la Repubblica, 17 aprile 2023
Banche e Mes, ecco perché l’Italia litiga con la Ue
Il nuovo fronte di scontro dentro l’Unione europea ha due nomi: banche e Mes. E sono due gli epicentri della lite: Roma e Berlino. Sullo sfondo, però, resta la grande accusa che i partner europei muovono al governo Meloni: il Mes. Il Meccanismo di Stabilità che il nostro Paese non ha ancora ratificato lasciandolo nel limbo dell’inutilizzabilità.
Tutto ruota sul provvedimento che domani la Commissione Ue presenterà. Si tratta delle nuove regole contro le crisi bancarie. Sostanzialmente l’esecutivo comunitario propone di alzare le scorte di capitali in particolare per gli istituti piccoli e medio-piccoli. Gli esempi recenti dell’americana Svb e della svizzera Credit Suisse hanno costretto ad una accelerazione. Il provvedimento si muove sulla linea di estendere alcuni requisiti, ad esempio i cosiddetti Mrel (coefficiente per calcolare fondi propri e passività) anche agli istituti minori. Nella sostanza le banche dovranno prevedere riserve di capitale maggiori da utilizzare in caso di crisi. L’obiettivo è tutelare i correntisti e gli utenti, sulla base del “pubblico interesse”, dagli eventuali rischi di fallimento. E toccherà alla Bce stabilire, caso per caso, a quanto ammonterà la quota digaranzia da conservare in caso di necessità.
Ma il testo ha già creato molti problemi. È stato in particolare il governo tedesco a protestare. Pochi giorni fa il ministro dell’Economia tedesco, Christian Lindner, ha spedito tre lettere: una al presidente del’Eurogruppo, Paschal Donohoe, una alla commissaria per i servizi finanziari, Mairead Mc Guiness, ed una al vicepresidente esecutivo della Commissione, Valdis Dombrovskis. Berlino voleva richiamare l’attenzione sulla circostanza che in Germania esistono già delle misure analoghe, gli Ips (contratti volti a garantire liquidità), e invitava a parificare questo strumento a quelli previsti nella proposta della Commissione. «Altrimenti – scrive Lindner – non siamo in linea con gli accordi presi» e «porterebbe a negoziati molto difficili». Ossia non supererebbe l’esame del Consiglio europeo. Una minaccia esplicita. Che sta costringendo i tecnici a rivedere l’impianto iniziale o comunque a prevedere modifiche successive.
Ma dietro l’aut-aut di Berlino. C’èdell’altro. Non c’è solo il giudizio critico sul provvedimento. C’è un riferimento implicito – ma che diventa decisamente esplicito nei contatti informali – al Mes. Perché? Perché all’interno del Meccanismo di Stabità è previsto un “scudo” anche per le crisi bancarie. Un modo per dire alla Commissione: prima di intervenire con regole ulteriori, mettete l’Ue in condizione di sfruttare quelle già fissate. E quindi costringete l’Italia a ratificarlo.
Non a caso, sebbene l’equiparazione delle “piccole” banche alle “grandi” metta in difficoltà in primo luogo il sistema del credito tedesco e italiano, il governo del nostro Paese non ha mosso un dito. Basti pensare che l’Abi, l’associazione delle banche italiane, ha sottolineato da tempo che l’estensione dellarisoluzione agli istituti di minori dimensioni non è una soluzione efficiente e che gli interventi preventivi sono molto meno costosi. Eppure, appunto, Meloni e Giorgetti che hanno fatto una bandiera della difesa dell’interesse nazionale, non hanno mosso alcun appunto. Protestare sulla proposta della commissione equivaleva a riaprire il fronte del Mes.