la Repubblica, 21 aprile 2023
L’intervista a La Russa che ha creato non poche polemiche
Torna a parlare di «pacificazione nazionale». E invita, citando Luciano Violante, a «cominciare a guardare la storia anche con gli occhi degli altri». Per spronare però a «un’unica lettura» almeno dei principi che segnano le fondamenta della Repubblica, contenuti nella «prima parte della Costituzione, condivisa e incontestabile. Quella dei diritti, della democrazia, della partecipazione e della libertà». Ci prova, Ignazio La Russa,a lanciare un messaggio di unità alla vigilia del 25 aprile. Lo fa nel nome della Carta, o almeno di parte di essa. Non rinuncia però a un’osservazione che non lo affranca dalla sua formazione politica. E che non mancherà di alimentare il dibattito: «Guardate che nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo».
Quando, poco prima dell’una, arriva nella buvette di Palazzo Madama, il presidente del Senato è allegro, non perde la consueta baldanza. Ha appena liquidato con una battuta un’Aula rumoreggiante dopo il voto sul decreto migranti: «La partita di calcio non è oggi...». E la conversazione, in attesa del pranzo, riprende proprio da temi pallonari: «Sono super partes. Dico che sono felice che in finale di Champions League andrà comunque una squadra italiana, milanese». Pausa. «L’Inter, naturalmente...», e prorompe in una risata.
Ma di lì a poco il discorso scivola sulla vigilia della Festa della Liberazione, sulla scorta anche del video inviato da La Russa al Maxxi il giorno precedente, in occasione della presentazione del libro «Sul baratro», di Marina Valensise, scrittrice e figlia di Raffaele Valensise, ex vicesegretario dell’Msi e di An, che ripercorre gli anni precedenti alla Seconda guerra mondiale.
La seconda carica dello Stato dice di «condividere appieno i valori della Resistenza, vista come superamento di una dittatura». Ma fa subito un distinguo: «Il problema è che di quei valori si sono appropriati il Pci e poi la sinistra. Questo è un fatto storico. E a questo mi sono sempre opposto». Ma è ancora possibile fare oggi una distinzione fra una storia comune dell’Italia e una lettura di parte della stessa? «Nel leggere alcune posizioni dell’Anpi mi sembra di poter dire di sì». Nella stessa Aula di Palazzo Madama, però, destra e sinistra si sono divise sulle mozioni per il 25 aprile: la maggioranza sostiene il testo degli avversari che passa all’unanimità (133 sì). La cortesia non viene però ricambiata e il testo di maggioranza incassa 78 sì, 29 no e 26 astenuti: Pd, M5S e Avsdenunciano infatti che nell’atto presentato dalla coalizione di governo manca qualsiasi richiamo all’antifascismo. Ma su questo punto La Russa non deflette. Anzi, sottolinea: «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo. Perché? Io credo semplicemente che ciò accadde sotto la spinta dei partiti moderati che non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss». Il presidente del Senato insiste nel dare alla Resistenza un valore universale, nel tentativo di sganciare dal patrimonio culturale dalla sinistra la lotta per la Liberazione: «Guardi che pure la Destra, nella sua storia, ha candidato i partigiani».
Ci risiamo: ecco il La Russa nostalgico, che celebra il Movimento sociale italiano. «Macché. Quante inutili polemiche – ribatte – sulle mie frasi. C’è stata una bufera quando ho ricordato la ricordato la nascita del Msi. Mi permetto di rammentare che ai funerali di Almirante c’era pure il presidente della Repubblica».
In realtà pure altre dichiarazioni del presidente del Senato hanno portato le opposizioni a contestarne l’imparzialità. Come l’infelice – e poi corretta – rivisitazione dell’eccidio di via Rasella: «Quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti», esclamò prima di chiedere scusa. La Russa dice di non avere nulla da dimostrare: «Il fatto che io abbia sposato la svolta di Fiuggi parla di me. Che devo fare? Poi Fini è andato oltre, ma io credo comunque che quando ha definito il fascismo male assoluto parlasse delle leggi razziali». Il numero uno di Palazzo Madama di dice stanco di dover sempre puntualizzare: «Qualsiasi cosa si dica o si faccia viene strumentalizzata – afferma – E finiamo costretti sempre a inseguire la polemica. Allora rinuncio pure a fare commenti, come è accaduto in Israele. Faccio un esempio: se togliamo la fiamma dal simbolo di FdI, ci rinfacceranno il riferimento alla Nazione e poi ne troveranno altre. È una gara a cui non sento di partecipare». Anche Lollobrigida, che ha additato la sostituzione etnica, è stato frainteso: «Ma pensa davvero che Lollobrigida sia un suprematista bianco? Lui stesso ha detto che non sapeva quello che diceva, o meglio non conosceva la teoria complottista di Kalergi». Insomma, presidente, cosa farà il 25 aprile? Parteciperà alle celebrazioni? «Farò una cosa che metterà d’accordo tutti». E scantona, incamminandosi di nuovo verso l’Aula.