Corriere della Sera, 23 aprile 2023
Intervista a Fiorella Pierobon
Ieri, 1983: «Sandro Pertini fece un intervento a Superflash, il programma di Mike Bongiorno in cui io ero diventata la signorina del detersivo dello sponsor, quello che “più bianco non si può”. Al momento di congedarsi, il presidente della Repubblica dice all’inviato che lo sta intervistando: “...E mi saluti tanto la vostra Petite Fleur!”. “E chi sarebbe?”. “Ma come chi sarebbe? La vostra Fiorella!”».
Oggi, quarant’anni dopo. «Nel mio atelier, a Nizza, c’è chi mi chiede: “Ma perché non torna in tv?”. Poi si guardano i dipinti: “Ma lei è bravissima, perché non ha fatto questo per tutta la vita?”».
Fiorella Pierobon ha vissuto due vite in una. Nella prima è stata una dei volti più riconosciuti della televisione commerciale italiana, consacrata da un sondaggio che trent’anni fa la promosse come il volto femminile più popolare dell’intera Fininvest, davanti a Lorella Cuccarini. Nella seconda è un’artista affermata, quotata, invitata già nel 2011 a esporre alla Biennale di Venezia. Artisticamente francese, con galleria in Costa Azzurra, orgogliosamente cittadina italiana. Assieme al marito Alberto ha fondato una radio Radio Francigena, per cui ha intervistato moltissimi personaggi del mondo dello spettacolo che condividono la passione per le camminate.
Televisione e arte. Le due cose insieme no?
«Dalla fine degli anni ’70 a quando nel 2003 ho lasciato Mediaset la mia vita in tv era totalizzante. Una mattina uscii di casa all’alba per farvi ritorno dopo due giorni. La mattina a Milano 2 a fare Buongiorno Italia, poi la registrazione degli annunci, quindi un’intervista a Paolo Villaggio e Amanda Lear, a seguire i raccordi per il programma domenicale che trasmetteva il meglio della settimana, Rivediamoli, il primo programma Fininvest a mettere in difficoltà Linea Verde della Rai, dopo ancora le telepromozioni. Nel pomeriggio, una macchina mi aspettava per portarmi a Rieti per fare una convention aziendale con Beppe Grillo. Mi riportò indietro a Milano 2 per la giornata successiva, senza passare da casa».
In lire sarà diventata miliardaria?
«Macché. Non pensi alle cifre di oggi. Era un altro mondo».
Come ci era entrata, in quello della tv?
«Credo di essere stata la prima persona in assoluto a fare le telepromozioni in Italia. Seduta nel pubblico del programma La Ciperita, condotto da Raffaele Pisu su Telealtomilanese, mi chiamano sul palco a fare la promozione della rivista Tuttouncinetto. Comincio così: “Su Tuttouncinetto in edicola questa settimana troverete...”. Era il 1977, non ero neanche maggiorenne».
Fa subito il grande salto?
«Passo a Telenord e inizio a fare di tutto. Rispondo alle telefonate, compilo le scalette per le emissioni, faccio gli annunci pubblicitari e un programma in diretta. Salto senz’altro, non so se lo definirei grande».
La gavetta, insomma.
«Poi a un certo punto Silvio Berlusconi compra Telenord ma tiene a lavorare soltanto i tecnici. Noi presentatori andiamo a casa, Berlusconi aveva già i suoi. Dal 1980 passo a Canale 51, diretta da Paolo Romani. Da cui me ne sarei andata nel 1982 perché, diciamo così, erano tutti un po’ nevrotici e lavorare là dentro era diventato stressante. Quando non ne posso più chiamo Romani e gli dico: “Io me ne vado”. Lascio gli studi di Canale 51, torno a casa e squilla il telefono: Roberto Conforti, presidente di Italia 1, stava cercando qualcuno che sostituisse Gabriella Golia».
Di nuovo Berlusconi.
«Poco dopo, così com’era successo per Telenord, Berlusconi avrebbe comprato un altro mio posto di lavoro. Alla cena di presentazione della nuova Italia 1, si sedette al centro tra me e Gabriella Golia. Gli dissi: “Dottore, era proprio destino”».
Faceva l’annunciatrice di Italia 1, giusto?
«Fino a che un giorno non squilla il telefono. “Fiorella, Mike ti vuole a Bis e poi a Superflash”. Fu in quel programma che Pertini, intervistato, mi mandò i suoi saluti. A fine trasmissione presi contatto con i suoi addetti stampa e venni invitata al Quirinale. Al momento dei saluti, prima di lasciare il Colle, dissi al presidente: “Mica mi vorrà far andare via senza fare una foto?”. La foto con Pertini ce l’ho ancora. E oggi penso ancora a lui come al “mio” presidente».
Lei votava a sinistra?
«Votavo liberamente. Più le persone che i partiti».
Il pressing di Forza Italia sui volti Mediaset fu asfissiante anche per lei?
«Fu molto più complicato continuare a essere tifosa dell’Inter. A Mediaset eravamo circondati da milanisti e in tanti cambiarono la propria squadra per il Milan».
Tolto Emilio Fede, che era juventino, chi altri aveva cambiato bandiera?
«Non ha idea quanti. Cesare Cadeo, per esempio, prima non era propriamente milanista».
È vero che sfiorò la partecipazione a Sanremo?
«Avevo inciso dei dischi. Nel ’93 mi chiama Mogol per farmi interpretare a Sanremo un pezzo scritto con Gianni Bella. Io e Gianni arrivammo quasi a essere ammessi in gara, poi evidentemente quell’anno al Festival decisero di chiudere le porte ai volti televisivi. Ma la musica è sempre stata parte della mia carriera. Ho partecipato al Festivalbar come cantante e un anno Vittorio Salvetti mi affidò due cantanti all’epoca sconosciuti da presentare in gara: Biagio Antonacci e Luciano Ligabue».
L’invidia dei colleghi?
«Secondo un sondaggio ero il volto femminile di Mediaset più popolare, davanti a Lorella Cuccarini. Per l’invidia non c’era tempo. Lavoravo tutto il giorno e quando finivo correvo a casa da mio figlio. Vita sociale coi volti della tv zero, salotti idem».
Amici che le sono rimasti da quell’epoca?
«Con Gabriella Golia ci sentiamo spesso».
Perché decise di chiudere con la tv?
«Da quando Costanzo era diventato direttore di Canale 5 non c’era più spazio oltre gli annunci. Mi voleva Italia 1 ma ero considerata un volto di Canale 5. Mi voleva anche la Rai ma ero considerata un volto Mediaset. Ho preferito staccare la spina. E poi, rispetto a decine e decine di chiamate per fare l’ospite o la concorrente di un reality show, anche il telefono».
Quanto vale un Pierobon oggi?
«Dipende dalla grandezza. Un dipinto di un metro per uno può arrivare a cinquemila euro. I miei quadri sono ovunque, in cinque continenti. Una volta mettevo le bandierine sui posti che avevo visitato; ora li metto sui luoghi raggiunti dalle mie opere. I secondi sono molti di più».