stefano Senardi, forse il più grande e fantasioso produttore discografico italiano e direttore artistico (ha portato al successo, tra gli altri, Franco Battiato, Vinicio Capossela, Pino Daniele, Paolo Conte): «Indubbiamente Giorgio Calabrese è un gigante come autore di grandi canzoni e traghettatore della più nobile canzone francese e brasiliana: con le sue traduzioni è entrato nella storia della musica. Nonostante abbia scritto pagine memorabili e capolavori, il suo nome viene dimenticato e questa purtroppo è la sorte che capita a tanti autori che meriterebbero di essere più famosi e più considerati. Ricordo che già qualche anno fa si parlava con Filippo Sugar, figlio di Caterina Caselli, di organizzare con la Siae e tutti gli editori un premio specifico, importante, dedicato agli autori che spesso passano in secondo piano e che soprattutto non vengono considerati adeguatamente dai media. L’idea di un premio specifico per gli autori è molto buona e dovrebbe essere finalmente perseguita, anche se mi rendo conto che gli autori possano sembrare meno spettacolari e televisivi degli interpreti e degli artisti». Noi speriamo che questo sia il primo passo.