Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  aprile 22 Sabato calendario

Uno spiraglio sul Mes


LO SCENARIO
ROMA Do ut Mes. Perché l’Italia arrivi a ratificare il cosiddetto Fondo salva Stati c’è «un’unica possibile via»: quella dello scambio. Ovvero che Bruxelles assuma – già prima dell’eventuale voto favorevole del Parlamento sul Mes – quantomeno un impegno vincolante a modificarlo e, soprattutto, che dia ascolto a Roma sulle modalità di riforma del Patto di stabilità. È questa la trattativa, tutt’altro che semplice o breve, su cui si ragiona ai vertici dell’esecutivo. Al netto delle pressioni più o meno legittime avanzate nei confronti di palazzo Chigi e degli eletti a Montecitorio e a palazzo Madama, il governo ha però intenzione di tenere il punto e intavolare la discussione «solo al momento giusto», quando stimano la “carta” italiana del Mes avrà più valore. E cioè «non prima dell’autunno».
LA RIGIDITÀ
In questi termini andrebbe quindi letta la “rigidità” con cui Giorgia Meloni continua ad approcciarsi al tema ogni qualvolta viene sollecitata. Come spiega una fonte vicinissima al dossier l’idea è sedersi al tavolo che porterà alla riforma del Patto di stabilità (da concludersi entro il 2023 e avviata a marzo) senza mai evocare lo scambio o una possibile relazione con il Mes ma lasciando che i “niet” che i Ventisette inevitabilmente apporranno all’iniziale richiesta italiana di più flessibilità nell’utilizzo dei fondi sfumino pian piano. «Capiranno che non esistono mezze misure, o collaboriamo su tutto o diventa difficile» è la riflessione di chi segue la partita a Bruxelles.
In pratica dopo essersi attirata gli strali di mezza Europa (e qualche perplessità anche da parte del Quirinale) per essere l’unico Paese che non ha ancora ratificato il trattato istitutivo del Meccanismo, Meloni e il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto proveranno la strada della «forzatura gentile». L’obiettivo resta però è evitare scontri aperti dato che la situazione economica del Paese sempre incerta, le trattative costanti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, il capitolo migranti e i tanti fronti di discussione aperti a Bruxelles pongono Roma in una posizione tutt’altro che forte.
IL BLUFF
Che non si tratterà solo di un bluff del resto lo ha chiarito proprio la premier nel corso della lunga intervista rilasciata ieri al Foglio.Meloni ha infatti spiegato prma in che direzione deve muoversi il nascente Patto di Stabilità («deve essere dinamico, flessibile, dare la possibilità di liberare il potenziale di ogni nazione in un mercato unico europeo. Che, tra l’altro, non può sopravvivere agli attuali squilibri fiscali») e, poi, che non si considera in alcun modo vincolata ad autorizzare il Mes.
«Far proprio uno strumento obsoleto non mi pare un’operazione lungimirante. Sono cose che condividono anche altri stati che hanno ratificato il Mes. Per l’Italia è una questione di obiettivi, di merito e sostanza, non di forma» le parole di Meloni che chiede, appunto, una modifica del Meccanismo antecedente alla ratifica e non successiva, come invece propone l’Ue.