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 2023  aprile 23 Domenica calendario

Intervista a Lidia Ravera

La pillola anticoncezionale, ora gratis anche in Italia, viene da lontano. Dal femminismo, da una stagione politica e culturale in cui le donne di ieri hanno lottato per i diritti delle donne di oggi, come racconta Lidia Ravera.
Scrittrice con più di trenta libri all’attivo, l’ultimo dei quali, Age Pride(Einaudi) parla di come liberarsi dai pregiudizi sull’età, Ravera evoca medici che non prescrivevano la pillola e viaggi all’estero per abortire. E invita a una riflessione su cosa significhi essere o non essere madri sottolineando l’importanza di poter prendere questa decisione liberamente, non perché costrette da divieti o diritti negati.
Ravera, com’era vissuta la pillola quando lei iniziava a prenderla?
«Era tutto difficilissimo. Doveva prescrivertela un medico. Si tiravano indietro e soprattutto trattavano da puttana chi voleva vivere il sesso scisso dalla procreazione, il sesso come godimento non come mettere su famiglia, non come riproduzione della specie. Le ragazze che chiedevano la pillola erano considerate ragazze di facili costumi, da punire, perseguitare, boicottare».
Quali soluzioni trovava, trovavate?
«Mi feci aiutare da un mio compagno di classe e di lotta nel movimento studentesco, Paolo H.
Suo padre, di sinistra, era un progressista ed era un medico, scriveva ricette per tutte le ragazze che glielo chiedevano. Era una scelta politica di cui gli sono ancora grata.
Non ricordo se la pagavamo o meno ma ricordo l’imbarazzo in farmacia.
M’imbarazzava anche comprare gli assorbenti. Siamo una generazione educata alla vergogna. Avevo sedici anni ed era il ’68».
Com’erano le prime pillole?
«Non innocue per il corpo, facevano ingrassare e molte di noi smettevano di prenderla. Ti facevano sentire pesante, ma secondo la nostra idea romantica di rapporto sessuale, tipica dei giovani e forse anche dei vecchi, interrompere per infilarsi quello che chiamavamo “il guanto” rovinava quei momenti».
Era difficile dire a un ragazzo che prendevate la pillola?
«Non vorrei sembrare nostalgica ma sì, se ne parlava. Era un problema che si affrontava in due. Eranolegami forti, in cui nascevano anche rapporti sessuali, c’era solidarietà, condivisione, una presa di posizione pubblica sulla libertà sessuale che poi diventò ancora più chiara eagguerrita con il femminismo. E anche critica. Il femminismo analizzò duramente le relazioni fra noi e loro, fra maschi e femmine.
Senza sconti per i maschi».
Cos’è la maternità, secondo lei?
«È una responsabilità eterna, non sei più padrona della tua vita emotiva, affettiva, pagherai per sempre questo tributo all’amore per tuofiglio/tua figlia. La pillola anticoncezionale e la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza permettono alle donne di diventare madri solo quando lo desiderano. Non puoi affrontarla, la responsabilità di far nascere una persona, se non ne sei convinta. Non è giusto crescere delle persone infelici perché si è madri infelici.
Non si può lasciare al caso una scelta così importante».
Cos’accadeva invece per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza? La legge 194 è del 1978. Viene in mente anche il Premio Nobel Annie Ernaux che ha raccontato l’aborto quando in Francia non era legale.
«Molte compagne erano costrette ad andare all’estero per abortire.
Ricordo i viaggi a Londra e le collette per sostenerli. Ricordo mia sorella, di quattro anni più grande di me.
Avrà avuto diciotto-diciannove anni: il clima avvelenato in famiglia e mia madre che, a denti stretti, l’aiutò, la portò dal suo ginecologo e la fece abortire».
I consultori oggi potrebbero avere un ruolo importante?
«Servirebbe un consultorio in ogni quartiere con persone preparate per parlare a tutte le donne, dalle donne più giovani a quelle di origine straniera, che sono abbandonate a sé stesse. Nel Lazio, quando ero assessora, si è parlato delle Case della salute. Servirebbero Case della salute con i consultori. Abbiamo combattuto molto per i consultori, aperti sull’onda del movimento femminista. Non si può lasciare tutta la maternità sulle spalle delle donne».
Cosa pensa della pillola gratis?
«È una buona notizia. Un passo verso il riconoscimento del valore sociale della maternità. Le donne hanno questo compito gigantesco: perpetrare la razza umana. Vanno aiutate dal punto di vista economico, dal punto di vista psicologico, e poi ancora, dopo che i figli sono nati, perché non debbano rinunciare alle loro ambizioni per occuparsi dei bambini. Se il dottor Pincus non avesse inventato la pillola, la metà abbondante del mondo sarebbe composta da persone non libere, le donne non sarebbero libere di vivere come gli uomini, d’impegnarsi nel lavoro, di scegliere se farsi una famiglia oppure no. Questa piccola cosa della pillola gratuita Giorgia Meloni la difenderà dagli attacchi dei suoi?