La Stampa, 23 aprile 2023
La guerra dei maccheroni
A sferrare il primo attacco sul caro-pasta è stata Coldiretti, a ruota sono arrivati i consumatori invocando l’intervento di Mister prezzi, chiamando in causa l’Antitrust e le procure e rilanciando le accuse contro i produttori, che a loro volta han tirato in ballo le fluttuazioni di mercato contro cui «non possono far nulla». La «guerra del maccherone» è combattuta da giorni a suon di numeri, i costi del grano duro che negli ultimi tempi sono letteralmente crollati e quelli della pasta, uno dei vanti del made in Italy, che nello stesso lasso di tempo sono aumentati del 18/25/35% a seconda delle stime a fronte di una inflazione che a marzo è scesa al +7,6%. Quelli di Coldiretti, guardando l’andamento dei prezzi medi al consumo, parlano di «chiara distorsione» del mercato. L’Assoutenti a sua volta ha deciso di inviare un dossier a Mister prezzi e al ministro delle Imprese e del Made in Italy per spingerli a verificare se siano in corso speculazioni. «La pasta – spiega il presidente Furio Truzzi – è uno dei beni più amati dagli italiani, con un consumo pari a circa 23 chilogrammi procapite all’anno ed è evidente che listini così elevati incidono sulle tasche dei consumatori». Il Codacons, addirittura, sta studiando un esposto all’Antitrust e alla magistratura.
Secondo l’Osservatorio del Ministero del Made in Italy a marzo in media un chilo di pasta costava 2,13 euro, ovvero il 25,3% in più di un anno fa quando il costo medio di spaghetti penne e rigatoni si fermava a un euro e 70. In base ai dati elaborati da Assoutenti il record spetta ad Ancona, dove il prezzo medio si attesta a 2,44 euro al chilo, a seguire Modena (2,41), Cagliari (2,40), Bologna (2,39) e Genova (2,38). Tra le grandi città Torino tocca quota 2,29, Milano 2,15, Roma 2,30 e Napoli 1,88. La città più economica è Cosenza, dove per due pacchi di pasta basta un euro e 48. Solo 12 province italiane registrano oggi listini medi della pasta inferiori ai 2 euro al chilogrammo, e tra la città più costosa e quella meno cara (Ancona e Cosenza) la differenza di prezzo è del 64,8%, pari a quasi 1 euro in più al chilo. A Siena (+58,4) e Firenze (+52,8) i rincari annui più forti, ad Alessandria (+4,6%) quelli più contenuti.
Di contro le quotazioni del grano duro sono pressoché uniformi lungo tutta la Penisola a 38 centesimi di euro al chilo. E se nei primi sei mesi del 2022 il grano duro costava 550 euro a tonnellata negli ultimi giorni è arrivato a costare 360-390 euro a tonnellata. Per Coldiretti siamo di fronte ad una evidente «anomalia di mercato sulla quale occorre indagare, anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali a tutela delle 200 mila imprese agricole che coltivano grano» e che a fronte di queste quotazioni in molti casi saranno costrette a rinunciare alle semine.
«Il grano ha prezzi troppo fluttuanti e non è l’industria della pasta a determinare il prezzo del grano duro, a farlo è il mercato globale con meccanismi e quotazioni internazionali» si difende il presidente dei pastai di Unione Italiana Food, Riccardo Felicetti. «Contrariamente a quanto viene spesso detto – aggiunge – il grano estero costa anche più di quello italiano (in media il +10%), soprattutto in questo momento storico particolare. Spiace che la Coldiretti continui ad avanzare dei dubbi su presunte speculazioni, con il consueto intento di confondere i notri consumatori». Felicetti spiega poi che «la pasta che compriamo oggi è fatta col grano acquistato mesi e mesi fa a prezzi più alti. Inoltre quando parliamo di pasta è vero che il grano duro e la semola impattano in modo rilevante sul costo finale, ma dobbiamo tenere presente anche altre voci di costo come l’energia, gli imballaggi primari e secondari e la logistica (trasporto locale e internazionale), tutti ambiti in cui i rincari sono ancora evidenti ed elevati. Nonostante tutto – conclude Felicetti – la pasta continua a restare un alimento accessibile, perché con mezzo chilo di pasta e pochi altri ingredienti si riesce a preparare un pasto gustoso, nutriente e bilanciato per una famiglia di 5 persone, con meno di due euro».
«Il prezzo della pasta deve scendere immediatamente. Le scuse stanno a zero. È vero che a fare il prezzo è il mercato globale, peccato che il prezzo del frumento duro sia sceso» ribatte Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Secondo lo studio dell’Unc, i prezzi della pasta stanno salendo ininterrottamente dal giugno del 2021 e sono esplosi a partire da agosto 2021, per via dei cattivi raccolti in Canada e Usa. Da allora i prezzi sono rincarati del 35-37%. Ma ora la situazione nei mercati all’ingrosso è completamente cambiata ed i prezzi dell’energia sono scesi, «per cui non ci sono più giustificazioni: i prezzi devono calare senza se e senza ma».
Come finirà la disputa? Secondo gli operatori del settore occorrerà aspettare qualche mese per vedere i prezzi al dettaglio della pasta scendere, anche perché la grande distribuzione nel 2011 ha fatto aspettare mesi prima di riconoscere ai produttori i rincari delle materie prime che già allora segnavano forti aumenti. Nell’attesa l’unica via di scampo che hanno i consumatori è quella di aggrapparsi alle offerte promozionali. Buona caccia. —