la Repubblica, 20 aprile 2023
Intervista a Riccardo Franco Levi
L’Italia, dopo 21 anni, torna ospite d’onore al Festival di Parigi che inizia domani. Il presidente dell’Aie spiega perché il legame è così forte
Che siano i libri a portarcial centro dell’Europaè una bella notizia. Quella editoriale è la prima industria culturale italiana, cosa che troppospesso si trascura. Domani prende il via il Festival du Livre di Parigi, dove l’Italia è ospite d’onore. Un risultato capitalizzato in anni ditrattative e che è solo il primo passo: nel2024 saremo protagonistialla BuchmessediFrancoforte, la più grandefiera editoriale al mondo.
RicardoFrancoLevi è insieme all’Associazione italiana editori, della quale è presidente, il grande tessitore di questi traguardi.
Come siete arrivati a conquistare Parigi?
«Milasci prima faregli auguri a Toni Servillo che si è sentito poco bene durantelo spettacolo su Dante all’Odéon-Théatre de l’Europe, sta meglioe questo cifa piacere».
Lei è già in Francia?
«Sonoin partenza.Torniamo al Salon diParigi come ospiti d’onore dopo 21 anni.Comeabbiamofatto?Abbiamo apertoun dialogo conil Syndicat national de l’édition, l’associazione degli editori francesi. La proposta di invitare l’Italia è stata accolta con grandepiacere, ma se siamo riusciti a concretizzarla è grazie alla collaborazione di tutte le istituzioni: il ministero della Cultura, quello dell’Industria, gli Istituti italiani di cultura, il Centro per il libro e lettura, le ambasciate. Sia per Parigi che per Francoforte, l’Italia del libro ha saputo presentarsi unita, parlando con tutte le vociin modo concorde. Questaèstata lachiave del successo».
Una concordia che non è venuta meno con i cambi di governo?
«Certo, c’è stato unpassaggio di testimone da un esecutivo all’altro. La cosa non stupisce visto il fine: presentare l’Italia, anzi la repubblica delle lettere».
E il programma come lo avete costruito?
«Ènato all’interno del mondo degli editori, che hanno privilegiato gli scrittori più tradotti in Francia, come Giuliano da Empoli, un caso editoriale, enuovevocicomeVeronicaRaimo, FrancescaManfredi, Beatrice Salvioni. Domaniparlerà l’ambasciatoreMaurizioSerra,membro dell’Académie française e i premi Strega Mario Desiati e Antonio Scurati.
Èunprogramma ricchissimo, ci saranno i giallisti Carofiglio, Carrisi, De Cataldoe DeGiovanni,Giordano Bruno Guerri e tanti altri».
Anche Marcello Veneziani e Pietrangelo Buttafuoco. E gli omaggi si spartiscono tra Italo Calvino e Gabriele D’Annunzio. Serve a non scontentare la destra di governo?
«Presentiamolo spettropiù ampio della cultura italiana, l’editoria è aperta a tutte le voci. La libertà di espressione e pubblicazione,da anni unanostra battaglia, si nutre nella diversità».
Parliamo di mercato. Lei è anche presidente della Fep, la Federazione degli editori europei. Che ruolo ha l’editoria italiana in Europa e quella europea nel mondo?
«Al pari di settori come il lusso o la moda, l’editoria europeaè ungigante nelmondo. Vale 35 miliardi di euro: sei dei principali dieci gruppi editoriali mondiali sono europei. L’Italia è la quartaindustria in Europadopo Germania,RegnoUnito eFranciacon unmercatocheammontaacirca3 miliardie mezzo di fatturato complessivo».
L’editoria italiana ha resistito alla pandemia?
«Nonsolo,hasaputosvilupparsineglianni delvirus.Alpuntochenel2022guadagna il13%rispettoal2019.Unincrementoche riguardaanchelaFrancia».
Levenditeperò sonocalatepiùdel 2%.
«Ma la lieve flessione è compensata dai risultati di crescita straordinaria del 2020e 2021».
Che cosa ha premiato?
«Uncomplessodi elementi.
Innanzitutto la qualità della risposta di tutta la filiera. Editori, librai, distributori, hanno saputo reagire negli anni difficili mantenendo investimenti, tirature, nuove uscite. Hapoi concorso una felice politica, in cui l’elemento più significativo è stato il riconoscimentodellibrocome bene essenziale. Ciò ha consentito di mantenere aperte le librerie durante il lockdownconprovvedimentichesono stati imitati negli altri paesi a partire dalla Francia».
Il mercato europeo ha avuto la stessa tenuta?
«Nel complesso sì, con differenze tra paesee paese. Neipaesi delnord Europala crescita è dovuta principalmenteal grande sviluppo dell’audiolibro».
Come va la compravendita tra Italia e Francia?
«Ilmercato francese è per noi il secondomercato dopolaSpagna: l’Italia vende ogni anno in Francia i diritti di traduzione di oltre 900 opere.
Sono invece più di 1100 i titoli francesi venduti all’Italia. Il divario si sta riducendo».
Stiamo imparando a vendere i nostri libri all’estero?
«La differenza tra titoli venduti e acquistati ormai è quasi in equilibrio.
Nelcomplessosono pocopiù di9 mila quelli acquistati ogni anno e oltre 8500 quelli venduti. L’obiettivo che ci poniamo è bilanciare entrate e uscite.
Essenziale è l’aiuto finanziario alle traduzioni del ministero della Cultura attraverso il Centro per il libro e del ministero degli Esteri attraverso gli istituti Italiani di cultura: al momento circa un milione dieuro».
Come se la passano le librerie?
«In Francia il tessuto delle librerie è molto più esteso che in Italia. Non c’è piazzachenon abbia unalibreria e una panetteria.Cosache purtroppo non accade nelnostro Paese».
Dove infatti quasi la metà della popolazione non legge.
«La lettura è un’emergenza nazionale. Il mercato è retto da un piccolo gruppo di lettori forti».