la Repubblica, 19 aprile 2023
Già a tre mesi i bambini capiscono la matematica
Chiedi a un bimbo se si sente portato per la matematica. A tre mesi non sa rispondere, ma il suo cervello parla per lui. E Giulia Gennari, 31enne neuroscienziata di Parma laureata a Padova, che fa ricerca tra Parigi e New York, è lì per ascoltarlo. «Abbiamo scoperto che già a tre mesi i bambini distinguono i numeri. Hanno un vero e proprio sesto senso. Li riconoscono in modo astratto. Puoi mostrargli 12 palloncini o fargli ascoltare 12 note musicali. Puoi sottoporli al test da svegli o nel sonno. Nel loro cervello si accende sempre lo stesso gruppo di neuroni».
Oggi saper fare i calcoli ci sembra un orpello. Ma nell’evoluzione di un essere vivente riconoscere le quantità è importante. Perfino a formiche, pesci e pulcini è stata riconosciuta una certa capacità di contare. Per i bambini si era sempre dibattuto se l’abilità nel far di conto fosse innata o appresa. Oggi, grazie allo studio suCurrent Biology di cui Gennari è prima autrice, la lancetta punta sulla prima ipotesi. La ricerca è stata possibile grazie a 26 piccoli di 13 settimane portati dai genitori nel laboratorio dell’università di Parigi-Saclay, dove lavorano due veterani delle neuroscienze dell’apprendimento: i coniugi Ghislaine Dehaene-Lambertz e Stanislas Dehaene. «Gli esperimenti erano piuttosto lunghi, e per analizzare l’attivazione dei neuroni avevamo bisogno di mettere in testa ai bambini una cuffia per l’elettroencefalogramma con 256 elettrodi», racconta Gennari. «All’interno era spalmata una soluzione salina piuttosto fredda e vincere le proteste dei piccoli volontari è stata unadelle sfide della ricerca. Spesso aspettavamo che fossero addormentati. Gli stimoli uditivi sono stati somministrati durante il sonno e questo ha aggiunto un dettaglio importante alla scoperta: i neuroni dei numeri si attivano anche se non siamo coscienti».
Ai bambini sono stati presentati due numeri: 4 e 12. Potevano ascoltare 4 o 12 note (nel sonno) o guardare i disegni (da svegli) di 4 o 12 animaletti. I suoni avevano durata diversa e le immagini dimensioni differentiper evitare che il 4 fosse associato al brano più corto e al disegno più piccolo, o viceversa. «Avevamo bisogno di due cifre maneggevoli, ma distinguibili. A quell’età si fatica a separare quantità vicine come 4 e 5. Il senso dei numeri esiste, ma ha ancora bisogno di essere affinato».
Qualunque forma avesse alla fine il 4, i neuroni attivati restavano gli stessi. Idem per il 12. Per analizzare i segnali degli elettrodi si è chiesto aiuto all’intelligenza artificiale. Ma nell’apertura dello studio si spiega perché il nostro cervello sia speciale: «Gli animali appena nati, inclusi i bambini, sono esposti a un mondo complesso. L’intelligenza artificiale è capace di estrarre informazioni dai dati grezzi, ma ha bisogno di tempo, memoria e addestramento. L’evoluzione avrebbe favorito al contrario la formazione, in un cervello giovane, di mattoni “a priori”, condivisi da molte specie».
L’intelligenza artificiale, insomma, può imparare cosa sono il 4 e il 12. Ma non ha il sesto senso dei numeri già alla nascita. Né le cifre sono l’unico mattone innato della nostra conoscenza. Secondo Gennari «i bambini molto piccoli già riconoscono il linguaggio. Il loro cervello si attiva in modo diverso se un adulto parla o produce altri suoni con la bocca. Distinguono il volto umano dalle altre forme. Se vedono qualcosa muoversi, capiscono se è un essere vivente o no. Un tempo si credeva che il cervello di un neonato fosse una tabula rasa, da riempire di contenuti tramite l’educazione. Oggi abbiamo imparato che non è così».
Il sesto senso per i numeri nasce con noi. I semplici giochi con le cifre che i ricercatori hanno proposto a Parigi ai loro piccoli volontari potrebbero diventare routine nei nostri asili (Dehaene è stato anche consulente del governo francese per la riforma dell’insegnamento della matematica). Nessuno così avrebbe più ragione di dire: «Non sono portato per la matematica».