la Repubblica, 23 aprile 2023
Subire la mafia
La mafia e la corruzione costituiscono emergenze serie e sempre attuali, in Italia. I cittadini ne sono consapevoli, come emerge dalla terza edizione della ricerca condotta da Demos con Libera. Ne abbiamo già parlato in un testo pubblicato di recente su Repubblica, dal quale emerge la convinzione, altrettanto diffusa, che queste «minacce» non suscitino un’attenzione adeguata. Non perché vengano sottovalutate, ma perché, al contrario, vengono «date per scontate». L’arresto di Matteo Messina Denaro non ha cambiato la scena. Ha, semmai, dato evidenza – e risonanza – a un fenomeno onnipresente e latente. E che, secondo l’80% degli italiani intervistati, mantiene la stessa forza di prima. Anzi, si è esteso. Sempre nell’ombra. Spinto da ulteriori «interessi», generati dal Pnrr, che ha allargato la «massa» di risorse economiche e finanziarie distribuite negli ambienti e nei settori pubblici. Accentuando l’attenzione di chi è pronto a «intercettare denaro». Perché i fondi del Pnrr sono considerati non solo una fonte importante per lo sviluppo e la ripresa. Ma, al tempo stesso, un fattore di attrazione per gli interessi illegali. L’88% delle persone intervistate, infatti, ritiene che il Pnrr sia «a rischio di corruzione e infiltrazione mafiosa». Anche perché, come osserva Francesca Rispoli, «continua ad essere un oggetto misterioso, nella percezione dei cittadini». E resta, quindi, nell’ombra.
La difficoltà di comprendere il significato del Pnrr, una sigla difficile perfino da pronunciare, costituisce una buona ragione per affidarsi ai governi e alle istituzioni territoriali. E per guardare con qualche diffidenza alle attività che si muovono intorno a questi movimenti finanziari. D’altronde, nel presente come nel passato (prossimo e remoto) del nostro Paese, la corruzione appare legata alla politica. Il principale ambiente dove si prendono – e si gestiscono – le decisioni espresse dalle istituzioni. A livello centrale e sul territorio. In tutti i principali settori, che, agli occhi dei cittadini, sono esposti alla corruzione. Edilizia, smaltimento, rifiuti, sanità divengono, così, ambienti dove il «mafia-virus», come lo ha definito don Luigi Ciotti, rischia di contaminare il territorio e la società. Per questo è necessario tenere alta l’attenzione e la tensione. Intorno ai centri e alle decisioni della politica e delle istituzioni. Attraverso un’informazione rigorosa e puntuale. Mentre alla maggioranza delle persone, come osservano Bordignon e Ceccarini, la comunicazione su mafia e corruzione appare discontinua o superficiale. E il 22% denuncia un approccio di tipo scandalistico nella trattazione dei temi collegati alla corruzione.
Per questo è necessario guardarci intorno. Non perché la diffidenza sia una virtù. Al contrario: rischia di deteriorare il nostro mondo e la nostra vita. E di dare ragione e ragioni alla mafia. Ma occorre evitare di osservare tutto e tutti con sospetto. Immaginando che la mafia sia ovunque. Per questo motivo un’ampia parte degli intervistati, nel sondaggio di Demos-Libera, ritiene importante avviare azioni preventive. Per prevenire l’illegalità, attraverso il controllo delle istituzioni e delle autorità competenti. L’Anac e la Procura nazionale antimafia, in primo luogo. E, al tempo stesso, invoca interventi rigorosi e duri, per scoraggiare e reprimere que sta minaccia. È infatti cresciuto sensibilmente il consenso verso il cosiddetto «carcere duro»: il regime di isolamento previsto dal 41 bis. Oggi ha raggiunto l’81%. Cioè, quasi l’unanimità. Mentre nel 2020 coinvolgeva il 66% e nel 2021 il 68%.
Ma è altrettanto e, forse, più importante andare «oltre». Senza limitarsi a delegare. Rassegnandosi a «dare per scontato» che mafia e corruzione siano mali incurabili. Perché, come osserva don Ciotti nell’intervista pubblicata in queste pagine: «È l’indifferenza a fare la differenza... In un mondo sempre più interconnesso, dire “non mi riguarda”, e voltare la testa dall’altra parte, è diventare correi, complici».
Il modo migliore per contrastarla è «coltivare» il controllo sociale «coltivando» la società e le relazioni sociali. Promuovendo associazioni e iniziative di partecipazione che sostengano il valore della legalità. Come Libera. In quanto la partecipazione e l’associazionismo sono motori di legalità, che promuovono la presenza e il controllo sociale da parte dei cittadini. Altre indagini condotte da Demos hanno rilevato il legame stretto fra il rapporto con gli altri, la conoscenza delle persone intorno a noi, l’impegno sociale, da un lato, e il sentimento di sicurezza, dall’altro. Mentre la solitudine e l’isolamento generano insicurezza. Condizione favorevole all’illegalità. Alla quale possiamo porre un freno non sostituendoci alle istituzioni che svolgono questo compito. Ma rifiutando di considerare l’illegalità un elemento «normale» della vita pubblica e della nostra esistenza quotidiana. Per andare «oltre la corruzione» non dobbiamo rassegnarci alla rassegnazione. E dobbiamo «investire nei giovani», per riprendere ancora don Ciotti. Perché significa investire nel futuro.