il Giornale, 23 aprile 2023
Marinetti, l’ecologista
S
ì, lo sappiamo bene: Futurismo uguale esaltazione delle macchine, l’automobile rombante come mezzo e fine della creatività artistica e metafora dell’esistenza, simbolo di un progresso «senza morale»; il Futurismo come avanguardia della tecnologia e della scienza; il Futurismo e il mito della guerra, della velocità, dell’elettricità, della metropoli moderna e dinamica... le fabbriche, i grattacieli, la città che sale.
Ma – paradosso futurista – Filippo Tommaso Marinetti e compagni, negli anni Trenta, seppero cogliere l’aspetto più razionale e «naturale» della tecnica e la macchina venne trasformata in un elemento utile per il cittadino e funzionale per l’umanità. È il punto massimo della visione progressista del Futurismo: conciliare il lavoro dell’uomo con la Natura, dove la macchina migliore non è la più veloce ma la più utile, non è la più potente ma quella che alleggerisce la fatica dell’uomo. Non quella che lo rende schiavo, ma che lo libera.
Può apparire strano – e in effetti ci stiamo addentrando in un campo di studi pochissimo battuto – ma il Futurismo fu molto rispettoso dell’ambiente. Se non fosse che il movimento mal tollerava le parole straniere, si potrebbe dire che il Futurismo fu green... Marinetti, Prampolini, Thayaht, Ginna, Fillìa – solo per ricordarne alcuni – seguirono un’alimentazione vegetariana; sperimentarono tecniche per la realizzazione spirituale dell’individuo derivate dalla teosofia, dall’antroposofia e dalle culture esoteriche orientali; erano animalisti ante litteram; progettarono abitazioni in armonia con l’habitat naturale; composero musiche e pièce teatrali ispirate alla ricerca della Natura.
Tutto ciò vi sembra inconciliabile con l’immagine della prima avanguardia artistica europea del ’900? Allora dovete leggere un saggio originalissimo, il primo nel suo genere (sì, certo: c’è qualcosa di Claudia Salaris sull’alimentazione), pubblicato dopo anni di studio e di ricerche da un grande esperto di Futurismo&dintorni, Guido Andrea Pautasso: Naturismo futurista (Biblohaus, pagg. 404, euro 20), sottotitolo molto esplicativo: «Ritorniamo alla terra! L’anima verde di Marinetti e dei futuristi». Ed ecco il punto: il fondatore del movimento, che nel 1934 con Arnaldo Ginna compose il Manifesto del Naturismo Futurista, poi creò i Gruppi Naturisti-Futuristi e le riviste il Nuovo (1934) e La Forza (1935) per lanciare la sua campagna ecologica e animalista, e fu sempre attento alla cultura fisica e all’alimentazione dell’essere umano. E attraverso il Naturismo, in anticipo sui tempi, tentò di dare vita a una bonifica integrale dell’individuo moderno e della società per poter «costruire» – e non solo fisiologicamente – un Uomo virile, energico, sportivo, sano, rispettoso dell’ambiente naturale e futurista ancor prima che fascista.
Molte le immagini e i testi poco conosciuti e le rivelazioni contenute in Naturismo futurista. Ad esempio. I manifesti di Marinetti e Fillìa dove si evoca il perfezionamento fisico dell’uomo e per la prima volta il riconoscimento di un’anima ecologista e animalista degli artisti d’avanguardia. Una fotografia rarissima di Marinetti su una motoaratrice con al seguito, intento ad agevolare l’opera di aratura, il conte futurista Arnaldo Ginna; un’altra foto di Marinetti durante la campagna d’Africa immortalato accanto a un Ottoritteropo o Aardvark (un maiale di terra) dell’Abissinia. Poi il disegno di Ruggero Michahelles – nome d’arte: RAM – per illustrare la copertina della rivista Natura ispirata a una statuetta ritrovata durante il suo soggiorno nella allora colonia africana. I testi dei vari convegni dei Gruppi Energicisti e Futuristi dove Marinetti tende a virilizzare il corpo umano, ad addestrarlo all’uso e all’impiego della macchina per salvaguardarlo da inutili sforzi nel lavoro dei campi. L’esaltazione del salutismo, con Marinetti che invoca il miglioramento individuale e delle masse mediante lotte quotidiane contro le paludi e la malaria, lasciando presagire la necessità degli interventi di bonifica sul territorio nazionale e la nascita di città nuove. L’opera dei medici Francesco Vasta e Mario Cassoni che elogiano l’idea futurista di utilizzare cure naturali per la salvaguardia dell’uomo moderno. Il ritorno alla Natura professato dall’architetto futurista Alberto Sartoris con la creazione di edifici che esaltino gli spazi e gli ambienti naturali. Le pagine dedicate al vegetarianismo e all’eutrofologia professata da precursori del naturismo moderno come Fortunato Peitavino, il quale creò la prima colonia in Italia per la rigenerazione dell’individuo e la cura delle malattie tramite terapie naturali (colonia per altro frequentata da Italo Calvino e dai suoi genitori). La creazione di un’agricoltura futurista e la messa a punto di studi futuristi per il miglioramento degli allevamenti di bestiame voluti dal cremonese Idelfonso Stanga. E l’idea (mai realizzata) di far nascere in Versilia, a Marina di Pietrasanta, un Centro Naturista-Futurista.
Eccola la concezione utopistica di una civiltà moderna e ecologista che sancisce l’incontro tra la Natura e la nascente sensibilità dell’uomo nuovo futurista.