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 2023  aprile 22 Sabato calendario

Intervista a Federica Brignone


La campionessa di sci Federica Brignone: «Il continuo confronto coi maschi? È una cavolata. Il clima? Soffro per i ghiacciai, il mare è pieno di plastica. Il mio fidanzato Davide sa che lo sport ora è la priorità»
Federica Brignone: «Sugli sci ero la più scarsa in famiglia. Il mio fidanzato sa che non salto un allenamento per una fuga d’amore»
Mamma Ninna valanga rosa negli anni 80, papà Daniele maestro di sci. C’è mai stato un tempo della tua vita in cui non ti sia sentita destinata alla neve, Federica?
«A 6 anni volevo fare la parrucchiera, quello determinato a vincere gare era mio fratello Davide. Lo sci club mi piaceva perché era un modo per stare in compagnia, però l’innamoramento è stato graduale. Sono sempre stata la più scarsa della famiglia Brignone. Madre superfighissima, padre insegnante, fratello potenziale fuoriclasse. Io, all’inizio, non vincevo mai».
Ci sono vite che, scivolando in discesa verso valle, prendono curve curiose. Federica Brignone, 32 anni, è nata a Milano ma si è trasferita a La Salle, Val d’Aosta, piccolissima. Lassù, sviluppando un’acuta sensibilità per l’ambiente (appena finita la stagione di Coppa del Mondo, impreziosita da un oro e un argento al Mondiale, ha partecipato al Forum Ambrosetti sul valore dell’acqua e coltiva un suo progetto di sostenibilità: Traiettorie Liquide), è diventata un’irrefrenabile palla di neve: prima italiana a conquistare una coppa di cristallo assoluta (2019-2020, anno del Covid, le è arrivata a casa in una scatola di cartone), 56 podi in carriera, seconda solo ad Alberto Tomba. Ma più delle cose fatte da capitana, cioé per prima, contano quelle che farà per ultima, come spiega.
Pioniera, partita dal gigante per allargarsi a superG, libera e combinata, super vincente. Come le piacerebbe rimanere nella storia dello sci?
«Come un’eccezione nella concezione robotica dello sport. Mi spiego: vorrei essere ricordata come un buon esempio per i ragazzi, senza essere perfetta né ascetica né quadrata. Quanto ai risultati, ne ho ottenuti in tutte le specialità dello sci: per me la più forte è quella che va forte dappertutto».
Il primo ricordo sulla neve.
«Io e mio fratello sul bob, davanti a casa, a La Salle. Divoravamo chili di neve: mai avuto un mal di pancia. Se non passava lo scuola bus, giù in slitta. I ricordi milanesi sono lontani e sfumati. Al primo sci club, a Courmayeur, mi ha iscritta nonna. Sono partita con la pettorina da principiante, ogni giorno me la cambiavano! Imparavo in fretta».
Il talento di casa però sembrava Davide, suo fratello, che oggi la allena.
«Il mio sogno era gareggiare in Coppa insieme a lui ma della competizione con mamma e fratello non me ne è mai fregato niente: volevo tirare fuori il meglio di me stessa».
Davide è stato fermato dagli infortuni, quella di successo è diventata lei. Coinvolgerlo nel suo team è anche un modo di risarcirlo per interposta vittoria?
«Certamente è un modo di dirgli: ti voglio bene. Lui non ha potuto, io sì. La mia fortuna è avere talento, testa, fisico e volontà. Non sfruttare tutto questo ben di Dio sarebbe stato un delitto. Davide voleva diventare atleta ben più di me: mi ha trasmesso per osmosi la sua motivazione».
Crede nel destino?
«Non c’è un destino, la vita te la crei tu. Per grandi sogni, serve grande impegno. Io sono una lavoratrice, non mollo mai. Quest’ultima è stata la mia miglior stagione eppure era partita male, a novembre e dicembre ho fatto schifo. Però davvero non sono la più talentuosa di famiglia. È una questione di testa».
Da La Salle, frequentando le vette d’Europa e del mondo, il cambiamento climatico è più evidente?
«A fine marzo sono andata a fare fondo con mamma: la pista era già chiusa. Mai successo. Quello che fa davvero paura sono i ghiacciai. Vallée Blanche, Deux Alpes, Marmolada, Monte Rosa: li frequento da quando ho 8 anni, non li riconosco più. Ho sempre amato la natura e faccio da sempre attenzione al riciclaggio e al risparmio: è una cosa di famiglia. Anche il mare sta malissimo. Amo gli sport acquatici, faccio surf da onda, sono stata in Indonesia, Nicaragua, Costarica, Messico, Canarie. Dove c’erano i coralli, oggi trovi la plastica. Certo un singolo non riesce a fare la differenza ma una collettività, vivaddio, sì. Bisogna impegnarsi».
Cos’ha Mikaela Shiffrin, la fuoriclasse americana dei record, più di lei?
«È stata intenzionalmente cresciuta per vincere: i suoi genitori hanno creato l’atleta perfetta, in grado di produrre sempre la miglior performance possibile. Lo vedi dalle sue emozioni: prima di riuscire a esultare, ci ha messo anni. Mikaela è granitica, io emotiva. Però non ho la sua impressionante costanza».
Shiffrin ha superato il record di vittorie in Coppa di Stenmark, Vonn voleva sfidare i maschi. Questo continuo paragone con gli uomini ha senso, Federica?
«Il confronto in pista è inesistente, è una cavolata, un femminismo che non ha ragione di esistere. Chiaro che noi donne non andremo mai veloci come loro. Però ci sono cose che facciamo meglio degli uomini tatticamente, e tecnicamente non siamo inferiori. Questo non vuol dire che Shiffrin è più forte di Stenmark, proprio no».
Di cosa va più fiera?
«Del fatto che dal 2015 non sono mai uscita dalle prime, salendo sul podio in varie specialità. Ho vinto tanto ma sono la stessa, ci metto l’anima anche nei giorni peggiori e riesco a godermi la vita».
A proposito: c’è un amore?
«Sono stata otto anni con uno sciatore francese, Nicolas Raffort. Oggi frequento Davide, un ragazzo di qui, del paese. Capisce che per me lo sport adesso è la priorità: non salto un allenamento per una fuga romantica! Ma se riesco a fare tutte e due le cose e a dedicare a Davide le giuste attenzioni, ben venga».
Ha 32 anni, Federica. Arriverà a Milano-Cortina 2026, l’Olimpiade di casa?
«Non so se avrò il fisico e la testa per dei Giochi che mi sembrano ancora così lontani. Ho raggiunto tutto ciò che volevo, anche di più. La chiave sarà la motivazione, all’Olimpiade casalinga devi andare per vincere, non da turista; per questo motivo decido se continuare solo alla fine di ogni stagione. Risentiamoci nel 2025. Avrò ancora voglia di cercare il mio limite?».
E poi?
«Poi lavorerò con i bambini. A 10 anni hanno il preparatore atletico e il nutrizionista, poi magari non sono capaci di correre né di fare la capriola. Però sanno smanettare perfettamente il cellulare. Che imparino le regole e il rispetto dello sport, invece».