la Repubblica, 16 aprile 2023
Il golpe in Sudan
Un golpe nel golpe, una resa dei conti tra i generali al potere in Sudan con una novità sostanziale: il coinvolgimento della Wagner, i mercenari russi protagonisti anche – e soprattutto – nel conflitto in Ucraina. Gli scontri tra le Forze di supporto rapido, le ex milizie Janjaweed già responsabili dei massacri nel Darfur guidate dal vice presidente del Consiglio di transizione sudanese, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, meglio conosciuto come “Hemeti”, e l’esercito regolare fedele al generale Abdel Fattah al-Burhan, che è a capo del Consiglio Sovrano, hanno causato a Khartoum almeno 25 vittime, tra cui 4 civili. Centinaia i feriti. La popolazione teme che sia solo l’inizio di un conflitto più ampio.
«La guerra civile è all’orizzonte», sostiene Mohamed Elgassim Shayoub, del sindacato degli ingegneri, tra le componenti dell’Associazione dei professionisti che nel 2018 ha animato le rivolte che portarono alla caduta del presidente-dittatore Omar Hassan al Bashir nel 2019. La prima battaglia si è consumata all’aeroporto internazionale, dove una granata delle milizie di Hemeti ha colpito un aereo di linea saudita uccidendo 2 passeggeri. Tutti i voli in arrivo sono tornati nei paesi d’origine lasciando intrappolate nello scalo sotto assedio centinaia di persone. La risposta dell’aviazione militare del Sudan non si è fatta attendere, bombardando le basi paramilitari nella capitale e distruggendo un campo delle Rsf nella regione orientale del Nilo. I miliziani sudanesi, con il sostegno sul terreno dei mercenari russi, affermano di avere il controllo dell’aeroporto e del palazzo presidenziale ma il portavoce dell’esercito ha smentito.
Khartoum, nell’anniversario della fine del regime trentennale di al-Bashir, ha vissuto per giorni uno stato di tensione in attesa della firma dell’accordo fra i generali al potere e il coordinamento delle forze civili per un governo presieduto da una figura autorevole, non militare. Mentre Burhan aveva manifestato la volontà di procedere all’alternanza alla guida del Sudan, Hemeti voleva imporre uno slittamento di dieci anni durante i quali «garantire piena stabilità». Insomma, il numero 2 del Sudan non vuole rinunciare al controllo delle miniere d’oro in Darfur, regione occidentale del Paese. E sono proprio le attività minerarie congiunte tra le milizie sudanesi e i mercenari della Wagner che contribuiscono a ingrossare le riserve auree della Banca centrale russa, l’asse portante dell’accordo tra le due parti. Secondo fonti di intelligence Usa almeno 16 voli russi «di contrabbando d’oro» sono partiti dal Sudan verso la Russia nell’ultimo anno.
«Lo sanno tutti che Hemeti sta facendo i soldi con il nostro oro, svendendolo ai russi», sostiene Adam Abdelgadir del Sudan liberation movement. «Basta guardare la bandiera che sventola sulla sede della società congiunta RSF-Wagner Meroe Gold, nel sito minerario vicino all’area di Al-Ibaidiya nel Sudan settentrionale: quella sovietica», conclude Abdelgadir. Un legame cementato, quello tra le Forze di supporto rapido e i referenti della Wagner in Sudan che hanno organizzato la visita ufficiale a Mosca, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, di Hemeti che da primo momento ha sostenuto pubblicamente l’aggressione russa.
Ma la recente visita del ministro degli esteri Sergei Lavrov in Sudan, dove ha incontrato il generale Burhan per «riaffermare la lunga storia di alleanza con la Russia», deve aver fatto vacillare la sicurezza di Hemeti – già contrario a cedere il potere ai civili – del pieno controllo del rapporto con i russi. E ora il conflitto rischia di allargarsi ad altri paesi: i golpisti di Hemeti hanno preso il controllo della base aerea di Merowe, dove hanno catturato i caccia MiG-29 dell’Egitto, alleato di Burhan, e i loro piloti