Corriere della Sera, 17 aprile 2023
Com’è figgito Artem Uss
Quarantotto ore di differenza il 9 novembre 2022, a vantaggio dei russi sugli americani, e la combinazione fra queste 48 ore e una norma di legge in tema di estradizioni, disvelano quale sia stato, fino all’evasione il 22 marzo 2023 dell’uomo d’affari russo Artem Uss dagli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, il vero imbarazzo politico da gestire per il governo Meloni-Nordio: superiore persino a quello ora per la beffarda fuga del magnate russo, perché impossibile da tentare di spartire con i giudici milanesi.
Uss viene arrestato il 17 ottobre a Malpensa per accuse americane di associazione per delinquere, truffa e riciclaggio, e il giorno successivo (in attesa che dagli Stati Uniti arrivi la richiesta di estradizione) i giudici convalidano la custodia cautelare in carcere, sposando la tesi americana di Uss in fuga da New York, solo di passaggio a Malpensa, e senza dimora in Italia.
L’11 novembre arriva dagli Stati Uniti la richiesta di estradizione, alla quale Uss non presta consenso, sicché si avvia il normale iter giudiziario che prevede che siano la Corte d’Appello (che lo farà il 21 marzo 2023) e poi la Cassazione (che nelle prossime settimane dovrà valutare il ricorso della difesa di Uss) a verificare se esistano le basi giuridiche per concedere l’estradizione: la quale poi però, per diventare esecutiva, deve per legge passare dalla scelta di responsabilità squisitamente politica solo del governo, che può negarla anche se i giudici l’abbiano ritenuta ammissibile.
Sinora era già noto che dopo l’arresto di Uss anche la Russia paradossalmente ne aveva domandato l’estradizione per una propria inchiesta per malversazione, parsa a molti un pretesto per provare a mettere in salvo il figlio di un governatore di una regione siberiana caro a Putin. Ma quello che non si è sinora considerato è che i russi bruciarono sul tempo gli americani e chiesero l’estradizione 48 ore prima, il 9 novembre. Uss ovviamente prestò subito consenso: e quando c’è consenso, i giudici non hanno alcun ruolo nell’estradizione, ma è solo il governo a quel punto a dover decidere il sì o no. Questo vuol dire che dal 9 novembre, e poi per oltre quattro mesi, il governo Meloni-Nordio ha preferito non prendere questa decisione.
Nel frattempo, dopo quasi 40 giorni di carcere a Busto Arsizio, i difensori di Uss, in una istanza ai giudici mostrano che era stato arrestato a Malpensa non di passaggio, ma in quanto dopo un soggiorno di qualche giorno a Milano stava rientrando via Turchia in Russia; che nel giugno 2022 sua moglie aveva comprato una villa a Basiglio in regime di «prima casa»; e che dagli atti americani non risulta si fosse mai recato a New York.
Il governatore
La mossa fu ideata per riportare in patria il figlio di un governatore siberiano caro a Putin
E il 25 novembre 2022 ottengono dai giudici Fagnani-Curami-Caramellino gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico operativo dal 2 dicembre, nonostante il parere contrario del procuratore generale Francesca Nanni e del pg Giulio Benedetti, i quali avevano evidenziato come già l’anno precedente il braccialetto non avesse evitato la fuga di un arrestato richiesto dagli Stati Uniti.
Il 29 novembre gli americani scrivono al ministero per ribadire «l’elevatissimo pericolo di fuga» di Uss, additando negli ultimi tre anni già sei scappati dagli arresti domiciliari ottenuti nelle Corti di Firenze, Genova e Milano in attesa di estradizione.
Il ministero risponde il 6 dicembre tranquillizzando gli americani sul fatto che «gli arresti domiciliari, resi più sicuri dal braccialetto, sono in tutto equiparati al carcere». E il 9 dicembre trasmette alla Corte d’Appello questa propria risposta, senza allegare la lettera degli americani ma comunque indicandola alla prima riga: sia i giudici sia gli avvocati di Uss apprendono così dell’esistenza della lettera degli americani del 29 novembre, e la richiedono al ministero, che gliela trasmette il 19 dicembre 2022, senza ritenere di esercitare la facoltà di chiedere il ripristino del carcere riconosciutagli in ogni momento del procedimento dall’articolo 714 del codice di procedura.
Il 22 marzo l’altro collegio di Corte d’Appello formato dai giudici Nova-Barbara-Arnaldi concede l’estradizione di Uss agli Stati Uniti ma per il contrabbando di petrolio dal Venezuela in violazione dell’embargo, non per le esportazioni illegali di tecnologie militari sensibili: «Nonostante l’indicazione del nome di Uss nel capo di imputazione», negli atti americani per i giudici «non si fa cenno al contributo che egli avrebbe fornito».
La scelta non fatta
Da Uss c’era l’ok al rimpatrio, toccava al nostro governo decidere (non ai giudici)
Se Uss non fosse evaso, e una volta che la Cassazione avesse confermato l’ok della Corte d’Appello all’estradizione, il governo avrebbe dovuto decidere a chi darlo: agli Stati Uniti o alla Russia, che lo aveva chiesto prima, e per giunta in forza della convenzione europea sull’estradizione. Un imbarazzo che, dopo l’evasione di Uss, non avrà più.