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 2023  aprile 17 Lunedì calendario

Biografia di Michele Ferrero


«Dislu a niun», non dirlo a nessuno, era una delle sue frasi ricorrenti. Michele Ferrero – per tutti ad Alba «il signor Michele», o anche monsù Michele – ha fondato la seconda azienda dolciaria al mondo partendo dal nulla, e senza dire mai una parola sui giornali, men che meno in tv. La sua riservatezza è sempre stata proverbiale. Per questo i suoi dipendenti si stupirono, quando alla vigilia del Natale 2013 intervenne, nella Fondazione dedicata ai suoi genitori Piera e Pietro e a suo zio Giovanni, per raccontare una storia.
«Noi eravamo una famiglia che dalle Langhe s’era trasferita a Torino. Mio padre Pietro decise di trasferirsi ad Alba durante la Seconda guerra mondiale perché Torino era bersaglio di bombardamenti aerei. Ad Alba, mio padre aveva comprato un piccolo hangar, un laboratorio di venti, trenta metri in tutto, su cui aveva messo la scritta Cioccolateria Ferrero e aveva cominciato a fare cioccolatini. Io lo aiutavo un po’, ma non ero quasi mai lì, in fabbrica, perché con tre operai non c’era molto da fare. Era tempo di guerra e lo zucchero scarseggiava, lo si vendeva alla borsa nera e costava carissimo. Ma mio papà, che era geniale, trovò il modo per estrarlo dalla melassa, un sottoprodotto della birra. Comprò una centrifuga e ottenne da quella melassa il sette per cento di cristalli di zucchero. E con quello zucchero e un po’ di pasta densa di nocciole inventò la Pasta Gianduja, che mio zio Giovanni, che era un grossista che sapeva commerciare, iniziò a vendere in tutte le Langhe. Per molto tempo le persone erano a corto di tutto, e questo prodotto profumava di nocciole. Quando la guerra finì, mio padre cominciò a chiedersi perché io non ero mai stato lì. “Ma, scusa, tu dove vai tutto il giorno? Ma cosa ne faccio di te, che tu sei sempre a bighellonare, quando c’è una partita di football o di pallone elastico vai a vederle, quando c’è un film vai al cinema… Sei sempre in giro e quindi non sei mai nel tuo ufficio, al lavoro. E allora ti dico una cosa, ti voglio offrire una nuova opportunità. Ti nomino rappresentante di Asti!” E Asti era già una conquista, come se dovessi conquistare un nuovo continente. Così ho abbracciato mio padre perché era un grandissimo onore. Io ero così giovane…».
Basterebbe già il capitolo con il resoconto di quella conferenza, che era sì un evento pubblico ma destinato alla comunità della Ferrero e non ai media, per rendere importante questo libro, «Michele Ferrero. Condividere valori per creare valore», che Salani manda domani in libreria. È un lavoro certosino, quello dell’autore, Salvatore Giannella, ex direttore dell’Europeo, che ha condotto una lunga inchiesta intervistando decine di persone che hanno conosciuto bene Michele Ferrero e lavorato con lui. Una storia di espansione internazionale, di marketing, di gestione aziendale. Ma soprattutto una storia umana: la nascita e la crescita appunto di una comunità. Il signor Michele che inventa prodotti, il signor Michele che non spopola le Langhe mandando ogni giorno a prendere i contadini per portarli in fabbrica e riportarli alla loro terra, il signor Michele che non fa il cioccolato solido ma cremoso, il signor Michele che non fa il tè caldo con la bustina ma freddo senza bustina, il signor Michele che fa l’uovo di Pasqua tutti i giorni ma più piccolo e lo chiama ovetto, il signor Michele che vende il cioccolato ai tedeschi… Ma anche l’uomo che passa tutta la vita con la stessa donna, Maria Franca, che mette gli stivali per spalare il fango dell’alluvione del 1994 (ma sulle Langhe c’è ancora chi si ricorda quella del 1948), che perde il primogenito, Pietro, che passa il testimone all’altro figlio, Giovanni. Ecco, tutto questo comincia con quella storia lontana del dopoguerra.
Il papà Pietro
Era tempo di guerra e lo zucchero scarseggiava, mio papà trovò il modo
di estrarlo dalla melassa
«Mio padre mi disse: “Ti do questa piccola automobile, una Topolino, un biglietto da visita con il tuo nome e il tuo titolo sopra: Michele Ferrero, venditore esclusivo per la città di Asti (l’ho guardato e mi sono detto, sono io, eh!) e trenta chili di Pasta Gianduja”. Così sono partito da Alba per Asti pieno di speranza di fare. Man mano che arrivavo, perdevo il mio coraggio perché ero tanto, tanto, tanto timido, veramente un super-timido. Quando sono arrivato in città, vado subito alla prima panetteria che trovo, c’erano tre gradini da salire e io sono inciampato. Quando sono arrivato ho visto un signore con la barba incolta e gli occhietti terribili che mi scrutavano. “Che cosa vuoi, bel fanciot?” Io non ero capace di mettere in ordine le mie parole, inciampavo sempre, e lui mi spronava: “Mi dica, ragazzo, mi dica…” Io ho balbettato: “Due biove, due panini, per favore”. E andai via. Ma non devo arrendermi, mi dissi, nonostante la mia timidezza infinita. Ho trovato un altro panettiere, sono entrato nel negozio e, oh Madonna, era di nuovo un uomo! Con due dita di barba, occhi spalancati… “Ma che cosa vuole?” Ho balbettato di nuovo: “Mi dia due biove, per favore”. Poi, finalmente sono andato da una signora che sicuramente era una mamma, e vedere questo povero figlioletto che veniva avanti… Io le ho detto: “Grazie, signora, sono qui” e le ho fatto vedere il mio biglietto da visita. Lei mi dice: “Non l’ho mai vista. Ma dov’è la cioccolateria ad Alba? Non sapevo che lì ci fosse un’azienda di cioccolata”. E io: “Guardi, ad Alba abbiamo fatto un prodotto molto buono che la Langa ha consumato molto e quindi se posso le lascio questo in prova e nel pomeriggio passo di nuovo, se lei me lo consente…”».
Poi il giovane Michele Ferrero va a mangiare i suoi quattro panini, beve l’acqua della fontana, torna in negozio con il cuore in gola, la signora prima gli fa uno scherzo – «il suo prodotto si è squagliato», – poi gli dice la verità: il profumo di nocciole aveva indotto le signore a comprarlo tutto, a fette. «Quindi, bel fanciot, voglio fare un ordine di acquisto di dieci chili di roba». Michele può così tornare a casa felice, con l’ordine, e annunciare: «Abbiamo vinto, papà!».
La Ferrero era stata fondata.